Skip to main content

Harris Reed: lo studente CSM che veste Harry Styles

La penultima settimana di maggio ha marcato un punto di svolta per la carriera del ventiquattrenne. Il 20 maggio, casualmente, il giorno del suo compleanno, Reed ha lanciato un filtro Instagram con un cappello bianco a tesa larga tratto dal suo progetto per il primo anno di Central Saint Martin. Così ha subito catturato l'attenzione della stylist di Solange Knowles e il filtro stato già condiviso da personaggi come Kaia Gerber, Jodie Turner-Smith, Tommy Dorfman e Jeremy O. Harris. Inutile negare che si è creato un senso di aspettativa per la sua collezione di fine corso che svela qui per Vogue.

Intitolata Thriving In Our Outrage, la serie dei sei look non lascia trapelare indizi di essere stata creata interamente nell'appartamento londinese di Reed. Pensate a completi con risvolti giganti e ampi pantaloni a zampa di elefante, scatole di crinoline e guanti da debuttante in versione stampa animalier, torreggianti stivali con la zeppa e, certo, quei cappelli a tesa larga, questa volta del diametro di 1 metro e con applicazioni di seta fatte a mano.

Photography Lukas Palumbo

Invece della sfilata di laurea, cancellata a causa della pandemia di Covid-19, Bella Thomas - una studentessa del secondo anno che ha passato l'isolamento con Reed - ha fotografato il designer con i suoi look. Per dare vita alle foto, l'illustratore Lukas Palumbo ha dipinto a mano set intricati e l'animatrice Lauren Deane Hunter li ha integrati alle immagini.

Parlando via Zoom qualche giorno prima della presentazione, Reed ci ha raccontato le idee e i processi alla base della collezione, il suo lavoro con Styles e cosa pensa del futuro della moda.

Il V Marchese di Anglesey, Henry Cyril Paget, è stato una musa per la sua collezione di laurea. Cosa della sua storia l'ha impressionata?

C'è una fluidità e un romanticismo rock in tutto quello che faccio e stavo cercando un punto di riferimento per portare l'opulenza un passo più in là. Ho trovato un articolo su un aristocratico bizzarro negli archivi della CSM alle 3 di notte - era Enry Paget. Aveva costruito un teatro nella cappella di famiglia, interpretava Oscar Wilde per i vicini e spendeva l'equivalente in moneta corrente di 5 milioni di euro per i costumi di un solo spettacolo. Paget è il tipo di personaggio che rappresentava degli estremi cui aspiro con tutte queste magnifiche decorazioni, i cristalli e i cappelli papali. Il suo vero io era la sfacciataggine.

Lei intreccia anche riferimenti agli anni '70, dalla band americana di hard rock New York Dolls che accostavano lustrini, cristalli e piume ad abiti su misura, fino al danzatore inglese Lindsay Kemp. Cosa l'ha attratta, invece, di quell'epoca?

Mi piace la sartoria di allora - i completi di Tommy Nutter, la zampa di elefante, il velluto, Mick Jagger nel film Sadismo del 1970 - era tutto così decadente. Per rendere più chiara la mia dichiarazione di intenti, ho preso ispirazione dagli abiti in stile debuttante di Charles James e ho creato questi design ibridi, camice enormi drappeggiate su gabbie con un'ossatura di ferro, decorate con tessuti, bluse e fiocchi.

È cresciuto a Los Angeles prima di studiare a Londra. In che modo la città l'ha influenzata creativamente?

"Pensavo che indossare jeans skinny, una camicia rosa e scarponi col carrarmato fosse già folle. Alla CSM la gente aveva le sopracciglia ossigenate, si rasava la testa, portava parrucche - si esploravano. Da subito ho frequentato Loverboy, l'evento di Charles Jeffrey. Londra è la ragione per cui faccio i vestiti che faccio, anche se dovesse essere un fallimento, so che è una cosa autentica e coerente con il mio ethos."

Cosa l'ha spinta ad adottare la moda come mezzo espressivo, in primo luogo?

"Abbattere i confini di genere era diventato sempre più importante per me. Avevo pensato anche a belle arti perché mi piace la ceramica, dipingere e la danza (praticavo la danza classica). Ma poi ho pensato che puoi raggiungere più persone per strada che in una galleria. Le persone sono più consapevoli di come esprimere se stessi attraverso gli abiti e del maggiore impatto che possono avere. Siamo come banner che camminano."

Courtesy Harris Reed

Ha notato il maggiore impatto che hanno avuto suoi capi?

"Quando ho disegnato abiti per Harry Syles, mi sentivo dire: "Non capisco perché la gente sta impazzendo perché vesti un uomo con bluse e pantaloni a zampa, è normale." È un privilegio pensare che sia normale. Ho anche ricevuto messaggi che dicevano che è disgustoso che un uomo vesta in abiti femminili. Lì è quando capisci che stai dando vita a un movimento attraverso la moda."

Come sono iniziate le collaborazioni con Styles?

"Harry Lambert, lo stylist di lunga data di Harry Styles, è stato una delle prime persone a chiedermi dei capi durante il mio primo anno alla CSM - mi ha mandato un messaggio su Instagram quando avevo circa 1.000 follower [i follower di Reed ammontano ora a 153 mila]. Qualche mese dopo ha detto: 'Penso che saresti perfetto per uno dei miei clienti'. Mi ha dato qualche riferimento a Mick Jagger e Jimi Hendrix e ha detto 'Scatenati - crea qualcosa di favoloso.' Avevo una notte per farlo - sarebbe diventato il mio primo ingaggio pagato.

Il giorno dopo mi ha chiamato Harry Lambert dicendo che al cliente il mio lavoro era piaciuto moltissimo (ancora non sapevo chi fosse) e di incontrarli alla porta di un backstage, a un indirizzo. Ci sono andato dopo le lezioni e mentre mi avvicinavo ho realizzato che si trattava dell'Hammersmith Apollo. Fuori il cartellone diceva 'Harry Styles - Sold Out'.

C'erano migliaia di ragazze dappertutto. Avevo addosso una pelliccia finta rossa, tonnellate di ombretto, stivali con la zeppa e pantaloni a zampa argentati. Sono andato verso la sicurezza e ho detto: 'Salve, dovrei vedere Harry Styles.' E lei era un po': 'Uh uh, tesoro.’ Appena le ho detto che sarei stato il suo stilista, non ha battuto ciglio e mi ha fatto entrare."

Cosa le piace di più del lavoro con Styles?

"Andiamo molto d'accordo. Pensavo che sarebbe stata solo una riunione, ma era molto partecipe e addirittura a un certo punto mi ha preso la penna mentre cancellavo un dettaglio. Harry indossava già vestiti incredibili, ma non si era ancora spinto nel vestire tutte queste rouches. Mi ha dato molta fiducia."

Suo padre è il produttore di documentari, e vincitore di un Oscar, Nick Reed e sua madre, Lynette, è un’ex modella che si è poi dedicata a candele e profumi. Com'è stata la sua educazione e come ha dato forma alla sua creatività?

"Mia madre è un pozzo di storie - quando faceva la modella frequentava lo Studio 54 con Andy Warhol. Mi ricordo lei che faceva candele in cucina e mio padre montava un film nell'altra stanza. Questi film iniziavano da un pitch, poi doveva esporre tutto in riunione. Questo mi ha ispirato a definire esattamente cosa volevo fare e inquadrarlo in modo dettagliato. Non si tratta solo di vestiti. Chi li indossa? Dove? Cosa dicono? Sono prima di tutto e soprattutto uno storyteller.

Non ha potuto fare la sua sfilata ma ha trovato altri modi per comunicare il suo lavoro attraverso Instagram e illustrazioni animate. Crede che sarà questo il futuro delle sfilate?

"La sfilata tradizionale è morta. Non sarà interamente digitale - i brand avranno bisogno di trovare un modo di fare sfilate esclusive per i VIP, i buyer e i giornalisti, ma allo stesso tempo mostrare qualcosa al pubblico che sia più di un livestream. Potrebbe essere un film, uno spettacolo teatrale, un'esperienza interattiva, CGI (Computer Generated Imagery). Con TikTok e Instagram, le persone vogliono sapere cosa c'è dietro il sipario."

Courtesy Harris Reed

Qual è stata la sfida maggiore nel produrre una collezione durante la quarantena?

"La quarantena è iniziata due giorni dopo che avevamo mostrato i nostri cartamodelli ai tutor, che potevano approvarli o chiedere dei cambiamenti. La cosa più triste è che molti pezzi erano fatti per la passerella - avevo un cappello di metallo gigante che ho dovuto lasciare nella scuola. C'erano centinaia di metri di tessuto dappertutto e i capi erano molto grandi. È stata un'avventura."

Che cosa ha imparato dall'isolamento?

"Avere il tempo di pensare è un lusso che non ho avuto negli ultimi due anni - veniva tutto sempre da un istinto viscerale. Passare tutto questo tempo a cucire seduto sul pavimento, mi ha fatto re innamorare dell'artigianato. Ci sarà un ritorno agli abiti su misura fatti a mano e le persone compreranno meno e si passeranno i vestiti. Ci serve fantasia ora più che mai e, se posso dare alle persone una via di fuga, allora sono sulla strada giusta."



from Articles https://ift.tt/2ZH8oeu

Comments