Banksy a Ferrara: la nuova mostra
Banksy occupy Ferrara. Da sabato oltre un centinaio di opere del celebre street-artist inglese saranno esposte a Palazzo dei Diamanti, cuore rinascimentale della città estense. L’accostamento sorprende ed è una buona notizia, vista la miriade di mostre, più o meno valide, che nel nostro Paese gli sono state recentemente dedicate (l'ultima, a Palazzo Ducale di Genova, solo pochi mesi fa).
Un artista chiamato Banksy (dal 30 maggio al 27 settembre, www.palazzodiamanti.it) propone 130 opere che, secondo i curatori Gianluca Marziani, Stefano Antonelli e Acoris Andipa, sono state rigorosamente autorizzate «dal gruppo di Banksy», cioè dalla Pest Control Office Limited, la società che tutela il marchio di Banksy (sì, è regolarmente registrato). Molte sono celeberrime, come Girl with Ballon o Love is in the air o la dissacrante Monkey Queen. A queste si aggiunge una serie di oggetti e memorabilia ufficiali provenienti da Dismaland, il “parco di divertimenti non adatto ai bambini” che Banksy provocatoriamente creò cinque anni nel Somerset, a sud ovest dell’Inghilterra.
A Ferrara vedremo qualcosa di nuovo? Certamente no: tra dipinti, stencil e moltissime serigrafie (la tecnica a lungo prediletta, ora abbandonata), ripercorriamo le tappe salienti del Banksy-pensiero, nato per essere esposto per strada, per parlare ai passanti. Tuttavia, che la mostra sia allestita a Palazzo dei Diamanti, tempio laico del Rinascimento italiano, ne accresce il fascino. Vedremo un Banksy “più che musealizzato”: interessante.
L’artista – o, come più probabile sia, il collettivo di artisti che lavora al progetto – è un’epifania pop, un brand che tutti conoscono e che spesso entra nel dibattito pubblico (ne abbiamo parlato qui e qui). Durante il recente lockdown, dopo un iniziale silenzio, è tornato a esprimersi: lo ha fatto ironizzando sullo smartwork cui tanti di noi sono stati costretti, con un ironico post su Instagram subito diventato virale:
Un mese fa, poi, il gesto eclatante: la donazione al General Hospital di Southampton dell’opera Game Charger, che rappresenta un bambino mentre, messi da parte Batman e Spiderman, sceglie di giocare con una “wonder-infermiera”. Il dipinto, un omaggio al personale medico e sanitario per il duro lavoro contro il coronavirus, rimarrà esposto in ospedale fino all’autunno, quando sarà messo all’asta per raccogliere fondi per l’NHS, il National Health Service britannico.
A dire il vero, l’opera ha rischiato grosso: si è saputo proprio in questi giorni che un uomo è stato fermato nel tentativo di rubarla. Pare che il ladro si fosse introdotto nell’ospedale all’alba dell’8 maggio, pochi giorni dopo la donazione dello street artist all’ospedale pubblico, ma la notizia è emersa solo questa settimana. Furto sventato, dunque. L’ennesimo, dopo l’arresto a febbraio di altre due persone che stavano letteralmente “strappando”, a suon di trapani, il celebre murales che Banksy aveva realizzato su un cartello pubblicitario vicino al Centre Pompidou, a Parigi.
Il mercato pare sempre affamato dei suoi lavori, più o meno ufficiali: la Banksy-mania è continuata durante la quarantena con una profusione di materiale digitale a lui dedicato (se amate i murales, ecco i migliori lavori dello street artist visibili anche “da casa”, grazie a Google Street View).
L’art world reagisce perplesso: molti ritengono che Banksy abbia esaurito da tempo la sua carica dirompente e sia diventato solo un prevedibile fenomeno di marketing. Può essere. Per questo, osservare i suoi primi lavori – come sarà possibile fare anche nella mostra a Ferrara – è utile per coglierne la parabola artistica, al di là della creatura mediatica che è diventata.
In apertura: Banksy, Get Out While You Can, 2004
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