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Punto Condor. Alle ore 20:59 del 27 Giugno 1980 il DC9 I-TIGI mandò il suo ultimo segnale ai navigatori di volo di Roma-Ciampino. Chiamato da Palermo per la procedura di atterraggio l’aereo non rispose. Il volo, decollato da Bologna, scomparve con a bordo 81 persone: 41 uomini, 25 donne e 15 minori. Era una sera d’estate e buona parte delle vittime stava andando in vacanza, alcuni ad Ustica per fare immersioni. La maggior parte del velivolo si inabissò nel Tirreno mentre i resti che ancora galleggiavano, vennero prelevati nei giorni successivi su un’area di mare di quasi mille chilometri quadrati. 42 corpi non furono mai ritrovati. Le primissime indagini e gli articoli dei giornali indicarono le cause in un cedimento strutturale dell’aereo, dovuto alla cattiva manutenzione da parte della compagnia Itavia che già a fine anno si vide revocate le concessioni per l’esercizio dell’attività e fu costretta a chiudere.
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Timpa delle Magare. Il 18 luglio del 1980 in Calabria, a Castelsilano si sentì un forte boato sulle colline sottostanti. Lungo i fianchi infuocati di una forra gli abitanti trovarono i resti di un caccia, un mig 23 portante bandiera libica e il corpo del suo pilota. La versione ufficiale, sia del governo italiano che del governo libico, è la seguente: durante un’esercitazione su territorio libico il pilota avrebbe perso i sensi col pilota automatico inserito, avrebbe proseguito fino all’esaurimento di carburante per poi precipitare in Calabria. L’accaduto fu subito messo in discussione e secondo alcuni l’aereo sarebbe caduto lo stesso giorno della strage di Ustica e il ritrovamento fu una colossale messa in scena ad opera di militari e servizi segreti. Il cadavere del pilota sembrava fosse già in avanzatissima decomposizione mentre sembrava impossibile che l’aereo avesse potuto penetrare lo spazio aereo italiano mentre aveva luogo una grande esercitazione della NATO.
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Poggio Ballone, Toscana. La struttura appartiene al 21º Gruppo radar dell'Aeronautica Militare Italiana. Il compito del radar è quello di sorvegliare lo spazio aereo e controllare eventuali velivoli intercettori nell'ambito della rete di Difesa Aerea nazionale e NATO. Nel pomeriggio del 27 Giugno 1980 fu lanciato più volte un segnale di allarme da due caccia F-104 mentre si trovavano in prossimità del DC9 I-TIGI. Né l'Aeronautica Militare né la NATO hanno mai chiarito le ragioni di quell’allarme. Quella sera di Giugno il DC9 era sotto il controllo del Centro regionale di controllo del traffico aereo di Ciampino e sotto la sorveglianza dei radar militari di Licola (nei pressi di Napoli) e di Marsala (in Sicilia). Inoltre è stato registrato il suo passaggio dai radar di Poggio Ballone, Grosseto, Ciampino e Fiumicino, senza contare la possibile presenza sulla scena di altri radar NATO. Secondo la sentenza-ordinanza Priore ciascuno di questi tracciati è stato manomesso o distrutto, le pagine con i militari in servizio accuratamente rimosse: “Non v’era quasi più possibilità di ricostruire il prima e il dopo come l’intorno spaziale dell’evento, essenziali per la comprensione dei fatti, perché tutto era stato distrutto, o era scomparso. Distruzioni e sparizioni non casuali – non è più possibile sostenerlo – ma tutte in esecuzione di un preciso progetto di impedire ogni fondata e ragionevole ricostruzione dell’evento, dei fatti che lo avevano determinato e di quelli che ne erano conseguiti.”
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Bologna, Museo per la Memoria di Ustica. La mancanza del velivolo e delle scatole nere non permise di avanzare di molto nelle indagini sulla strage di Ustica. Il relitto si trovava in uno dei punti più remoti del Tirreno, a più di tremila metri di profondità. Nel 1987 una prima campagna di recupero venne affidata alla ditta francese Ifremer che verrà poi accusata di essere legata ai servizi segreti. Il recupero venne completato nel 1991 in una seconda campagna con una compagnia, stavolta inglese, la Winpol. Dall’analisi delle scatole nere emerse che, fino al momento del disastro, l’aereo era in volo livellato e tutti i sistemi di bordo erano perfettamente funzionanti. La carcassa dell’aereo venne quasi interamente ricostruita e fu conservata per quindici anni in un hangar dell’aereoporto militare a Pratica di Mare. Nel 2006, su richiesta dell’Associazione Parenti delle Vittime della Strage di Ustica i resti furono affidati in custodia al Comune di Bologna. A partire dai resti l’artista Christian Boltanski ha sviluppato un’installazione che è diventata il Museo per la Memoria di Ustica.
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