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Ninfee di Monet: 5 minuti da soli per ammirare l'opera

Cinque minuti, da soli, davanti alle Ninfee dipinte da Claude Monet: è questo il “new normal” delle mostre, ovvero godere di un tempo contingentato, ma privatissimo, davanti a una singola opera?

Se è presto per dirlo, è invece il momento giusto per sperimentarlo: così almeno la pensa il Palazzo Ducale di Genova dove da venerdì 12 giugno si inaugura Cinque minuti con Monet. A tu per tu con le Ninfee (fino al 23 agosto, prenotazione obbligatoria: è necessario seguire i protocolli di sicurezza anti-Covid: il rispetto della distanza tra le persone seguendo il percorso segnalato all’interno delle sale espositive, utilizzo della mascherina, misurazione della temperatura all’ingresso)

Di quali Ninfee stiamo parlando? La domanda non è banale, considerato che il maniacale Claude Monet, campione dell’Impressionismo, dipinse decine e decine di ninfee. Un’ossessione, la sua. Sentite infatti che cosa scriveva a proposito di questo fiore d’acqua: «Ho dipinto tante di queste ninfee, cambiando sempre punto d’osservazione, modificandole a seconda delle stagioni dell’anno e adattandole ai diversi effetti di luce che il mutar delle stagioni crea. E, naturalmente, l’effetto cambia costantemente, non soltanto da una stagione all’altra, ma anche da un minuto all’altro, poiché i fiori acquatici sono ben lungi da essere l’intero spettacolo, in realtà sono solo il suo accompagnamento. L’elemento base è lo specchio d’acqua il cui aspetto muta ogni istante per come brandelli di cielo vi si riflettono conferendogli vita e movimento».

Le ninfee sono dunque solo “un accompagnamento”: ciò che interessa a Monet è altro. Tutto comincia nel 1883 quando il pittore si trasferisce a Giverny, nella campagna normanna, con moglie e figli. Pace, silenzio, tranquillità. I Monet dopo una decina d’anni ottengono dall’amministrazione locale l’autorizzazione a deviare il corso del fiume Epte per creare una sorta di “giardino di delizia sotto casa”. Claude Monet in persona cura il progetto: è infatti meticoloso giardiniere e botanico. È lui a far piantare i quattro salici piangenti sul perimetro della stagno dove spuntano le prime ninfee. Abbiamo imparato a conoscerli, questi salici piangenti: sono una sorta di quinta teatrale dei suoi dipinti e crescono vicino al celeberrimo ponte giapponese (quello ritratto qui ad esempio) e vicino alla strada.

Quel giardino, quell’atmosfera “fluttuante”, così simile a certe stampe giapponesi di moda all’epoca, sarà il chiodo fisso degli ultimi trent’anni di vita dell’artista: è dipinto nei minimi dettagli all’inizio poi, nel corso del tempo, via via sempre in modo più rarefatto fin quasi a far scomparire ogni forma realistica sulla tela. Resteranno solo il colore e la luce sospesa e così le Ninfee di Monet, da paesaggio reale, creato e progettato dallo stesso artista, diventano pura astrazione. Sarà forse per questo che sono così amate anche da tanti artisti contemporanei?

In mostra tutta la vicenda del giardino è riassunta grazie ad alcune fotografie del maestro dell’Impressionismo e da un video d’epoca, risalente al primo decennio del Novecento, che ritrare Monet mentre dipinge en plein air (invece qui, su Arts and Culture di Google, qualche altra curiosità sul pittore). 

Claude Monet (1840-1926), Nymphéas, 1916-1919. Parigi, Musée Marmottan Monet © Musée Marmottan Monet, Paris / Bridgeman Images

Waterlilies by Claude Monet

Claude Monet (1840-1926), Nymphéas, 1916-1919. Parigi, Musée Marmottan Monet © Musée Marmottan Monet, Paris / Bridgeman Images
Photo Josse/Leemage

Ma guardiamole meglio, queste Ninfee esposte a Genova: sono un prestito del Musée Marmottan Monet di Parigi (che vanta la più corposa collezione di dipinti dell’artista). Composte tra il 1916 e il 1919, sono dipinte su una tela piuttosto grande: un metro e mezzo di altezza per due metri di lunghezza. Si vedono ancora, ben definite, le foglie dei salici: sono il sipario che si apre sul vortice di colori, dove i petali dei fiori, il moto delle acque dello stagno e il riflesso delle nuvole sulla superficie si fondono. Niente sfondo, niente orizzonte: terra e cielo si prendono per mano, tutto è etereo e sospeso.

L’idea del Palazzo Ducale – la mostra nasce in collaborazione con Arthemisia e il Marmottan di Parigi – è quella di proporre non tanto un’esposizione, ma un incontro personale con una singola opera: a ogni visitatore saranno concessi cinque minuti “di privacy” (quindi da soli o in compagnia di un familiare) con Monet. Bastano per esaurire il mistero delle Ninfee? Certamente no, ma sono sufficienti per lasciarsi sedurre per sempre.

Monet sul ponte giapponese

Le peintre Claude Monet sur le pont des nympheas, a Giverny, Claude Monet, 1840-1926, 1920's, Private collection.

Monet sul ponte giapponese
Photo 12


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