The Politician: Theo Germaine e la bellezza gender-neutral
L’attore Theo Germaine, 28 anni, è conosciuto in particolare per aver interpretato James Sullivan, lo studente del liceo che si trasforma in uno scaltro consulente per la campagna elettorale nella serie Netflix di Ryan Murphy The Politician. Nonostante sia un ruolo destinato a un trans maschio, la trama non si sofferma sul sesso del personaggio, ed è rigenerante vedere qualcosa di simile sullo schermo. Detto questo, Germaine, che prima ha cercato di essere una femmina poi ha passato gli ultimi anni dell’adolescenza da maschio per decidere infine “’fanculo questa roba” e identificarsi nel genere non binario, vorrebbe vedere cambiamenti più significativi nell’industria del cinema: “Sapete, essere limitati a recitare solo alcuni selezionati personaggi transgender che Hollywood giudica accettabili da portare sullo schermo non è eccitante,” dice. “Voglio che a me e a tutti i miei amici siano date le stesse opportunità degli attori maschi bianchi cisgender (il termine cisgender è il contrario di transgender, quindi significa persona che accetta il sesso con cui è nato, ndr).” Con la seconda stagione di The Politician approdata da poco su Netflix, abbiamo incontrato l’attore via Zoom per discutere di com’è stato crescere circondato da standard di bellezza eurocentrici e di come da allora cerchi di smantellarli.
Che età avevi quando hai iniziato a interessarti al tuo aspetto?
“Sono sempre stato una persona che ama esprimersi attraverso il look, si tratti di trucco o di travestimenti. Il primo tipo di make-up con cui ho iniziato a divertirmi è stato la pittura facciale. Mi piaceva usare il mio viso come una tela e farlo diventare simile a quello di un animale o altro.
“Mentre maturavo la mia comprensione dei generi, ero tipo ‘Direi che mi sento un ragazzo, ma mi piace anche un sacco vestirmi da principessa’. Ma poi ho cominciato a farmi delle domande. Ho provato a respingerle per un po’ intorno ai 12, 13 anni. Ho fatto grandi sforzi per inserirmi tra le ragazze popolari a scuola, guardando cosa indossavano e che tipo di cosmetici usavano, ma poi mi sono detto ‘Così non funziona. Mi piace come maschera, ma non sono io’”.
In che modo crescere nel Midwest ha inciso sul tuo concetto di bellezza?
“Sono cresciuto nell’Illinois centrale, in un paesino minuscolo. Non c’era praticamente nessuna diversità lì, solo ruoli di genere molto rigidi e standard di bellezza eurocentrici. Quindi la mia idea di bellezza si è formata in mezzo a questi stereotipi da cui poi mi sono dovuto liberare.
La bellezza si basa molto sui generi binari. Deve essere stato molto difficile per te…
“Bisogna imparare molto per non dar retta agli altri quando si tratta di cosa è bello. Essendo cresciuto con questi rigidi ruoli di genere, quando avevo 18 o 19 anni il mio processo di coming-out è consistito nel cambiare me stesso in senso opposto per inserirmi in quest’altra parte della società. Per cui ho iniziato a evitare certe cose, tipo truccarmi o indossare colori sgargianti. Durante questo processo, ero tipo ‘Sì, sono decisamente un ragazzo, uso i pronomi maschili, nient’altro’. Al tempo mi sentivo ancora nel mezzo, ma c’era poco spazio nel mondo per chi si sentiva così. Gli ambienti di lavoro di cui facevo parte erano molto maschili, m’incutevano un certo timore e quindi cercavo di amalgamarmi. Poi a un certo punto, quando avevo circa 22 anni, ho smesso e basta. Mi sono detto, ‘Farò quello che mi pare e spero che altri facciano altrettanto’.”
Credi che il make-up debba essere associato al genere?
“Molta di questa roba è costruita. Ho cominciato chiedendomi ‘Perché ci sono queste regole? Che storia hanno?’ Perché molti di questi stereotipi sono basati su standard eurocentrici, e questo è davvero razzista. Come società, spero in una spinta forte a mettere in discussione le cose. Ma temo che non ci sarà perché ci sono così tante persone che si adoperano per legittimarle. Molti avrebbero paura se d’un tratto si sentissero dire ‘Questa cosa non significa che sei di genere maschile e quest’altra non significa che sei di genere femminile’. Ma non vuol dire cercare di rendere tutti gender-neutral, perché penso che il genere di ognuno sia una cosa personale.”
Cosa pensi possa fare l’industria del beauty per aiutare ad abbattere alcuni di questi rigidi stereotipi?
“Credo sarebbe fantastico se vivessimo in una società dove le pubblicità e i brand del make-up trasmettessero un messaggio del tipo ‘Ehi, chiunque voglia portare questo trucco e si senta bene usandolo, vada a comprarlo’. Le aziende del settore beauty fanno un sacco di soldi con gli stereotipi di genere, dicendo ‘Ehi, tu sei una donna, hai bisogno di questo prodotto per essere bella’. Ma non è vero. Compralo solo se ti fa sentire bene. Perché la motivazione principale per portare il trucco è che è divertente. Mettono tanta pressione anche ai maschi, perché quelli che si truccano sono considerati gay o non virili.”
Come influiscono questi stereotipi di genere nella tua carriera di attore, dove devi ‘avere l’aspetto giusto’?
“Nella mia esperienza, è più probabile che i casting director dicano, ‘Questo trans non va bene’ o ‘Non riesco a immaginare questa persona in questo ruolo’. È uno svantaggio enorme. Se vado a un provino dove, per dire, stanno cercando un maschio bianco di circa questa età, io sarò probabilmente uno dei pochi non cisgender che si presentano. Il che mi rende automaticamente una potenziale wild card. Il responsabile del casting a volte non sa neanche se mettermi nella lista per i provini. Quindi so di avere meno chance rispetto alla maggior parte della gente a causa degli stereotipi di genere. Ma questo è parte di un discorso più ampio. A Hollywood, ci sono così tante pressioni per avere un certo aspetto che ci sono un sacco di attori che non vengono presi in considerazione perché siamo troppo ossessionati dalla bellezza e/o perché siamo una società razzista. Pur dovendo affrontare molte sfide nell’industria, il fatto di essere bianco me ne risparmia molte. Quindi abbiamo un sacco di lavoro da fare su questo fronte.”
Le cose stanno cambiando?
“Penso che stiano cambiando, sì. Non penso che uno come me o come molti dei miei compagni attori sarebbe comparso in televisione anche solo cinque anni fa. Quindi ci sono delle piccole vittorie, ma nel complesso è un cargo trainato dal denaro che si muove molto lentamente.”
Quello che ho trovato geniale in The Politician è che anche se James Sullivan è una parte specificamente destinata a un maschio trans, il genere del personaggio non è mai nominato. È questo il tipo di ruolo che ti sta bene continuare a interpretare o vuoi interpretare personaggi maschi cisgender?
“Ci sono un sacco di ruoli che vorrei fare e che sono tradizionalmente affidati a tipi cisgender con un aspetto molto specifico. Voglio fare fantascienza; voglio fare azione; voglio fare i Marvel. E ci sono così tanti attori di talento che non li fanno perché non hanno l’aspetto giusto. E sapete una cosa? Al diavolo questa stronzata!”
Cosa possiamo aspettarci da James nella seconda stagione?
“Non so quanto posso dire, ma è ancora a scuola. È presissimo e credo ci siano un po’ di cose che non è ancora pronto ad affrontare. Forse è un po’ prigioniero di alcune sue vecchie abitudini. Ci sono alcuni aspetti in cui deve crescere.”
Cosa speri per l’industria del cinema e per il mondo in generale?
“Voglio battermi perché ci siano maggiori opportunità nel cinema. C’è tanto bisogno di cambiamento. Credo che ci vorranno tante persone nuove che faranno sentire la loro voce; penso che tanta gente che si sentiva a suo agio debba iniziare a sentirsi a disagio. Mi auguro anche che ci sia un reale incremento nell’arte in generale, perché ci sono un sacco di limitazioni lì. E questo si può estendere al mondo, nel senso che ci sono così tante cose che accettiamo, e fa davvero paura ritrovarsi a dire, ‘Cavolo, questo non è abbastanza buono’. Ma spero che la gente si prenderà più rischi e comincerà a parlare apertamente delle cose”.
Potete guardare la seconda stagione di The Politician su Netflix.
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