Ascolta, gli oggetti parlano
Gli oggetti hanno una loro voce, una sorta di musicalità che risuona in noi a seconda del nostro stato d’animo, del contesto sociale nel quale abbiamo vissuto. La forma di una sedia, di un cucchiaio o di una brocca per l’acqua ci provoca una reazione di piacere o di fastidio. Quello che riteniamo bello è il risultato di un’emozione. L’energia impiegata per l’ideazione e lo sviluppo di un progetto che si fa concreto e tangibile si condensa e diventa un punto esclamativo, un moto di fugace entusiasmo. La rappresentazione della moda e del design, perfino del packaging dei biscotti, si basa su tutto questo.
Premesso ciò, a volte l’esistenza di chi lavora nella moda come me è ancora più complessa: avere a che fare con gli oggetti ed essere animisti comporta un grande impegno quotidiano, ma è anche divertente. Si finisce con il parlare a una gonna o a sentire il richiamo di aiuto di una scarpa che è stata separata dalla compagna nella confusione di un guardaroba disordinato. Potrei soffrire per una vestaglia vittima del lavaggio sbagliato e improvvisamente scolorita: quel punto di rosso squillante mi ricorda la felicità ogni mattina.
Ci sono borse che per il design o il materiale rasentano la perfezione di un’opera d’arte, stanno bene in libreria. Così come quei sandali dai tacchi alti e sottili o con i decori barocchi: non potrei camminarci davvero, ma stanno in bella vista sulla mensola dove conservo una corona in plastica da regina, due sassi, uno rosa e uno verde, un abat-jour con i cristalli, un ventilatore degli anni 40, una candela rossa a forma di cuore e una menorah in miniatura. Appunti, disegni e inviti sono trattenuti da una preziosa cintura in argento del Rajasthan.
(Continua)
In apertura: “Held Slanting in the Sky”, 2015.
Leggete l'articolo integrale sul numero di luglio/agosto di Vogue Italia, in edicola dal 23 luglio
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