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Google Arts e Culture: 5 capolavori da vedere online - Vogue

Esiste una “stanza tutta per sé” per ogni artlover, ed è un luogo virtuale: si tratta della (sempre più visitata) piattaforma Arts&Culture di Google che, in questi difficili giorni di necessaria quarantena, offre un rifugio di bellezza, stupore, consolazione.

Aprendo quella porta, si entra in un universo di colori e declinazioni creative: i neuroscienziati da tempo hanno dimostrato quanto la vicinanza fisica con un’opera d’arte generi benessere psico-fisico in chiunque, e non c’è motivo di pensare che questa “corrispondenza di amorosi sensi” non si possa attivare anche da remoto.

Vi proponiamo allora un poker ad altissima definizione di bellezza: cinque capolavori assoluti (4 pitture e una incisione) della storia dell’arte mondiale, particolarmente adatti al periodo storico che stiamo vivendo, visti così da vicino come mai sarebbe possibile. Per coglierne ogni dettaglio, per lasciarsi emozionare. Sono opere che tutti conoscono: eppure, osservate in questo modo, svelano tanto altro.

La Primavera del Botticelli

La Primavera del Botticelli  (cliccando sul segno + potrete ingrandire a dismsura) era stata pensata per andare “fuori porta”, nella villa dei Medici di Castello, ma in realtà non è mai uscita da Firenze e oggi è conservata nella Galleria degli Uffizi (accanto alla Nascita di Venere, in una di quelle sale dove più spesso i visitatori sono presi dalla Sindrome di Stendhal). Sandro Botticelli la realizzò per la potente famiglia dei Medici alla fine degli anni Settanta del Quattrocento. È un quadro parecchio affollato: a destra c’è Zefiro, il vento di Pirmavera, che insegue la ninfa Cloris di cui è innamorato e che trasforma in Flora, la donna che indossa l’abito fiorito, la nostra Primavera.  Al centro c’è lei, Venere, dea della bellezza ma soprattutto della forza vitale: è lei la regista di tutto quel che succede sulla scena. A sinistra ci sono le tre Grazie (provate ad ingrandire al massimo: al collo portano dei ciondoli magnifici che difficilmente si riescono a vedere nella visione dal vivo, al museo) e accanto a loro Mercurio scaccia via le nuvole per non rovinare il clima primaverile. Questo è ciò che vediamo, ma che cosa voleva dirci Sandro Bottocelli, uno che non faceva mai nulla per caso? Gli studiosi si sono arrovellati su tutti i possibili significati nascosti, e forse il numero stesso di fiori diversi che compare sulla tela (lo zoom di ArtsandCulture è utilissimo per vedere ogni dettaglio: ci sono quasi 200 specie vegetali diverse!) sta a significare che questo dipinto è – volutamente – criptico. Per alcuni intende celebrare un matrimonio (quello tra Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici e Semiramide Appiani), per altri starebbe a indicare dei precetti della filosofia neoplatonica, altri ancora pensano indichi un calendario dei mesi (da Zefiro, febbraio, a Mercurio, settembre). Una cosa è certa, e se “navigate” dentro il dipinto lo percepite: il magico enigma è frutto della particolare tecnica usata dal pittore che ha steso una preparazione diversificata a seconda delle zone della tela (il beige chiaro dove vennero dipinte le figure, nero per la vegetazione). L’effetto? Ipnotico.

Sandro Botticelli, Primavera
Sandro Botticelli, Primavera

Il sonno della ragione genera mostri? L'incisione di Goya

Come ha fatto un foglio alto 23 centrimentri e largo 15 e mezzo a diventare un simbolo (e un quote usatissimo)? Merito dello spagnolo Francisco Goya, che ha rivoluzionato l’arte dell’incisione. Lo possiamo vedere qui e davvero il cursore ci aiuta a cogliere meglio ogni dettaglio di questo “Capriccio” ( i Los Caprichos sono una serie di un’ottantina di opere da lui realizzate alla fine del Settecento per ritrarre, in modo umoristico o satirico, vizi e umane miserie: questo è il più celebre ed è conservato alla Biblioteca Nacional de España, a Madrid). Che cosa vediamo? Possiamo leggere per bene il titolo El sueño de la razón produce monstruos: al centro poi c’è poi un uomo che sta dormendo, abbadonato su un mobile. Non vediamo il volto, solo la nuca. Alle sue spalle, gufi, pipistrelli e altri animali notturni, alcuni solo accennati, e un gatto che ha uno sguardo inquietante (allargate al massimo lo zoom e vedrete che occhi). Si pensa che sia un autoritratto: Goya dorme, ma la sua immaginazione galoppa e genera fantasie mostruose e inquietanti, come certi incubi notturni che attanagliano in questi giorni. Per dominare il male – suggerisce Goya – meglio accendere il cervello.

Uno dei Caprichos di Francisco Goya
Uno dei Caprichos di Francisco Goya

La Ronda di notte di Rembrandt

La guardia civica in marcia – meglio nota come La Ronda di notte – è un dipinto realizzato da Rembrandt nel 1642, il “secolo d’oro olandese”, e conservato al Rijksmuseum di Amsterdam (attualmente è in restauro: il primo, nella storia, ad avvenire davanti agli occhi del pubblico: qui https://www.rijksmuseum.nl/en/nightwatch  la storia affascinante di questa operazione).
Il dipinto che possiamo osservare è grande: 3 metri e mezzo per 430 centimetri. Numeri non casuali: il pittore volle ritrarre le persone a dimensioni quasi reali, così da dare l’illusione che potessero saltar fuori dal dipinto e continuare verso di noi la loro marcia. Nella versione digitale tutto questo si perde, perché noi li guardiamo da uno schermo e da seduti: ma possiamo apprezzare altri dettagli. Il quadro rappresenta in primo piano il capitano Frans Banning Cocq, vestito di nero con una cintura rossa, e il suo luogotenente vestiti di giallo: è come una fotografia, un’istantanea del momento in cui il capitano dà inizio alla marcia. Verso dove? Non sappiamo dove è diretta questa ronda. Il dipinto è scuro ma se lo ingrandite al massimo potete contarre 34 (!) personaggi e dietro, seminascosto (si vedono solo gli occhi) compare persino un autorittratto di Rembrandt. Chi è poi quella bambina, l’unico personaggio inondato di luce (oltre all’altro soldato)? Tecnicamente rappresenta la “mascotte” della Ronda di archibugieri, così usava all’epoca. Avete notato che ha degli artigli di pollo morto attaccati alla cintura e che porta un calice? Sono tutti simboli di quel tipo particolare di ordine di soldati. Ma è il viso ciò che conta di più: quel volto pazzesco che è un misto di ansia, di paura, di fretta, è un volto senza età (è davvero una bambina?) e pare sia il ritratto dell’amata moglie del pittore. Lei è la luce, anche nel momento più buio della vita.

La ronda di notte di Rembrandt
La ronda di notte di Rembrandt

Il Bacio di Gustav Klimt

Gustav Klimt realizzò il suo celeberrimo Bacio quando Picasso tra il 1907 e il 1908, quando Picasso lavorava alle Demoiselles d’Avignon (eccole al MoMa di New York https://www.moma.org/collection/works/79766 ): incredibile, vero? Ma l’arte procede per sentieri paralleli, ed è bello così. Uno dei baci più intensi della storia della pittura raffigura due amanti che si tengono stretti l’uno all’altra: lui si china e, in un gesto di rara tenerezza, prende tra le sue mani il capo di lei, per baciarla (dal vivo, quando la quarantena sarà finita, si potrà ammirare qui). Ma dove sono questi amanti? Zooomate bene: è vero che il vostro schermo scintilla? Klimt usa come solo gli antichi bizantini avevano fatto prima di lui (e non a caso: era stato a Ravenna a vedere i loro mosaici) la foglia d’oro e la tempera in oro: crea una sorta di sogno attorno ai suoi amanti, un tempo astratto e sospeso. Attenzione, però: l’atto del bacio è concreto (guardate le unghie di lui quanto sono arrossate dalla pressione, e anche le guance di lei). Ora provate a tornare alla dimensione normale del dipinto, senza zoom: è un quadrato perfetto (dal vivo misura 180 centimetri per lato). La perfezione dell’amore assoluto.

Il bacio di Gustav Klimt
Il bacio di Gustav Klimt

Nighthawks di Edward Hopper

Guardiamo ora i ‘falchi della notte’: sono i protagonisti del più famoso dipinto dell’americano Edward Hopper, Nighthawks (lo potete ammirare in ogni suo dettaglio qui). Se in questi giorni vi sentite anche voi un po’ come dentro un quadro di Hopper,  è entrando dentro questo locale che si “sente” davvero la solitudine (li avete notati i porta-sale? E il volto del barista? E quello, disincantato di lei, mentre stuzzica qualcosa?). Questo quadro è stato un parto faticosissimo, come racconta Gail Levin, la moglie di Hopper, nelle sue memorie (sono raccolte in Edward Hopper. Biografia minima, lo edita Johan & Levi: è un tomo di 400 pagine, merita). La Seconda Guerra Mondiale subisce, dopo Pearl Harbour, un’impennata, Hitler delira, l’America ha paura e Hopper se ne sta a New York a dipingere e non vuole assolutamente essere disturbato. Sta dipingendo quella tela (gli serviranno quasi una ventina di schizzi preparatori per arrivare alla sintesi finale). L’opera rappresenta “la solitudine di una grande città”, ha detto una volta Hopper, uno che odiava parlare in pubblico del suo lavoro (chissà quanto deve essergli costato fare quella chiosa..). Sul perché il dipinto ci affascini così tanto, e particolarmente in questi giorni (è tra le opere d’arte più citate e postate su Instagram), è quasi scontato dirlo: un bar semideserto, la ‘distanza sociale’, il buio fuori, l’aria sospesa, e ognuno che pare “perso dietro ai fatti suoi”. Siamo tutti noi l’uomo col cappello, seduto di spalle, anzi siamo colui che da fuori osserva tutta la scena. E aspetta.

Nighthawks di Edward Hopper
Nighthawks di Edward Hopper

Che cosa fare mentre restiamo a casa?

Durante la quarantena, potete essere più impegnati e attivi che mai. Ecco qualche idea per

- visitare i più importanti musei del mondo

- esplorare l'arte contemporanea

- entrare nei palazzi di Versailles, Windsor e Buckingham Palace

- immergervi nel mondo affascinante di Frida Kahlo  

- scegliere un libro tra le migliaia di volumi disponibili gratuitamente nella biblioteca mondiale dell'Unesco 

- ascoltare i podcast di Vogue Italia

- e perfino andare a teatro. Buon divertimento!

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