Musica 2021: singoli e nuovi album in uscita da ascoltare
Con l'inizio dell'emergenza Covid-19, lo scorso marzo, per il mondo della musica si è profilato uno scenario apocalittico: locali chiusi, tour degli artisti annullati, festival e uscite discografiche rinviati. Fortunatamente, mentre noi eravamo rintanati in casa per evitare la crescita esponenziale dei contagi, gli artisti si sono chiusi nei propri studi discografici e hanno prodotto della musica fantastica, proprio nel momento in cui ne avevamo più bisogno. L'immediato futuro di concerti, club e festival è quanto mai incerto: è impossibile prevedere quando potremmo rivedere dal vivo le performance dei nostri beniamini. Ecco perché, come nello scorso anno, vi è la necessità di ospitare sulle pagine di Vogue.it uno spazio dedicato alle nostre release preferite. In attesa di poterle ballare di nuovo abbracciati.
GUSGUS - MOBILE HOME
Come è nato Mobile Home, e cosa significa per voi e per il vostro percorso artistico?
Durante la sua burrascosa esistenza, la band è cresciuta e si è ridotta nella composizione dei suoi membri, e ha avuto parecchie svolte dal punto di vista musicale, ma sempre all'interno dell'ambito della musica elettronica. Questo è poi diventato il concetto stesso della band: un act pop elettronico che esplora decenni di musica elettronica e le sue vaste influenze, fondendola con la nostra visione del pop moderno, con tutti i twist possibili. Quindi Mobile Home è iniziato come una ricerca su uno di quei percorsi elettronici del passato che sentivamo di dover ridecorare con uno dei nostri progetti, ovvero la new-wave della fine degli anni Settanta e dei primi anni Ottanta, o quanto meno la sua parte elettronica. È iniziato col nostro album Mexico nel 2014: una delle canzoni Sustain, è stata il risultato del riarrangiamento della struttura dell'arpeggio della traccia Sounds like a Melody di Alphaville, in una versione piuttosto oscura. A me e Daniel è piaciuta molto, Bongo la odiava. La traccia era anche molto più lenta rispetto alle altre che avevamo fatto negli album precedenti ed era molto new-wave. Ha toccato un nervo scoperto, poiché quel tipo di sound, rimodellato in arpeggi, è stato uno dei miei primi amori musicali da adolescente. Quando Bongo ha lasciato la band dopo l'uscita di Mexico, io e Daniel abbiamo sostanzialmente controllato la nave e abbiamo navigato verso quegli echi della mia adolescenza. Avvolgendo queste idee in un suono moderno, con alcune influenze italo-disco, abbiamo creato e pubblicato l'album Lies are more flexible, nel 2018. Ma le tracce più oscure su cui stavamo lavorando le abbiamo conservate per la uscita successiva, poiché abbiamo capito che questo percorso era lungo almeno due uscite. Quelle tracce che avevamo conservato sono quindi finite nel nuovo album, Mobile Home: una parte importante dell'album è il contenuto dei testi. È sempre stato un aspetto importante per noi, ma principalmente focalizzato sulla lotta dell'essere umano con le emozioni e l'esistenza. Questo album non fa eccezione, ma è composto da piccole storie che scorrono come un film verso la fine. Siggi Kinski che è stato con la band negli anni Novanta, ha lavorato con noi sui testi e questo ha davvero aumentato il raggio d'azione, la profondità e la qualità del progetto: per me questo album è il nostro lavoro più ambizioso. Forse un po' oscuro e inquietante per i ragazzini, ma chi è abituato alla malinconia dark degli anni Ottanta e Novanta lo può capire.
Come descrivereste questo album, dal punto di vista musicale?
Riecheggia molte referenze diverse del passato, dal punto di vista sonoro: Tangerine Dream, Gary Numan, Depeche Mode, OMD. C'è anche un pizzico di Italo-disco e si può notare una spolverata di Reggae e Prog-rock, ma il sound è moderno con un sapore Deep-Teck. C'è anche una certo richiamo alla musica folk, quindi ho soprannominato questa fusione di ingredienti passati e presenti, Electronic Country: nessuno sembra capire cosa intendo con questo termine, né a cosa io mi riferisca.
Quale traccia ha un bella storia da raccontare?
Penso che sia Higher: Margret Rán è una cantante che ha vinto gli award della musica islandese nel 2020 come miglior cantante femminile e per il suo album In The Dark con la sua band Vök. Avevo lavorato per questa band nel loro EP Circles, quindi già la conoscevo; ho preso parte al concerto di uscita di questo album all'inizio del 2019 e sono rimasto piacevolmente stupito da quanto fosse bello, e gliel'ho detto dopo lo show. Lei ha risposto: "Allora, quando farò una traccia con GusGus?". Dato che adoravo la sua voce ed ero ansioso di lavorare con lei, le ho detto che le avrei mandato alcuni demo. Le ho quindi inviato questo strano demo che era una specie di banger techno-reggae con sopra un hook di synth alla Vangelis. Più avanti in Croazia mentre eravamo in tournée, mi è venuta l'idea di ricontattarla per altre ciliegine da aggiungere ad alcune delle nostre canzoni. Abbiamo iniziato da lei che cercava di sovrapporre il ritornello in Stay the Ride, ed era esattamente quello che serviva. Avevamo anche faticato a trovare qualcosa che funzionasse per il ritornello in Our World e lei ha trovato l'hook che funzionava. Dopodiché era ovvio che la sua presenza fosse una benedizione per GusGus e ora Margret è ufficialmente parte della band.
Per Mobile Home, avete unito le forze a Palomo Spain. Come è nata questa collaborazione? GusGus ha fatto parte dell'entertainment durante la cerimonia dei LGBTQA Awards spagnoli a Tenerife nel 2018. Omar, il nostro manager, ha indicato Palomo e mi ha detto: “Dobbiamo parlare con quel tizio”. “Perché?” ho chiesto. Mi ha mostrato il suo Instagram e io ho detto subito di sì. Essendo una sorta di crossdresser, e dunque della parte queer della community, ho adorato fin da subito il percorso intrapreso da Palomo, che mescola la femminilità con la moda maschile. Avevamo bisogno di una strategia di ingaggio. Ci siamo avvicinati a lui che indossava una camicia piuttosto appariscente, così gli ho chiesto: "Bella camicia, dove l'hai presa?". Si è messo a ridere e poi abbiamo scoperto che amava la band, quindi è stato piuttosto naturale trovare un modo per far incrociare i nostri cammini. I vestiti che ci ha inviato per lavorare nei nostri video e servizi fotografici erano semplicemente perfetti: lo Screen demon piumato del video di Stay the ride e il Zen searcher nel video di Our world sono proprio azzeccati.
C'è qualcuno a cui dedichereste Mobile Home?
A tutti coloro che pretendono le azioni e il cambiamento politico necessari affinché si possa vivere sul nostro pianeta in armonia come sua linfa vitale, invece di esaurire questa linfa e pensare di poterci trasferire da qualche altra parte quando sarà esaurita.
SAYCET - MESSA SOLARIS
Come è nata Messa Solaris e cosa rappresenta per te e per il tuo percorso artistico?
Messa Solaris è una cover acustica del mio precedente singolo, Solaris. Ho realizzato questo brano e il video con il patrocinio del Castello di Versailles, utilizzando il Grande Organo della Cappella Reale e un coro francese, Les Métaboles. È un grande passo per il mio percorso musicale per diversi motivi: soprattutto, è davvero speciale potere esprimere la mia arte e la mia sensibilità in uno dei punti di riferimento storici e culturali più importanti del mio paese. Molte persone hanno scoperto la mia musica grazie a questo progetto e sono piuttosto orgoglioso di collocare questo momento nella storia del Castello di Versailles.
Come descriveresti questa traccia, dal punto di vista musicale?
Prima di tutto, è una cover. Per un occhio attento, ci sono tre movimenti che sono esattamente come la traccia originale elettronica Solaris. In secondo luogo, penso che sia una sorta di reinterpretazione atea contemporanea del Castello. Ho ripreso tutti i simboli culturali: dall'organo, al coro, senza dimenticare il dress code da “gospel”. Per me è un modo per viaggiare indietro nel tempo ma con una visione del 2021.
Con chi hai collaborato alla Reggia di Versailles per ricreare il brano e quali sono state le principali sfide che hai dovuto affrontare?
Ho collaborato con l'organista russa Alexandra Bartfeld per adattare i miei arpeggi di synth con l'Organo Reale, e con Benoit Walter per scrivere la partitura del coro. Ho lavorato inoltre con Leo Warinsky per dirigere il coro e con Alexandre Mattiussi, che ha seguito la parte abbigliamento e styling di tutti coloro che appaiono nel video. La sfida principale era ottenere un buon sound dall'organo: è stata la mia ossessione ed è stato un grande traguardo arrivare al suono giusto, tenendo in conto che l'organo ha più di tre secoli. Ci ho lavorato con i miei sound engineer e abbiamo creato tre layer sonori diversi dall'organo, che ho poi mixato insieme.
Visivamente, il video è sbalorditivo. Ci racconti qualcosa sugli spazi della Reggia di Versailles dove hai registrato la traccia e girato il video?
Ho cercato di catturare i luoghi più emblematici e allo stesso tempo di avere una mia visione. Abbiamo girato il video nella Cappella Reale, nella Galleria des Glaces, e poi nella Galleria des Batailles, sulle Escaliers Louis-Phillipe e sull'Escalier Gabriel per le decorazioni iconiche. Per il video sono voluto partire dai minimi dettagli per poi arrivare agli spazi più grandi. Nel Castello, tutti i dettagli di ogni singolo spazio sono importanti, ed è per questo che è così mozzafiato. Ci sono due tipologie di spazi: quelli in legno - molto caldi - come la Gallerie des Glaces e la Gallerie des Batailles, che sono in contrapposizione agli spazi in pietra, come La Chapelle Royale e l'Escalier Gabriel. L'impostazione calda e quella fredda funzionano molto bene per le immagini e anche per il sound: per lo più ho registrato la traccia e il video nello stesso spazio, tranne che per quanto riguarda il coro, che abbiamo registrato alla Galerie Basse per la sua maestosa acustica.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare Messa Solaris?
Vorrei dedicarla a mia nonna, che ha da poco compiuto 99 anni.
SPLENDORE - OMG
Come è nata la performance OMG e cosa rappresenta per te e per il tuo percorso artistico?
Primavera Sound mi ha selezionato e richiesto dieci minuti di performance. Io sono convinto che il mondo della musica live, sul digitale, debba andare oltre la riproposizione del live canonico che - per forza di cose - ha meno potenza online, senza pubblico. Quando hai il tempo per pensare a qualcosa ad hoc: quando non hai i limiti dettati dalla contemporaneità temporale, puoi preparare qualcosa di diverso, rilanciare, sperimentare. Se c'era qualcosa da imparare in questa pandemia per quanto riguarda la musica, penso sia questo: sul digitale si può, anzi, si deve sperimentare.
Dal punto di vista musicale, come descriveresti OMG?
Ho preso la mia discografia - otto tracce - e l'ho passata attraverso il filtro di Crash di Cronenberg.
Primavera Pro Sound dice che ‘Charli XCX sarebbe fiera di te’. Quanto l'hyperpop di A.G. Cook e Charli ha influenzato OMG?
A.G. Cook e Charli XCX, e in particolare SOPHIE (RIP️), mi hanno mostrato un nuovo modo di intendere la musica pop che in Italia non esisteva. Il libero movimento tra alto e basso, tra mainstream e underground, tra pop e sperimentale. Possiamo riscrivere le nostre identità musicali come le nostre identità personali, senza barriere e limiti, fluidamente nella queerness che abbiamo dentro. Bisogna solo aver il coraggio di crederci, e farlo.
Con chi (e come) hai collaborato per la realizzazione della performance?
Ho lavorato con Francesco Tani e Gianmarco Onofri che avevano curato le copertine dei miei ultimi singoli e dell'EP OMG, am I really feeling these feelings I'm feeling right now?. Loro sono giovanissimi, piccoli geni spericolati. Con nulla creano tutto, è la loro forza. Sono riusciti a dare un’estetica precisa alle immagini che avevo in testa per questa narrazione performativa. Alice Bulloni invece ha curato la parte registica. Da lì abbiamo tirato su una squadra di amiche e amici, come Erica Meucci, una performer splendida del collettivo Laagam, con cui ballo nell'ultima sezione, o Elasi e Plastica, due artiste amiche che adoro e che volevo fossero presenti in questa vetrina mondiale perché meritano tutti gli spazi possibili.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare OMG?
OMG è uno stimolo a spingersi oltre i limiti, a pensare che sia possibile fare tanto, con poco, con la forza delle idee. Lo dedico a tutte quelle persone che hanno timore e paura di portare in scena le proprie idee: abbiamo bisogno di ripensare l'industria musicale al di fuori dei soliti schemi, prima che muoia nella noia e nella banalità. C'è abbastanza talento nei meandri della cultura italiana per salvarci da questa cancrena: ho fiducia in voi.
WESLEY JOSEPH - ULTRAMARINE
Come è nato ULTRAMARINE e cosa significa per te e per il tuo percorso artistico?
ULTRAMARINE è una raccolta di canzoni che riflette i vasti e vividi elementi della mia essenza in un unico progetto. Ogni canzone era un pezzo importante che rappresentava un colore della mia anima: era il progetto che sognavo di realizzare da bambino. Prima di uscire con ULTRAMARINE, le persone potevano interfacciarsi solo con degli sprazzi di me, e non ero ancora riuscito a dimostrare abbastanza quella che era il mio potenziale, per permettere agli altri di creare un vero e proprio contatto. Ora c'è qualcosa di tangibile che dà alle mie parole un solido fondamento. Le cose adesso non sono più astratte: ho creato l'universo di Wesley Joseph.
Come descriveresti questo disco, dal punto di vista musicale?
Una profonda miscela di soul, R&B, rap, elettronica e vibrazioni sperimentali.
In Patience, collabori con una delle nostre artiste preferite, Jorja Smith. Come è nato questo featuring?
Jorja e io siamo cresciuti insieme a Walsall, e quando eravamo bambini facevamo musica insieme: quindi siamo amici da anni. Inizialmente non avevo intenzione di collaborare con nessuno in Patience, ma ero in studio a finire l'album una settimana prima della consegna, e non riuscivo proprio a elaborare la seconda strofa per la canzone. Mi ha scritto casualmente Jorja proprio mentre ero alle prese col tema, quindi le ho chiesto se avesse voluto essere nel brano. Ha accettato, e abbiamo scritto le sue parti della canzone: i suoi contributi hanno completato la mia visione.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare ULTRAMARINE?
A ogni bambino che è a casa e che ha sogni irrealizzabili, e a tutti i miei cari.
ADIEL - METHOD EP
Come è nato Method EP, e cosa significa per te e per il tuo percorso artistico?
Method rappresenta un po' una transizione tra la vecchia e la nuova me. Soprattutto per il tipo di approccio e di crescita personale: sia per quanto riguarda la scrittura dei brani, sia per tutto quello che è successo. Io sono una dj e nasco come tale, quindi per me è stato fondamentale questo tempo per potermi fermare e ascoltare, ma anche per potermi approcciare in un modo molto più intenso a quello che è il lavoro in studio. Ho composto con macchine analogiche, mi piace molto creare in studio un equilibrio tra quello che è fare musica, e quello che mi fa stare bene. Anche perché ho capito che quello che sento influenza molto quello che faccio: e in questo, Method EP è stata un po' una sfida personale, per trovare il giusto modo di lavorare con la mia creatività.
Come descriveresti questo nuovo progetto, dal punto di vista musicale?
Si tratta di un disco che per me rappresenta un viaggio nella conoscenza di me stessa: tutte le tracce le sento molto e sono a me care. Parlo di transizione perché due delle tracce incluse nell'EP sono state composte prima della pandemia, e ho avuto la possibilità di collaborare con un grande artista di Berlino, Tobias, che è per me come un maestro: lui ha inserito una addictional production, aggiungendo qualcosa di suo. Le altre due tracce invece sono state fatte da me durante il periodo del lockdown, in cui ho avuto l'occasione di approfondire la parte ritmica: mi piace molto comporre groove e ritmi, perché ho una particolare predisposizione per i ritmi tribali. Mi sono anche messa a studiare percussioni nel periodo di lockdown: e percussioni e ritmi per Method sono stati fondamentali per sviluppare la mia visione del fare musica, che vedo come un rituale. Nelle mie produzioni, ma anche nei dj-set.
Con chi (e come) hai collaborato per realizzare Method EP?
Ho registrato da sola i ritmi suonandoli: per quanto riguarda le collaborazioni, oltre al già citato Tobias, nei vocals ho introdotto anche mia madre, che era ed è una bravissima cantante. La collaborazione con lei è nata con molta naturalezza ed è speciale proprio per questo: era quasi una delle prime volte che entrava in studio e cercava di capire quello che faccio quando sono sola. Abbiamo registrato in modo molto spontaneo sulla traccia che era già fatta, e per me è ovviamente una cosa molto importante. Lei mi ha sempre indirizzato verso le arti e mi ha spinto a coltivare la mia creatività in diverse forme. Le devo davvero moltissimo.
Fai parte del corpo docenti della nuova Pro Dj Academy. Ci racconti di cosa si tratta questo progetto, e di come tu sei coinvolta?
Pro Dj Academy è un corso digitale per dj, dedicato a tutti gli appassionati del genere e a coloro che hanno scelto di intraprendere questo percorso come professione. Il programma include tutto ciò che può servire a un giovane emergente: dal setting in consolle ai set up e i tips and tricks, passando per l’importante sfera della parte manageriale e delle agenzie di booking. Da questa esperienza viene fuori tutta la passione che ho per questo mestiere: per questo progetto, parliamo di djing, e non di produzione. Io racconto quindi il mio approccio al vinile, dando anche qualche spiegazione sui vari trucchi e raccontando problemi che si sono dovuti risolvere in serata. Mi piace molto poter condividere la mia esperienza e motivare i ragazzi giovani, per i quali può essere utile un consiglio. Per me è stata un'esperienza meravigliosa, soprattutto perché ho avuto modo di essere intervistata da Claudio Coccoluto, che purtroppo è venuto a mancare da poco: ho parlato di quello che è stato il mio percorso soprattutto come dj resident del Goa, che per me è stato formativo come una vera e propria scuola. Si è trattato di un momento molto intimo e personale potermi confrontare con Claudio, anche per le bellissime cose che mi ha detto.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare Method EP?
Lo vorrei dedicare a tutti quanti senza esclusioni: penso che condividere musica sia una fonte di ispirazione e non vorrei limitarlo a qualcuno in particolare. Però, con il cuore, direi che vorrei dedicarlo soprattutto a mia mamma.
JABBERWOCKY - FEELING DANCING TEMPO
Come è nato Feeling Dancing Tempo, e cosa significa per voi e per il vostro percorso artistico? Abbiamo iniziato a lavorare su Feeling Dancing Tempo durante il primo lockdown in Francia. Il fatto di non poterci vedere e produrre tutti insieme ci ha costretto a cambiare un po' la nostra modalità di lavoro: abbiamo iniziato a mandare qualche idea via mail e sono nati i primi demo. Poi ci siamo potuti incontrare di nuovo e sviluppare il lavoro, integrando i sintetizzatori e le nostre drum machine in studio. All'inizio non avevamo intenzione di fare un intero album, ma ci siamo resi conto che avevamo molte tracce connesse tra loro, e abbiamo deciso di spingere il progetto un po' oltre. Ci abbiamo lavorato per sette mesi: volevamo far convivere un'energia danzante con le sensazioni che provavamo in quel momento. Feeling Dancing Tempo dà il via a una nuova fase e cristallizza la direzione artistica che abbiamo preso dopo il nostro secondo album Make Make.
Come descrivereste questo nuovo progetto, dal punto di vista musicale?
Questo album ha molte influenze diverse, e ognuno di noi ha i propri gusti e preferenze personali: ma ciò che ricorre di più è il nostro amore comune per l'italo disco, la space disco e la musica house, tutti prodotti principalmente con sintetizzatori analogici e drum machine vintage. In questo periodo in cui il mondo era fermo, avevamo bisogno di fare musica che avesse vita propria, fatta per il party e per essere condivisa con altre persone. Ecco perché alcuni brani hanno un mood nostalgico: sono intrisi di tanti ricordi.
C'è una traccia che ha una bella storia da raccontare?
In How much I dance abbiamo lavorato con dei brevi campioni vocali per settimane, provando diversi ritmi e melodie: ma ci siamo bloccati ogni volta con loop energici e non riuscivamo ad andare abbastanza avanti per fare un intero brano senza che ci annoiasse dopo due minuti. Eravamo ossessionati da questi vocals che ti spingono a ballare e fare festa, il tutto mentre eravamo bloccati a causa del Covid. Poi abbiamo capito che dovevamo aggiungere questo particolare mood alla traccia, con accordi e melodia, per bilanciarlo con l'energia del ritmo e creare questa sensazione di nostalgia. Quando l'abbiamo ultimato, dalla tv arrivavano le notizie sulla fine del lockdown: quindi per noi è stato come un segno dell'universo.
Con chi (e come) avete collaborato?
Volevamo concentrarci sul nostro trio e su ciò che creiamo insieme, il che significava limitare le collaborazioni. Era anche un modo per sfidare noi stessi, cantando in brani come Get High e Feeling Dancing Tempo, utilizzando campioni vocali in How Much I Dance e Under UFO... Ecco perché c'è un solo featuring con la cantante Amouë in Blue Moves, una canzone che avevamo immaginato fin dall'inizio con questo tipo di linea vocale liscia e seducente. Abbiamo anche collaborato con il nostro amico Julien Galner per il mix del 90% dell'album.
C'è qualcuno a cui vorreste dedicare Feeling Dancing tempo?
Feeling Dancing Tempo è dedicato a tutte le persone che prestano attenzione a come reagiscono i corpi alle sensazioni che la musica può dare, a quanto può essere bella questa energia tra persone che ballano su un tempo comune: si tratta di emozioni che possono creare un ritmo attraverso le loro vite.
POPULOUS - STASI
Come è nato Stasi, e cosa rappresenta per te e per il tuo percorso artistico?
Erano anni che volevo scrivere un disco più meditativo e introspettivo. L’ultimo periodo per molti versi è stato orribile, ma da altri punti di vista ha rappresentato in pieno la giusta occasione per fermarsi, fare un respiro profondo, e tornare a scrivere musica che andasse in quella direzione. Era tutto fermo, immobile, statico. Ci siamo dovuti dimenticare dei dancefloor - e di conseguenza di un certo tipo di ritmi - e tutto è diventato più dilatato: le giornate, il tempo, le emozioni e, di conseguenza, anche la musica.
Dal punto di vista musicale, come descriveresti Stasi?
È ambient music che incontra il trip-hop di Bristol; anche perché durante la scrittura di Stasi ho ascoltato tanto sia pionieri come Brian Eno e Midori Takada che i Portishead. Non è nulla di nuovo per me - i primi due album in fondo avevano sonorità simili - direi forse che questo è il mio lavoro più mistico e psichedelico.
C'è una traccia con una bella storia da raccontare?
Come dicevo il disco è stato mixato in analogico. Abbiamo usato i nastri che, si sa, non sono certo strumenti precisi come un computer. L’ultimo pezzo che abbiamo mixato è stato Pietre roventi e non c’eravamo accorti che la macchina si era surriscaldata troppo, provocando diversi errori nella registrazione e di conseguenza degli stranissimi effetti di tono nella riproduzione della bobina. Che fare? Cestinare tutto e rifarlo il giorno dopo o tenere le tracce con quegli errori/effetti unici e difficilmente replicabili? La risposta è fin troppo scontata!
Con chi (e come) hai collaborato per la realizzazione del disco?
Le illustrazioni sono state curate da Alessandro Cripsta, che ha riprodotto i paesaggi notturni e onirici che avevo in testa come reference. Siccome non sono un musicista, due miei amici - Gigi Chord e Andrea Rizzo - mi hanno aiutato suonando alcuni synth e batterie. Il tutto è stato mixato in analogico al Sudestudio da Stefano Manca e masterizzato da Giovanni Versari.
C'è qualcuno a cui vuoi dedicare Stasi?
In questo disco l’elemento umano è talmente sfocato ed in secondo piano che preferirei si parlasse di luoghi e spazi anziché di persone. Mi piacerebbe che Stasi suonasse nei posti che lo hanno ispirato. Ultimamente mi affeziono più facilmente ad un panorama o un albero che a certa gente.
IMANY - THE A TEAM
The A Team sarà nel tuo album The Voodoo Cello, in uscita il 3 settembre. Ci racconti qualcosa su questo nuovo progetto e cosa significa per te e per il tuo percorso artistico?
È un album interamente concepito per otto violoncelli e una voce. Nient'altro. Acustica assoluta. L'idea era quella di riarrangiare i classici della musica pop con uno strumento classico e dare un'atmosfera organica, ma portando qualcosa di fresco: un crocevia tra due mondi molto diversi. In questo momento sono a un punto in cui voglio sperimentare nuove sfide. Questo progetto è un modo per rendere omaggio a molte delle canzoni che mi hanno aiutato a diventare l'artista che sono ora, o che quanto meno mi hanno fatto desiderare di diventare una cantante. È stato un viaggio davvero interessante e sono orgogliosa di me stessa, perché era la prima volta che ho dovuto arrangiare e produrre un album, e sono davvero soddisfatta del risultato.
Da Ed Sheeran a Elton John, hai reinterpretato i successi di una vasta e variegata gamma di artisti. Qual è il filo conduttore dei brani (e degli artisti) che hai scelto?
Alcune delle canzoni che ho scelto le volevo fare da molto tempo, altre sono state scelte per parlare con questo progetto a tutti i tipi di persone. Ci sono tante canzoni nella musica pop, quindi ho voluto reinterpretare brani che mi ricordano la mia infanzia, ma ci sono brani dell'infanzia di anche altre persone. Ho scelto comunque canzoni che posso difendere liricamente e melodicamente. Sono sempre guidata dal significato del testo e dalla forza della melodia. Una buona cover deve suonare come se fossi tu colui che ha scritto la canzone: deve essere personale, quindi in qualche modo anche nella canzone scritta da altri devo trovare una parte di chi sono io, e che funzioni con la mia voce e il mio spirito. In definitiva, il messaggio del brano è importante, ma le melodie sono ciò che conta di più.
Hai curato da sola tutte le fasi del processo di questo progetto. Quali sono state le sfide più grandi che hai dovuto affrontare durante la realizzazione?
È stato difficile fare sì che otto strumenti identici, suonassero individualmente in modo diverso e unico. È stato un processo divertente ma impegnativo al tempo stesso, sia perché era la prima volta per me, e sia perché non scrivo musica in un modo classico: ai musicisti, ho dovuto cantare la mia parte. È stato impegnativo in questo senso perché ho dovuto sviluppare un linguaggio tra noi: ma una volta che l'abbiamo codificato, tutto è filato liscio, mi sono sentita guidata dalle mie intuizioni e i miei istinti. Inoltre volevo che gli arrangiamenti suonassero in un modo diverso. Ovvero che fosse un sound moderno ma con strumenti classici e senza trucchi tecnologici: senza “barare”. Così i limiti sono diventati in un certo senso una fonte di creatività. Certo è stato difficile: a volte credi davvero in una canzone, ma non riesci a trovare l'interpretazione giusta, o la tonalità non si addice alla voce. Ci sono stati tanti stop and go, ma alla fine è quello che succede con qualsiasi processo creativo.
Il 15 luglio ti vedremo esibirti all'Umbria Jazz Festival. Che show sarà?
Non sarà un concerto tradizionale. Voglio fare le cose in modo diverso con questo progetto anche dal punto di vista scenico. Ci saranno dei balli e una vera e propria coreografia che abbiamo adattato ai violoncellisti, perché non è facile per loro muoversi liberamente con degli strumenti così imponenti. Il risultato è lontano da ciò che la gente potrebbe aspettarsi da un ottetto di violoncelli. Il mio desiderio era quello di sfidare l'idea e l'immaginario che il pubblico può avere di uno strumento classico: questo è quello che ho cercato di fare nell'album e successivamente nello show. Quindi, è più un balletto mescolato a un concerto che porta con sé una storia, piuttosto che uno show tradizionale. Per capirlo davvero comunque, l'unico modo è vederlo.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare Voodoo Cello?
Dedico Voodoo Cello a chiunque voglia vedere il mondo in modo diverso. A tutti coloro che sono disposti a uscire dalla propria zona di comfort, al fine di creare un mondo migliore.
MK - CHEMICAL
Come è nata Chemical, e cosa significa per te e per il tuo percorso artistico?
Volevo fare qualcosa che suonasse totalmente differente da tutte le mie precedenti uscite. Ero impaziente che Chemical fosse pubblicata fin dal giorno in cui l'ho realizzata: si tratta sicuramente di una delle mie produzioni preferite fino ad ora.
Come descriveresti questa traccia, dal punto di vista musicale?
È fresca e unica: è al 100% ciò che stavo cercando.
Ci racconti qualcosa sul fantastico videoclip che accompagna la traccia?
Lavorare con il team creativo sul video è stato molto divertente: il regista Aube Perrie è stato fantastico e ha avuto una visione davvero fuori di testa per il video, cosa che ho adorato. Creare la testa del cane da zero ha comportato un sacco di lavoro, ma ne è valsa la pena! Oltre al videoclip, abbiamo anche appena finito di lavorare su un nuovo videogioco titolato Chemical Chase che si ispira al singolo: provate a battere il mio record su chemicalchase.com!
Finalmente si torna a parlare di eventi in presenza. Dove potremo vederti esibirti quest'estate e ascoltare dal vivo Chemical?
Non vedo l'ora di suonare a Las Vegas - ho una nuova mini residenza a Resortsworld che inizierà l'8 agosto. Aspetto con ansia di tornare finalmente al Creamfields Festival nel Regno Unito, così come sono davvero entusiasta del mio tour autunnale negli Stati Uniti. Abbiamo un nuovo show che stiamo lanciando, non vedo l'ora di farvelo vedere a tutti.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare Chemical?
Sì... :)
BURAKA SOM SISTEMA - BURAKA 4 EVER
Come è Buraka 4 Ever, e cosa significa questa release per voi?
Abbiamo registrato il nostro ultimo show nel 2016, perché sapevamo che prima o poi avremmo voluto pubblicarlo. Gli spettacoli di Buraka Som Sistema sono sempre state esperienze intense che hanno definito l'esistenza del gruppo per dieci anni, ed è sempre stato chiaro per noi che avremmo voluto pubblicare un album live. Sono passati cinque anni e ci è sembrato il momento perfetto per l'uscita, specialmente con tutto quello che è successo, e il fatto che le persone non potessero godersi la musica dal vivo. Per noi Buraka 4 Ever è un modo per riportare alla memoria del pubblico le loro esperienze passate ai nostri show, e speriamo che sia fantastico per tutti, così come lo è per noi.
Come descrivereste questo progetto, dal punto di vista musicale?
Il punto di partenza per noi sono state le registrazioni dello show, ma volevamo provare a rendere Buraka 4 Ever più di un semplice album dal vivo, qualcosa che potesse resistere alla prova del tempo; che le persone, ascoltandolo, potessero sentire l'energia del live, ma anche godersi le canzoni e i ritmi originali. Quindi abbiamo iniziato selezionando le tracce e assicurandoci di scegliere brani da tutti i nostri album, con riferimenti ai nostri dieci anni di esistenza. Da lì abbiamo lavorato sul materiale che avevamo: alcune voci sono state ri-registrate perché alcune parti erano troppo rumorose, alcune batterie dovevano essere modificate, e abbiamo giocato con il sound ambientale e del pubblico, cercando di bilanciare questo fattore con la pulizia e l'impatto dei nostri beat. Siamo davvero molto contenti del sound dell'album e penso che diventerà un nuovo modo per ripercorrere quelle che sono le nostre canzoni e la nostra eredità.
Sfortunatamente, non ci sarà più possibile vedere un concerto dal vivo dei Buraka. Quali sono i vostri piani e progetti attuali?
Tutti i membri del gruppo sono ancora coinvolti nella musica: nella produzione, nell'esecuzione e nello sviluppo di progetti collaterali, che sono un'estensione di ciò che abbiamo fatto con i Buraka. La pandemia ha reso oscuro il presente, ma il futuro sembra luminoso: perché la musica sta raggiungendo nuove generazioni, trasformando Lisbona in una delle capitali mondiali della musica elettronica. Quindi continueremo a fare il nostro, mettendoci in gioco e raccontando, sempre al meglio delle nostre capacità e attraverso la musica, le storie dell'asse culturale Lisbona-Luanda-San Paolo.
Voi siete stati i pionieri della scena musicale di Lisbona. Com'è l'attuale panorama musicale della città, e quali artisti hanno raccolto il testimone di Buraka?
La musica con influenza africana e latinoamericana ha raggiunto nuovi traguardi: la sua presenza in radio e nella scena dei club è vibrante, eclettica e inclusiva. Gli artisti stanno osando di più, mescolando in modo creativo generi come rap e kizomba, baile funk, funaná e kuduro, spingendo ulteriormente il movimento. Artisti come Blaya, Pongo, Nenny, Dino d'Santiago, Pedro Mafama, Throes + The Shine, Bateu Matou.
C'è qualcuno a cui vorreste dedicare Buraka 4 Ever?
Vogliamo dedicarlo a tutta la comunità globale di amanti della musica dance. È difficile immaginare un mondo dove non si esca a suonare e ballare insieme, che sia in un club o in un festival musicale. La resilienza mostrata via Internet durante questo lockdown è stata molto stimolante per noi: la musica ci ha salvato e questo album è un regalo di ringraziamento a tutti gli autori e ascoltatori che ci hanno dato speranza.
MISBHV 002 - MEDITATIONS - A SONIC RESPONSE
Come è stato creato MEDITATIONS - a sonic response, e cosa significa questa release per voi e per la nuova label MISBHV?
(Thomas aka Wirski) L'arte non vive al di fuori del contesto della realtà: e quindi è difficile per me pensare a qualsiasi altro disco che avremmo potuto pubblicare con il progredire della pandemia, per tutta una serie di motivi. Mi piace pensare a Meditations come a una testimonianza onesta di un'esperienza senza precedenti.
(Artur aka Artur8) Questo progetto, assemblato nell'arco di poche settimane, è una risposta cruda e immediata al mutato panorama musicale, che gli ultimi mesi ci hanno rivelato. Nasce da molte ore di conversazioni tra me e Thomas sulle tecniche di meditazione e ritiro, alimentate da un senso di incertezza su cosa significhi fare musica - per molti versi una pratica sociale - in un momento in cui non avevamo altra scelta che viverla nella solitudine delle nostre case private. Per l'etichetta MISBHV è una dichiarazione di intenti audace: dimostra che MISBHV Recordings intende pubblicare musica di alta qualità in un modo insolito e inaspettato.
Come descrivereste questo progetto, dal punto di vista musicale?
(Thomas) Onestamente, la musica in questo disco è un esercizio meditativo. Adoro che questo album suoni ricco e molto diverso, e allo stesso tempo coerente e coeso.
(Artur) È un viaggio musicale globale open-mind: artisti con diverse traiettorie musicali si sono incontrati nel loro cammino. Allo stesso tempo, profili della scena musicale elettronica hanno unito le forze con compositori di musica contemporanea e musicisti indie. Ciò che ci unisce è l'amore profondo per la musica senza pregiudizi, così come la forte convinzione che la musica possa aiutare a guarire.
Artisti da Varsavia a Berlino, passando per Roma, Ankara, Teheran, Taipei eccetera. Qual è il filo conduttore delle collaborazioni nella release?
(Artur) Il filo conduttore è stata l'esperienza collettiva simile che abbiamo vissuto tutti negli ultimi mesi su questo pianeta. Si è sentito un forte bisogno di articolarlo musicalmente, in modo non ortodosso: per farlo, uscire dalla nostra zona di comfort è stato fondamentale.
(Thomas) È l'idea di un viaggio condiviso verso l'interno, vissuto attraverso dieci prospettive singolari.
C'è una traccia che ha una bella storia da raccontare?
(Artur) Ogni traccia ha la sua storia ed è molto personale per tutti gli artisti coinvolti. Ad esempio, Teraz: è stata un'esperienza singolare registrare il nostro contributo nello studio di Adam Newborn Jr durante una fase di duro lockdown a Varsavia. Andare nello studio di Adam è stato per me quasi come una sessione di psicoterapia. La nostra eccellente cantante Eleonora Attalay ha registrato le sue parti vocali separatamente ad Ankara, che hanno aggiunto un'ulteriore dimensione speciale a questa esperienza. Noi abbiamo ovviamente utilizzato prevalentemente i primi take, quelli più spontanei, invece di quelli molto puliti e “super professionali”.
Un altro esempio è la mia sessione di registrazione da remoto e il dialogo con Alexis Taylor - che vive a Londra - per Dream Meditation: un bellissimo pezzo strumentale per pianoforte si è improvvisamente trasformato in una produzione musicale country/folk-americana, corredata da un bellissimo testo personale sulla meditazione scritto ed eseguito da Alexis. Tutto il processo è durato non più di una settimana: il testo è apparso in sogno ad Alexis e il risultato è sbalorditivo.
C'è qualcuno a cui vorreste dedicare MEDITATIONS - a sonic response?
(Thomas) La meditazione è un esercizio che ha il fine di smantellare l'illusione di sé. lo spero che questa release rappresenti un momento di riposo innanzitutto per noi stessi e che porti un po' di calma e un senso di benessere.
FOX - SQUANG DANGS IN THE KEY OF VIBES
Come è stato creato Squang Dangs in the Key of Vibes e cosa significa per te e per il tuo percorso artistico?
Ho incontrato Lenzman sei o sette anni fa in Sardegna: abbiamo parlato di fare musica e mi ha mandato una traccia quando sono tornato a Manchester, ma in quel tempo non ero abbastanza coraggioso per una melodia soul come quella. Le nostre strade si sono incrociate altre volte nel corso degli anni e il rispetto reciproco è cresciuto. Ovviamente abbiamo discusso di musica e Lenzman ha detto che sarebbe stato felice di pubblicare un mio progetto, ma lo vedeva alla stregua di come vede me: qualcosa che fosse più che drum & bass, che è sicuramente come io stesso mi vedo. Alla fine, il momento era propizio. Il titolo riassume il processo, cosa faccio e come lo faccio: le vibes e l'energia sono estremamente importanti per me, ora più che all'inizio della mia carriera. Ho capito da tempo di essere un empatico: un aspetto che si riflette alla ora di scegliere con chi condividere quella catartica e potente esperienza di guarigione che è la creazione musicale, in particolare un album. Questo è il mio secondo disco ed è molto diverso da Juice Flow: ho imparato molto da quel primo progetto. Mi sono praticamente tuffato direttamente nella realizzazione, e mi sono sentito molto più saggio durante questo processo, grazie a quello che avevo imparato. Sono molto felice di questo album perché mi eleva, mi calma e mi ricorda una montagna che ho scalato ogni volta che l'ascolto: e l'ho ascoltato davvero molto.
Come descriveresti questo nuovo progetto, dal punto di vista musicale?
Gran parte di questo album è stato realizzato nel 2020, quindi la descriverei come musica di sopravvivenza. Certo, ha dentro più drum & bass che qualsiasi altro genere, ma sicuramente non è un album prettamente drum & bass. È semplicemente la musica con cui vivo che mi fa sentire meglio ogni volta che la ascolto, in qualunque stato d'animo mi trovi, e spero davvero che abbia questo effetto anche per le altre persone.
C'è una traccia che ha una bella storia da raccontare?
It's Time è prodotta da Diemond, mio amico di lunga data e del mio team di supporto. Sono il padrino dei suoi due mostriciattoli più piccoli, ed è anche la ragione per cui ho deciso di tornare sulla scena. È venuto a casa mia anni fa, mentre stavo insegnando musica, e lui e suo fratello Delano mi hanno tormentato per più di un'ora chiedendomi di mettere musica. Alla fine ho accettato soprattutto perché mi stavano facendo venire mal di testa e stavano rovinando il mio mood. Ho sempre voluto far uscire musica sua, quindi è una bella sensazione che la sua energia sia dentro al progetto.
Con chi (e come) hai collaborato?
C'è un bel mix di persone nell'album. Ce ne sono altre che ci sarebbero potute essere, ma tutto è successo in modo organico. Volevo una buona selezione di amici, da luoghi diversi e in punti diversi della loro carriera. Ho registrato con Calibre e DRS qualche tempo fa, ho realizzato Walk Out con DLR e Alix Perez nello studio di DLR a Bristol: mi sono divertito molto a registrare con lovescene, e fortunatamente tutto ciò è successo prima del Covid. Penso che sia stato molto utile registrarlo con lei nello stesso ambiente, perché le indicazioni che mi ha dato sono state cruciali per perfezionare quel pezzo. Ci sono alcuni dei migliori giovani talenti di Manchester come T-Man, Biome di Levelz e b.cass, che ha solo sedici anni ed è il più giovane dell'album, ma che sa il fatto suo. Inoltre, ci sono i G's, [KSR] e Blind Mic. In The Shine ho collaborato con L-Side dal Brasile, un ragazzo eccezionale che ha "spaccato". Fortunatamente, ci sono un sacco di grandi talenti e una buona energia in The North Quarter, quindi sono stato fortunato a lavorare con FD, Redeyes, Satl, Echo Brown e, naturalmente, il boss Lenzman.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare Squang Dangs in the Key of Vibes?
È dedicato a mia sorella Audrey Henry, che è purtroppo venuta a mancare l'anno scorso; e a Johanna Cornelia (Corrie), la mamma di Lenzman, anche lei scomparsa quest'anno mentre stavamo finendo l'album. C'è anche la sua energia qui dentro, perché Lenzman è una parte cruciale di questo progetto.
MIGLIO - INDIA
Come è nata India e cosa rappresenta per il tuo percorso artistico?
India è nata esattamente un anno fa. Era una sera abbastanza calda ed ero a fare un giro sui colli bolognesi, a cercare un po’ di aria fresca. Ci siamo fermati davanti a San Luca, l’ho visto illuminato e avvolto in queste luci caldissime e in un attimo mi è venuto spontaneo il parallelismo con l’India, ricordo di aver detto: “San luca come se fosse una costruzione indiana, come se fosse l’India”. E poi ho aggiunto: “mi ricordi l’India”. Così ho annotato questa frase sul telefono e quando sono tornata a casa ho scritto tutto il brano. Sono partita da una suggestione e poi ho iniziato ad aggiungerne altre. È una canzone importante per me e fa parte di un percorso, di una crescita personale.
Dal punto di vista musicale, come descriveresti la canzone?
India musicalmente nasce da diverse contaminazioni. L’ho scritta chitarra e voce e fin da subito aveva la sua struttura melodica in evidenza, con questo ritornello ripetuto e incisivo. Poi abbiamo iniziato a produrla e tra le strade possibili da percorrere abbiamo scelto quella che ci ha smosso sulla sedia mentre ci lavoravamo. Si tratta sicuramente di un’esplorazione sonora che passa per la new wave e gli anni Ottanta. Non è un pezzo patinato, è sporco ma allo stesso tempo armonioso. Tutto gira su questo beat costellato da elementi musicali che hanno al brano dato un carattere preciso.
Con chi (e come) hai collaborato per la realizzazione di India?
India è stata prodotta da Marco Bertoni, che poi ha lavorato a tutti i pezzi che usciranno e che fanno parte del disco. Ho sempre stimato il lavoro di Marco e la sua esperienza - Dalla, Gianna Nannini, Demetrio Stratos, Subsonica e molti altri - e così a fine 2020 ci siamo incontrati in Piazza Maggiore a Bologna e abbiamo deciso di collaborare. Ho passato un po’ di mesi nel suo studio in un paesino della provincia emiliana, abbiamo ascoltato tanta musica, ci siamo contaminati e poi abbiamo creato cose nuove insieme. Per quanto riguarda la parte visual, invece, il video è stato girato da Riccardo Sanmartini con il supporto alla fotografia di Martina Platone. Nel video ci siamo io e Alberto Azzara che ha anche curato e creato la copertina del brano. Volevo riportare a livello visivo immagini e immaginari che avevo nella testa e che sono finite nella canzone. Lavoro con questi ragazzi da un po’ di tempo e posso dire che ormai siamo una piccola squadra con l’obiettivo condiviso di comunicare non solo attraverso la musica ma anche tramite le immagini. Credo ci sia stato un incontro umano prima di tutto: riusciamo a lavorare bene insieme perché molto probabilmente condividiamo un approccio simile, mi viene quasi da dire generazionale, che per diversi motivi si nutre di esperienze di vita e sensibilità comuni.
Qual è la storia della traccia?
India è la storia di una serata che non ha mai smesso di esistere.
È un agglomerato di sensazioni e immagini. È una storia personale, probabilmente parla di costruzione e di futuro. Insieme. Sono tutte immagini che hanno ri creato qualcosa in cui credo. E poi alla fine ognuno ci può trovare dentro la storia che vuole.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare India?
L’ho già dedicata ad una persona molto importante per me.
DESIRE FT. ETHER - HAENIM
Come è stata creata HAENIM e cos'è Ether, il tuo nuovo progetto musicale?
(Ether)Ho sempre pensato che, quando fosse arrivato il momento giusto, avrei pubblicato il mio progetto musicale con uno pseudonimo. Ho aspettato in silenzio, lavorando e scrivendo a spizzichi e bocconi durante questi anni. La visione di Ether è quella di un sound dream-pop lunatico, notturno ed etereo: come vibrazioni noir che giocano in un tramonto nebbioso. Vedo Ether come un'estensione della mia espressione creativa. Ho disegnato io stessa il logo e ho chiesto all'architetto e designer Stephanie Lin dello studio Present Forms di creare animazioni atmosferiche, come teaser per presentare il progetto. Questi, in particolare le nuvole rosa e il fulmine che si infrange... Sono in sostanza ciò che è Ether. Spero di divertirmi nel processo di delineazione dell'identità di Ether.
Qual è la storia di questa traccia?
Adoro Haenim, una canzone coreana originariamente scritta e prodotta nel 1968 da Shin Joong-Hyun, definito il "Padrino del Rock" coreano, in prima linea nel creare un ponte tra i suoni occidentali e la Corea. La canzone originale Haenim (che significa "Il Sole" in coreano) ha un'atmosfera lo-fi molto calda ed euforica. È contraddistinta da una chitarra acustica e dalla voce seducente della cantante Kim Jung-Mi, che è come se scivolasse sul sound sfumato. Il testo è semplice e bello, ed è tutto riguardo al venerare Madre Natura e il Sole. Quindi, quando Megan Louise - della band Desire - ed io abbiamo iniziato a parlare di creare musica, ho condiviso la canzone con lei e le ho detto che era l'atmosfera che volevo creare. Abbiamo deciso di creare una cover per lanciare Ether: canto in coreano su un deep cut prodotto da Johnny Jewel.
Come descriveresti questa traccia, dal punto di vista musicale?
I battiti, ipnotici e ripetitivi, sembrano come il lancio di un incantesimo.
Con chi (e come) hai collaborato?
Ho chiesto a David Alexander Flinn di dirigere il video. Abbiamo parlato di come volevamo rendere una narrazione di una donna forte, completamente impenitente e determinata. Siamo fan dei film gore/horror: entrambi adoriamo le opere di Dario Argento - il suo preferito è Profondo Rosso, il mio è Suspiria - così come David Lynch, con cui l'etichetta Italians Do It Better ha collaborato occasionalmente, tra cui la performance della loro band Chromatics nel reboot di Twin Peaks. Abbiamo girato il video musicale il giorno dell'eclissi solare, il 10 giugno: non sono superstiziosa, ma seguo i principali cicli solari e lunari e tengo traccia dei movimenti di Mercurio. Una canzone sul Sole nel giorno dell'eclissi solare: se questo non è un segno, non so cosa sia. Come se non bastasse questa coincidenza, il nostro singolo è uscito il 25 giugno, il giorno di Strawberry Full Moon! Per il video, ho dovuto imparare a guidare un'auto vintage con cambio manuale in meno di tre tentativi, perché la batteria dell'auto era malmessa. Non guido spesso nemmeno un'auto automatica, ed eccomi qui alla guida di una vecchia Chevy Camaro Z28 del 1970 nella notte buia e nera come la pece!
C'è qualcuno a cui dedicheresti HAENIM?
Mi piacerebbe dedicare HAENIM a mia nonna, mia madre, a me stessa da piccola, e a tutte le persone nel mondo che hanno sperimentato la catarsi della vita.
WET LEG - CHAISE LONGUE
Come è nata Chaise Longue e cos'è Wet Leg?
Chaise Longue è stato il risultato di una jam session improvvisata all'una di notte nell'appartamento di Hester: Wet Leg è invece il nome della nostra band. Le parole “wet” e “leg” non hanno un significato particolare per noi... Anche se, cercandolo su Google, penso che si tratti di una specie di malattia? Non saprei. Credo che abbiamo deciso di chiamare la nostra band Wet Leg per ricordarci di non prenderci mai troppo sul serio. Penso sia abbastanza facile arenarsi nella musica - e nella vita in generale - preoccupandosi troppo se qualcosa è bello o no. Direi che è una specie di promemoria per noi stesse per divertirci, e confidare nel nostro cattivo gusto. Al di là di tutto, il nome mi fa ridere. È un nome davvero stupido.
Qual è la storia della traccia e come la descrivereste, dal punto di vista musicale?
Ero tornata sull'Isola di Wight - da dove veniamo entrambe - per il periodo natalizio e avevo bisogno di un posto dove stare, così HC mi ha piazzato sulla chaise longue nel suo appartamento. Inizialmente sarei dovuta rimanere solo una o due notti, ma ci stavamo divertendo così tanto che alla fine sono rimasta un'altra settimana, e poi un'altra, e poi un'altra ancora... È stato fondamentalmente un pigiama party per ragazze adolescenti lungo un mese. Oltre a rivedere l'intera serie Buffy e incollare piccole gemme di plastica a tutti i nostri pedali per chitarra, abbiamo fatto un sacco di canzoni stupide - solamente per il nostro divertimento - e Chaise Longue è una di queste. Era molto tardi la sera, eravamo molto stanche e un po' stupidine. Praticamente tutto il testo è uscito di getto. Anche se, ad essere onesti, le parole "On the chaise longue, all day long" occupano almeno la metà della canzone. Il resto delle parole sono praticamente una serie di sciocche allusioni sessuali.
Con chi (e come) avete collaborato?
Abbiamo diretto noi stesse il video. Era durante il lockdown, ed eravamo entrambe temporaneamente senza lavoro: immagino che stessimo solo cercando dei modi per tenerci occupate. Alcune scene sono state girate solo da noi due e un treppiede. Invece, per le riprese in movimento e mentre camminavamo, necessitavamo di una troupe più numerosa: quindi abbiamo convinto il ragazzo di Hester, Joshua e mia sorella Caley ad aiutarci. Joshua è stato incastrato nel portapacchi dell'auto di mia sorella con lo sportello del bagagliaio aperto, filmandoci mentre camminavamo. La cosa più difficile è stata camminare allo stesso ritmo di Caley e viceversa. Era tutto un gridare: "Più lento! Più veloce! No, un po' più lento! Così va bene!" e cose così. Un applauso a Joshua e Caley per l'ottimo lavoro. Non avevamo un vero e proprio piano: anche i negozi erano chiusi a causa del lockdown, quindi abbiamo dovuto acquistare le cose online. Abbiamo provato un po' di cose e abbiamo optato per un look da prateria un po' strambo. Dopo aver girato quello che pensavamo fosse abbastanza materiale, ho scaricato la versione di prova gratuita di 90 giorni di Final Cut; poi, ho esaminato il filmato fino a quando ho messo insieme qualcosa che mi soddisfacesse. Ho modificato tutto sul mio piccolo MacBook Pro 2015, cosa che a volte è stata piuttosto impegnativa, perché lo schermo è molto piccolo: per di più, non avevo mai usato nessun software di video editing prima. Ho provato a guardare alcuni tutorial su YouTube, ma è diventato troppo noioso, quindi ho fatto a modo mio. Comunque alla fine è andata bene!
Dove potremo vedervi esibire quest'estate e ascoltare live Chaise Longue?
Siamo state ingaggiate per suonare al Latitude - ammesso che si faccia - e all'Isle of Wight Festival. Saremo anche insieme agli Sports Team nel loro viaggio annuale in autobus a Margate. Apriremo alcune date del tour di Declan McKenna ad agosto e settembre, e ad ottobre quello di Willie J Healy.
C'è qualcuno a cui vorreste dedicare Chaise Longue?
Se dovessimo dedicare la canzone a qualcuno, sarebbe al nonno di Hester, che ha tappezzato la chaise longue che ora si trova nel suo appartamento. Ci piace molto, ne siamo grandi fan.
LEON FAUN - C'ERA UNA VOLTA
Come è nato C'era una volta, e cosa rappresenta per te e per il tuo percorso artistico?
C'era una volta è la classica frase con cui iniziano le fiabe, e riprende tutto il filone fantasy nel mio percorso. Allo stesso tempo, ho chiamato l'album C'era una volta perché è un racconto che parla di me. Ho cercato di raccontare frammenti della mia vita un po' più personali, cosa che ho sempre cercato di evitare nei miei pezzi precedenti. Alcuni pezzi in realtà ho iniziato a scriverli prima dell'emergenza Covid: da marzo 2020 in poi, ho poi sentito necessario "frugarmi" dentro.
Dal punto di vista musicale, come descriveresti questo progetto?
Faticoso, introspettivo, e di sfogo. La definizione fantasy rap, che mi hanno "affibbiato" i fan, in realtà mi è sempre stata un pochino stretta. Il percorso fantasy è stato più a livello visual con i video, che sono sempre stati una parte importante del mio percorso. Però per quanta riguarda la musica non c'è mai stata la volontà da parte mia di creare un genere nuovo: mi piace variare e sperimentare, e in questo disco ho provato a fare mille cose.
Tra qualche giorno ti vedremo sul grande schermo. Ci racconti di questa esperienza?
Gipi ha scritto questo racconto distopico La Terra dei Figli, che il regista Claudio Cupellini ha fatto suo con un film spettacolare. Sono felicissimo di questo progetto e di aver lavorato con Claudio, di cui ero già un grandissimo fan. In più, mi è stato molto di aiuto aver potuto lavorare con dei titani del cinema come Valeria Golino e Valerio Mastandrea: ho assorbito molto dagli attori del cast. Ancora prima della musica il mio sogno è sempre stato il cinema, una passione che cercherò di portare avanti per sempre, magari parallelamente. Un aneddoto sul film: sono stato preso prima ancora che uscisse Oh Cacchio, la traccia che mi ha portato al grande pubblico. La cosa assurda è che quella canzone è uscita proprio durante le riprese: io stavo girando il film e nel frattempo avevo fuori questo pezzo che stava esplodendo.
C'è una traccia che ha una bella storia da raccontare?
Ho scritto la title-track C'era una volta di getto, in venti minuti, che è una cosa che non mi era mai successa. Non andando sempre nello specifico su di me, e cercando sempre di costruire un immaginario, perdevo sempre molto tempo "sbrodolando" sul foglio alla ricerca delle parole perfette.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare C'era una volta?
A mio padre, che purtroppo non potrà mai vedere questo progetto alla luce. Sono convinto che questo progetto sia un portavoce di tutto ciò che ho assorbito. Lui vive in questo progetto ed è sempre stato per me una grandissima fonte di ispirazione, e non farei questo lavoro se non fosse stato per mio padre. Quindi è assolutamente dedicato a lui.
JACK SAVORETTI -EUROPIANA
Come è nato Europiana, e cosa rappresenta per te e per il tuo percorso artistico?
Europiana è la combinazione della musica che mi ha influenzato crescendo, da quando ero ragazzino fino ad adesso, che poi è la musica americana che si incontra con quella europea. Quando la musica americana attraversa l’Oceano ha sempre un effetto enorme sulla musica europea. Lo ha avuto quarant'anni fa, ce l’ha ancora oggi: e io in quest’album volevo far vedere proprio quel viaggio. Quando la musica soul, disco e funk si è incontrata con quella europea, fatta di nostalgia, malinconia, melodia e tradizione del cantautorato, si è creato questo suono che io chiamo Europiana, che ci ha dato artisti come Serge Gainsbourg, Julio Iglesias, Lucio Battisti, Patty Pravo, Giorgio Moroder, Abba, Daft Punk, Phoenix fino a Clara Luciani oggi. Io ho voluto fare una sorta di omaggio a tutta questa musica e a queste influenze che ho avuto nel corso della mia carriera.
Dal punto di vista musicale, come descriveresti questo progetto?
Europiana è il modo in cui lo descrivo. Non sono mai riuscito ad incasellarmi in un genere: non mi considero folk, non mi considero country, non mi considero rock, non mi considero pop, non mi considero latino, non mi considero rap, non mi considero hip hop, non mi considero jazz, però mi considero Europiana. Quindi quello che volevo fare con questo album era proprio esprimere quello che sono io musicalmente, non creare un genere mio ma dargli un nome.
In Who's hurting who, collabori con un'icona come Nile Rogers. Come è nato il featuring e com'è stato lavorare con questa leggenda?
Lavorare con un'icona come Nile Rodgers è una cosa che non so se riuscirà mai ad essere superata da altro. Anzi, i due momenti di quest’album di cui sono più fiero sono proprio le collaborazioni, quella con Nile Rodgers su Who’s Hurting Who e con John Oates su When You’re Lonely. Sono come miei eroi, e sono i due che veramente hanno portato la musica americana qua in Europa e hanno cambiato la faccia della musica europea. A John Oates ho chiesto di lavorare con me dopo una serata in cui avevo bevuto troppo. Mi sono messo a scrivergli su Instagram alle tre del mattino e mi sono svegliato agitato perché mi sono ricordato che avevo scritto a John Oates la sera prima! Fortunatamente mi ha risposto che anche lui voleva lavorare con me, e così siamo riusciti a fare una cosa magica assieme. Con Nile Rodgers la stessa cosa: volevo avere in un certo senso la sua benedizione su questo progetto, perché lui ha influenzato tantissimo la musica europea portando la disco dall’altra parte dell’Oceano, e quando lui ha accettato per me è stato come avere la benedizione del progetto intero.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare Europiana?
Non so se voglio dedicarlo a una persona in particolare. Lo vorrei dedicare alla musica europea, che secondo me ogni tanto non viene presa abbastanza sul serio, non le viene dato il giusto spazio. Non sono contro l’Eurovision, per niente, però non credo che sia una reale rappresentazione della musica che sta girando in Europa adesso. Ci sono degli artisti fenomenali con un suono altrettanto fenomenale che sono molto influenzati dalla musica europea degli ultimi cinquant'anni. Non stanno cercando di imitare la musica americana, non stanno cercando di imitare la musica di altre parti del mondo: stanno proprio celebrando la musica europea. Che poi questa sia influenzata da altre radici internazionali è assolutamente vero; ad esempio, possiamo trovare influenze di musica africana o di quella americana, però quando si incontrano con la nostalgia e la melodia tipicamente europee credo che si crei questo sound. Quindi voglio dedicare Europiana alla musica europea.
POLO & PAN - CYCLORAMA
Come è nato Cyclorama, e cosa significa per voi e per il vostro percorso artistico?
Cyclorama è stato creato in un sacco di tempo. Tutte le tracce provengono da creazioni che abbiamo iniziato in tour, durante il quale diamo costantemente vita a nuove idee. Quando abbiamo deciso di lavorare al secondo album, avevamo moltissime tracce tra cui scegliere e da provare a sviluppare. Il secondo album è sempre complicato per una band: nasce in condizioni abbastanza diverse, dal momento che abbiamo avuto tutto il tempo del mondo per Caravelle, mentre eravamo più sotto pressione per realizzare questo secondo disco. Ovviamente è stato un anno strano per tutti con la pandemia: ma immagino sia stata per certi versi una benedizione per il processo creativo.
Come descrivereste questo nuovo progetto, dal punto di vista musicale?
Non credo che abbiamo cambiato radicalmente la nostra formula. Stiamo ancora sfogando la nostra curiosità al fine di esplorare nuovi soggetti musicali e collaborazioni con le nostre personali tecniche di produzione e il nostro tipico stile di scrittura. L'evoluzione principale è forse un maggiore equilibrio tra sole e luna in questo album. Mentre il nostro primo album era decisamente solare e naive, questo secondo LP è più equilibrato e ci porta verso destinazioni più oscure: Tunnel, Requiem, Artemis...
State realizzando un bel progetto con la National Indian Child Care Association e il singolo Ani Kuni. Di cosa si tratta?
Ani Kuni è una canzone dei nativi americani che ha oltre 1400 anni. È un tributo alla nostra ninna nanna d'infanzia preferita, un inno senza tempo dei nativi americani che è arrivata in tutto il mondo, generazione dopo generazione,. Abbiamo pensato che sarebbe stato giusto condividere i proventi della traccia con un'associazione che sostiene i nativi americani quindi NICCA sembrava l'istituzione perfetta con cui collaborare. Il sostegno finanziario è solo una parte della nostra interazione con questa organizzazione: ci siamo per esempio impegnati a partecipare a programmi musicali per bambini non appena la situazione pandemica ce lo consentirà. Amiamo molto viaggiare e amiamo le vere collaborazioni: non vediamo l'ora di approfondire la nostra conoscenza della cultura dei nativi americani.
Avete collaborato con un altro dei nostri artisti preferiti, Channel Tres. Come è nata questa collaborazione?
La collaborazione è stata proposta da Chris e Jayjay, il duo del marketing musicale, che aiuta gli artisti a incontrarsi per creare interessanti collisioni musicali. Ci hanno proposto alcune idee all'inizio del 2020: Channel Très, a livello vocale, si è subito distinto rispetto agli altri. Abbiamo passato l'anno a scambiarci le strumentali dal lato nostro, e i vocals dal suo. È stato l'archetipo della creazione digitale!
C'è qualcuno a cui vorreste dedicare Cyclorama?
Nascoste dietro a ogni canzone, ci sono molte delle persone a cui vogliamo bene. Côme è una dedica ad Alex, il figlio di Pan. Feel good è una canzone che Paul ha scritto quando si è innamorato della sua ragazza Ayca. Les Jolies Choses è stata scritta da Alex per celebrare il suo amore per Chloe, mentre Artemis proviene da una melodia che suo padre suonava per lui alla chitarra. Bilboquet è una cover del nostro mentore musicale, Vladimir Cosma. L'album è pieno di connessioni con i nostri cari.
RACHELE BASTREGHI - PSYCHODONNA
Come è nato Psychodonna e cosa significa per te e per il tuo percorso artistico?
Psychodonna è una liberazione: un nuovo punto di partenza, e anche di arrivo. Parte da un'esperienza ventennale che ho fatto in un gruppo, e ho sentito l'esigenza di uscire dalla comfort zone e di mettermi alla prova in un modo più profondo, più personale e più intimo. Lo ritengo il primo disco a tutti gli effetti perché Marie era stato sì un lavoro personale, ma arrivava da una chiamata esterna e, dato il suo immaginario anni Settanta, proveniva da un mondo sonoro ben preciso: Psychodonna invece è un lavoro molto più libero, in cui ho messo in gioco tutte le influenze.
Come descriveresti questo progetto, dal punto di vista musicale?
Non sono molto brava con le definizioni: c'è della musica elettronica, della musica classica, e c'è una attitudine punk. Quindi direi: punk, drum machine e Bach.
Nel disco collabori con un'altra delle nostre artiste preferite, Meg. Ci racconti come è nato questo featuring?
Con Meg ci conosciamo da tanti anni e c'è una stima reciproca, per cui era da tanto tempo che aspettavo l'occasione giusta per fare qualcosa insieme. Tutte le altre collaborazioni del disco sono con donne, perché mi piaceva che Psychodonna racchiudesse tante sfaccettature dell'universo femminile. Ma ogni collaborazione è nata soprattutto con la musica: quando ho scritto quella parte, ci ho immaginato Meg. E ho detto: “O lei o niente”.
Finalmente torniamo a parlare di musica dal vivo, e oggi parte il tuo tour: da Genova a Roma, passando per il Santarcangelo Festival e il Festival di Villa Arconati, giusto per citare alcune date. Che show sarà?
Sarà uno show libero. Sono curiosissima e ho un po' di paura, ma le prove mi hanno entusiasmato. Non abbiamo particolari scenografie o luci, e le persone staranno sedute, ma le farò muovere dentro: mi muoverò io comunque, per me e per loro. In questo spettacolo mi voglio liberare, così come ho fatto nel disco: voglio continuare a vivere la musica ed esprimerla nel modo in cui amo farlo. Faremo tutto il disco e faremo anche dei pezzi vecchi di Marie, rivisitati in questa nuova chiave. Sarà un live molto potente musicalmente: la Psychoband - Mario Conte (co-produttore dell’album, alle tastiere e programmazioni), Marco Benz Gentile (basso, chitarra elettrica, synth e violino), Marco Carusino (basso e chitarra) e Leziero Rescigno (batterie) - è di uomini, perché in Psychodonna si parla di donne ma si parla anche di uomini.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare Psychodonna?
A tutte le donne.
FOLAMOUR - THE JOURNEY
Come è stato creato The Journey e cosa significa per te e per il tuo percorso artistico?
Dal mio primo album Umami, che chiudeva il capitolo della mia musica basata sui sample, ho deciso di puntare su un suono più strumentale, dal vivo e organico: qualcosa che è sempre stato il suono che volevo fare. Così ho deciso di imparare a registrare con gli strumenti, scrivere canzoni, testi e melodie vocali: questo album è il primo vero passo in quel nuovo mondo per me.
Come descriveresti questo progetto, dal punto di vista musicale?
È sicuramente un progetto impossibile da descrivere dal punto di vista musicale, perché è probabilmente uno dei più diversi ed eterogenei che abbia mai sentito! Passa attraverso jazz, breakbeat, soul, funk, pop, house, musica classica e altro ancora. Il legame tra tutti questi generi è nella mia storia e nel mio modo di fare musica che fa sempre confluire tutto insieme.
C'è una traccia che ha una bella storia da raccontare?
Direi che la maggior parte delle tracce ha un bella storia, nonostante alcune siano canzoni abbastanza nostalgiche o tristi, ma se dovessi sceglierne una sarebbe The Journey. Quando ho scritto la strumentale, sapevo di cosa volevo che parlasse la canzone, ovvero di immigrazione: perché la mia famiglia l'ha vissuta e anche io stesso qualche anno fa, ma non riuscivo a trovare la voce che avevo da qualche parte nella testa. Un giorno, rovistando nella musica, ho sentito quella voce: dopo un paio di chiamate, ho avuto modo di parlare con il cantante Zeke, ed è stato l'inizio di un'amicizia che è andata oltre al processo di collaborazione. Nel nostro rapporto tutto viene molto naturale, anche perché sappiamo entrambi come parlare dell'argomento.
Con chi (e come) hai collaborato?
Zeke Manyika, come detto in precedenza, in The Journey, il mio amico SG Lewis in Lost In Space e una delle mie cantanti soul preferite in assoluto, Tertia May, in Rue de Paradis. Oltre ai vocalist, ho lavorato con il mio amico Olivier alle trombe e Bastien Doremus alla parte di missaggio. Un team di all-star!
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare The Journey?
Questo album è dedicato a tutti coloro che si sentono apolidi, e a tutti coloro che sono effettivamente impegnati in un viaggio, che sia fisico o psicologico. Spero che questo album li aiuti a trovare la loro strada in quella oscurità che a volte attraversiamo quando cerchiamo una nuova vita.
MARGHERITA VICARIO - BINGO
Come è nato Bingo, e cosa significa per te e per il tuo percorso artistico?
Si tratta del punto di arrivo dopo due anni di lavoro, e tutta una serie di singoli che ho pubblicato in questo lasso di tempo. Avevo un disco datato ormai 2014: questo è il mio secondo album in studio e segna una rinascita. Ci ho lavorato tantissimo a Torino gomito a gomito con Dade, il produttore. L'ho chiamato Bingo perché vuole dare la sensazione di avercela fatta: il Bingo, se ci pensi, evoca delle situazioni sia un po' tragiche sia di gioia e adrenaliniche, e la mia scrittura è un po' così. Al di là del nome, l'ho fatto esattamente come volevo, e mi rispecchia totalmente.
Come descriveresti questo progetto, dal punto di vista musicale?
Lo descriverei multiforme, e da un certo punto di vista sperimentale. Bingo è sicuramente pop, però è il pop più libero che ci sia, quasi post-teatrale. Dal punto di vista prettamente musicale è difficile da descrivere: va da pezzi a piano e archi ad altri da ballare. Cerca un po' di fare un giro per il mondo.
C'è una traccia che ha una bella storia da raccontare?
Pincio era una canzone nata per essere voce e pianoforte, ed era un valzer in tre quarti. Ci abbiamo lavorato tantissimo, quasi un anno e mezzo, perché volevamo cambiargli vestito. Ed è pazzesco il risultato finale, qui si vede il lavoro del produttore: la canzone è sempre rimasta identica, però abbiamo cambiato arrangiamento e abbiamo preso un'altra reference. Pincio si è trasformata in un pezzo che è quasi da ballare. Penso che questo sia il bello di fare un disco: si parte da un'idea e si arriva da tutt'altra parte.
Finalmente si torna a parlare di musica dal vivo e quest'estate sarai in tour. Dove potremo ascoltare Bingo?
In tantissime regioni: purtroppo non tutte ma usciranno altre date. Da Torino a Milazzo vado praticamente dappertutto, anche perché quest'estate ho due tour in parallelo. Con Bingo Tour andrò a Bologna all'Oltre Festival, a Roma allo Spaghettiland a Villa Ada, al WOW Music Festival di Como e all'Apolide Festival, giusto per citare alcune date. Sarò anche in tour con l’Orchestra Multietnica di Arezzo per lo spettacolo/concerto Storie della buonanotte per bambine ribelli, che passerà per Roma, Milano, Cagliari, Arezzo e tante altre città.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare Bingo?
Bingo è dedicato a Mattia Torre, grandissimo regista e sceneggiatore oltre che mio carissimo amico, che purtroppo non c'è più . Ha creduto in me quando ero piccola: il disco è dedicato a lui, anche se non l'ha potuto sentire finito.
POTÉ - A TENUOUS TALE OF HER
Come è nato A Tenuous Tale Of Her, e cosa significa per te e per il tuo percorso artistico?
È stato un lungo processo di scoperta di sé, principalmente in solitaria: ho scavato più a fondo che mai in questo progetto. L'idea di crescita e progressione non era ciò che prendevo molto in considerazione quando ero più giovane: fare questo progetto ha aiutato a spalancare quella porta, prefiggendomi di vivere di più il momento, perché niente dura per sempre, soprattutto le cose più belle. Scrivere e pubblicare questo album mi ha reso più coraggioso anche nell'accettare le mie idee più stravaganti, fuggendo il giudizio delle persone su ciò che dovrei fare, e al contempo essere vero nei confronti di ciò che voglio creare.
Come descriveresti questo progetto, dal punto di vista musicale?
Un parallelo musicale a un'opera di Jackson Pollock: bello, ma selvaggio e pieno di colore. Tendo a evitare di provare a descrivere quello che produco, perché non lo faccio mai con l'intenzione di realizzare questo o quel suono, quindi davvero non ne ho idea. È quello che mi piace.
C'è una traccia che ha una bella storia da raccontare?
Poco dopo aver ricevuto la notizia della nascita di mia nipote, sono partito per una breve vacanza in Islanda a casa di Damon Albarn. Ogni mattina mi svegliavo presto, mi sedevo al pianoforte e suonavo: da lì è nato il riff di pianoforte e il ritornello per la traccia di fine album Together. Non avevo mai provato tanta gioia e amore per nessun altro. Quella idea, di un essere umano e del suo avvenire, mi conquistò completamente, quindi ho scritto una canzone per lei. Una canzone di speranza e di amore senza filtri.
Il tuo album è pubblicato da Outlier Record, l'etichetta di Bonobo. Com'è stato lavorare con una leggenda come Simon?
Avevo già finito, mixato e masterizzato l'album quando Simon l'ha ascoltato: ci siamo però sentiti parecchie volte durante la campagna di lancio dell'album per parlare di musica e di come io stessi in generale: una cosa che mi ha davvero aiutato. Pubblicare un album che ha dentro così tanto della mia vita è difficile: la preoccupazione che venga capito è sempre forte, quindi è fantastico avere uno come Simon che ci è già passato e parlarne anche con lui.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare A Tenuous Tale Of Her?
Questo album è dedicato a Suzi Winstanley e Remi Kabaka Jr, le due persone che hanno davvero visto qualcosa in me che io stesso non riuscivo a vedere, e mi hanno spinto continuamente a cantare e scrivere. Questo album sarebbe stato molto diverso senza il loro amore e supporto.
IMMANUEL CASTO - D!CKPIC
Come è nata D!CKPIC e cosa rappresenta per il tuo percorso artistico?
D!CK PIC esce dopo una pausa (forzata) di tre anni dall’ultimo disco e volevo innanzitutto riprendere le fila del discorso. Questo brano unisce le mie due anime artistiche: quella giocosa e quella più profonda, sensibile. Visti i temi che tratto forse potrà sorprendere, ma è sopratutto per la seconda che ho dovuto lottare - innanzitutto con me stesso - per trovare il coraggio di portarla in scena. Spero che chi ascolta questa canzone si diverta - ci sono scelte lessicali di cui vado molto orgoglioso! - ma che al tempo stesso ne apprezzi i momenti più intimi. Certo, è uno sfrontato sberleffo alla fastidiosa pratica delle cosiddette unsolicited dick pics, ossia l’invio di foto intime non richieste, ma parla anche del coraggio di mettersi a nudo, per davvero. Sarà che in vita mia di dick pics ne ho viste parecchie, ma ora ad impressionarmi è la capacità di mostrarsi vulnerabili.
Dal punto di vista musicale come descriveresti la canzone?
Il brano è un omaggio alle sonorità e alle melodie di Brian Ferry e David Bowie. Anche dal punto di vista musicale abbiamo cercato di riprendere quei mood utilizzando strumenti analogici e tecniche di registrazione distanti dalla freddezza del digitale, passando attraverso un mastering del brano che ne rispettasse le dinamiche, senza appiattirlo.
Con chi (e come) hai collaborato per la realizzazione di D!CK PIC?
La canzone è ispirata ad una poesia di Viviana Viviani: è stata scritta assieme al mio storico collaboratore Stefano Keen Maggiore e registrata nel suo nuovo studio di Bologna, avvalendoci della preziosa consulenza di Romina Falconi. Per le fasi di mix e mastering ci siamo affidati a Nicola Roda e Virginia Faraci del Donkey Studio e a Francesco Brini di Spectrum Mastering, due realtà sempre della zona e con cui collaboriamo da tempo. La Extreme Video ci ha invece accompagnati nella realizzazione del video clip. Ormai nostri partner dagli inizi, Marco Ristori e Luca Boni sanno esattamente come rappresentare il mio immaginario.
Nella traccia affronti in modo ironico una tematica che però è molto seria. Quanto è importante parlare ora di consenso e sessualità?
È enormemente importante; ma oltre che parlarne, serve educare. Si tratta di un lavoro di respiro generazionale. Serve fare educazione affettiva e sessuale. Il tema del consenso è appunto solo uno dei punti di questo tipo di educazione. Purtroppo però si tratta di argomenti ampiamente osteggiati, persino più che in passato. L’educazione nelle scuole viene combattuta perché si ritiene che “indottrini al gender o sessualizzi" i più giovani anzitempo, quando la sessualità - e il nostro rapporto con essa - è una realtà in formazione in ognuno/a di noi. La scelta non è tra sessualizzare o meno, ma tra riconoscere ed educare la sessualità, oppure negarla e condannare i giovani a crescere al buio, formandosi solo sulla pornografia, che non nasce certo come strumento didattico, sebbene di fatto le venga affidato quest’onere.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare D!CKPIC?
Nessuna persona specifica; forse perché la pandemia ha avuto un impatto molto negativo sulla mia libido. La dedico a tutte le persone che non vedono l’ora di tornare a celebrare la musica dal vivo. Anche quella è una forma di amore di cui sento tanto il bisogno.
FLOYD LAVINE - STORY TELLERS PT.2
Come è nato Story Tellers Pt. 2, e cosa aggiunge al progetto della tua etichetta?
Questo EP è stato creato in più parti, prima e durante il lockdown. Prima del lockdown la mia vita era piuttosto impegnata a causa del tour, e non avevo molto tempo per godermi tutti i momenti incredibili e le persone che ho incontrato sul mio cammino. Per capirci: mi sono sempre sentito riconoscente per la vita che ho vissuto e per essere stato in grado di fare ciò che amo, ma a volte ero così concentrato sul mio futuro che ho dimenticato di prendermi un momento per apprezzarlo davvero, e celebrare tutti i traguardi emozionanti raggiunti lungo la strada. Quando ho creato questo EP, stavo riflettendo sul senso della mia vita: volevo esplorare e trovare la mia propria visione e la verità, liberandomi dalle aspettative sociali. Credo che sia probabilmente un processo senza fine e che durerà tutta la vita, ma il lockdown mi ha dato lo spazio e il tempo per tirare fuori tutte queste emozioni ed esprimerle attraverso la mia musica. Dato che non c'erano concerti o viaggi in programma, passavo molto tempo in studio e ho prodotto così tanta musica che volevo creare inizialmente un album. Ma poi mi sono sentito ispirato e ho finalmente lanciato la mia etichetta Afrikan Tales, con cui volevo collaborare con la scena afro-futurista e raccontare storie africane uniche. Le prime uscite hanno lo scopo di plasmare il sound, la visione e la filosofia dell'etichetta. Mentre il primo EP, Story Tellers, è accessibile e più allegro, il sound del secondo è invece più crudo e sperimentale.
Dal punto di vista musicale, come descriveresti questa release?
Il mio obiettivo era quello di creare un sound afro-futuristico, qualcosa di mai ascoltato prima. Volevo espandere il paesaggio sonoro della musica house africana, pur mantenendo un DNA afro. La prima traccia, Mr. Bones, ha una forte connotazione per il dancefloor. Una cosa che mi piace è quando una traccia è semplice, ma anche speciale in un modo unico: ho voluto poi dargli quel tocco in più registrando la mia voce sulla traccia. Big Bad Guns è una traccia che definirei Afro Acid, che parla di violenza e bellezza che spesso coesistono nel medesimo spazio. Black Jesus è invece energica ma al contempo solare: la traccia è stata creata durante il lockdown, in un periodo in cui mi sentivo in trappola e ottimista allo stesso tempo. Religione e dottrina rappresentano per me sentimenti paradossalmente simili: ecco perché ho chiamato il brano Black Jesus.
C'è una traccia che ha una bella storia da raccontare?
La prima volta che ho suonato Black Jesus è stata durante una sessione di ascolto organizzata dal mio amico Dede a casa sua: alcuni produttori e artisti si erano riuniti per suonare ed esibirsi coi loro nuovi progetti. Con mia grande sorpresa, ho visto seduta in salotto Maayan Nidam, che è in assoluto una delle produttrici che più ammiro, ma non la salutai nemmeno perché ero troppo nervoso. Dopo aver ascoltato alcuni brani di altri produttori, fu il mio turno di suonare la mia nuova traccia. La reazione fu tragica: nessuno si muoveva né ballava e io ero distrutto... Ahah sto scherzando! Grazie a Dio andò diversamente: la sala è impazzita e tutti hanno adorato la traccia! Per di più, dopo sono riuscito finalmente a incontrare Maayan e stare un po' con lei: in seguito mi ha persino invitato a far parte di un evento che stava realizzando. Come artista, i momenti più difficili sono sempre quelli in cui presenti il tuo lavoro agli altri produttori. E non importa quanto cercherai di non curarti del giudizio degli altri: ti rende sempre felice ricevere un buon feedback, specialmente da persone che ammiri.
Big Bad Guns è un featuring con Thabo Sage. Puoi dirci qualcosa su questa collaborazione?
Thabo Sage è un liricista e cantante di grande talento, ma anche un mio vecchio amico. Abbiamo condiviso molte esperienze bellissime ed incredibili insieme in passato. Se ci ripenso, sono state esperienze controverse in un certo modo: ed è la sensazione che ho voluto creare con questa traccia. Insieme abbiamo dato vita a qualcosa che è insolito ma al contempo piacevole. Come ho detto prima, Big Bad Guns parla di come violenza e bellezza a volte convivono allo stesso modo spazio. Viviamo in un mondo meraviglioso, ma come esseri umani stiamo distruggendo il nostro pianeta: abbiamo la capacità di amare, e di ferirci a vicenda al contempo, ed è una cosa straniante per me. Quando ho ultimato le parti strumentali, sapevo che Thabo Sage avrebbe inventato qualcosa di unico, per mettere in risalto questa ambiguità. Thabo ha un modo davvero speciale di scrivere canzoni con ritmi non ortodossi: quindi era la persona perfetta con cui collaborare.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare Story Tellers?
Vorrei dedicare questo EP in primo luogo a tutti i creativi e alle persone di quei settori che sono stati particolarmente colpiti dal pandemia: sono consapevole del conflitto interiore che ho attraversato e che sto ancora affrontando durante questi ultimi diciotto mesi. Voglio dedicarlo anche alla mia sodale Ursula Thomas, che è stata la mia roccia e la mia ispirazione: per me poter contare sull'amore e su un forte legame è molto importante per la mia crescita. Dedico poi questo EP anche ai miei amici e alla mia famiglia. E infine a tutti gli Afrofuturisti! Dobbiamo continuare a sognare un'Africa che ama e condividiamo la nostra umanità con il mondo.
RAFFAELE ATTANASIO - NUOVO FUTURO
Come è nato Nuovo Futuro, e cosa rappresenta per te e per il tuo percorso artistico?
L’album nasce da una forte esigenza di rompere le righe della monotonia: eravamo proprio all’inizio della pandemia quando ho iniziato il percorso di produzione ed ero in uno stato mentale di forte irrequietezza. Nuovo Futuro è un passo nel futuro ma con un occhio al passato: è un obiettivo, un punto fermo della mia carriera da cui raccontare nuove storie. Ho avuto il piacere di lavorare con i miei amici e maestri d’armi Francesco Varchetta e Mario Urciuoli, con il quale ho definito il sound del disco, consegnato poi nelle sapienti mani di Jeff Mills. Rilasciare un disco su Axis Records è un po' il sogno di tutti quelli che vivono nel mondo della techno, mentre per il mio percorso artistico ho fatto quel passo in avanti che aspettavo da tempo; e Jeff ne è stato l’artefice principale perché sin dall’inizio ha creduto in me e nel progetto che ne sarebbe uscito fuori. Tengo a precisare che la mia carriera, come dj e produttore di musica techno, continuerà sempre.
Dal punto di vista musicale, come descriveresti questo progetto?
Dal punto di vista musicale posso dire che è stato impegnativo quanto semplice: impegnativo come tempistiche di produzione e semplice come concetto. Il concetto di base è l’improvvisazione, è stato voluto così. Se vogliamo parlare invece di generi non riesco a collocarlo in uno solo: può essere jazz elettronico, blues, progressive. Soprattutto progressive.
Qual è la traccia con una bella storia da raccontare?
Tutto l’album è una bella storia da raccontare, però uno dei momenti più adrenalinici è stato quando abbiamo fatto la prima sessione di missaggio a distanza - per colpa della pandemia - e mi sono ritrovato Jeff dall’altra parte dello schermo in webcam.
L'album esce per Axis, la mitica label del maestro Jeff Mills. Cosa significa per te questo riconoscimento da parte di una realtà così prestigiosa?
È un traguardo inestimabile: se poi penso che è il primo album della mia carriera la risonanza aumenta ancora di più. Jeff ha acceso la scintilla primordiale, ha saputo spronarmi e tirare fuori le mie incertezze, dato che era un progetto che centrava ben poco con il mio percorso artistico da dj produttore, anche se non con la mia vita da musicista.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare Nuovo Futuro?
Sì, lo dedico ad una persona molto speciale che purtroppo non c’è più.
DEMUJA - IN MY SOUL
Come è nata In my Soul, e cosa significa per te e per il tuo percorso artistico?
Con questa traccia ho cercato di fare qualcosa per il dancefloor ma che puoi anche ascoltare a casa: peraltro, essendo stata realizzata durante il lockdown, non ho ancora avuto la possibilità di testarla in un club. In My Soul ha inoltre la missione di portare il pubblico verso una nuova direzione, che è dove mi vedo in futuro.
Come descriveresti questa traccia, dal punto di vista musicale?
È una traccia piuttosto "classica" con influenze house, ma ho cercato di dargli un tocco in più. Pianoforti, linee di basso acid e classica drum machine 707, oltre che alcune vocals.
La traccia sarà nel tuo prossimo album, Period of Time. Puoi spoilerarci qualcosa sul tuo ultimo progetto?
Period Of Time è il primo passo verso qualcosa di nuovo. Per me è molto importante crescere, cambiare, provare nuova musica e nuove direzioni, e penso che Period of Time sia un perfetto assaggio di quello che sta arrivando. Oltre alla musica, c'è una trilogia completa di video musicali, con un'intera storia dalla parte 1 alla parte 3. Check it out!
Con chi (e come) hai collaborato?
Nell'album ho delle ottime collaborazioni, principalmente con persone con cui ho già lavorato. Larry Houl, con il quale ho già realizzato un paio di brani, Mr. Beale e per la prima volta con il grande tastierista Lorenz Rhode. Greg Barnes è la mente dietro i video musicali, un ottimo regista che lavora per Black Dog Film, l'agenzia di Ridley Scott. Oltre a questo potevo contare su un grande team, Frank Wimmer alla fotografia e Harry Morgan come produttore. Sono super felice del risultato e non vedo l'ora di mostrare a tutti l'intero progetto.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare In my Soul?
Se devo dedicarlo a qualcuno è a Diva, il mio gatto.
MONOLINK - UNDER DARKENING SKIES
Come è nato Under Darkening Skies e cosa significa per te e per il tuo percorso artistico?
Under Darkening Skies è soprattutto un album creato durante il lockdown. Un vantaggio di non essere potuto andare in tour è stato essere in grado di immergermi davvero nel processo di scrittura e registrazione. Per il nuovo album ho messo in pratica ciò che ho imparato e sperimentato negli ultimi anni, aprendomi a mostrare più sfaccettature di me stesso, delle mie canzoni e delle mie produzioni. In questa occasione c'è un accento particolare sui contrasti: ho composto e creato nuovi suoni che si contrappongono, forti e bassi, duri e morbidi.
Come descriveresti questo progetto, dal punto di vista musicale?
Penso che sia un seguito al mio album d'esordio Amniotic, nel senso che l'ascoltatore può passare dalla prima traccia di Amniotic all'ultima traccia di Under Darkening Skies e sapere cos'è Monolink. Ma il suono è in evoluzione: sia per quanto riguarda la produzione, sia per le influenze sonore.
C'è una traccia dell'album che ha una bella storia da raccontare?
La title-track Under Dark è una traccia per me molto speciale, mi accompagna ormai da un bel po' di tempo. L'ho suonata per la prima volta durante il mio set di apertura al Fusion Festival del 2015, che è tuttora uno dei miei show migliori e a cui sono più legato. Il cielo si è oscurato mentre la cantavo, e il testo della canzone sembrava manifestarsi in tempo reale in quel momento. A un certo punto è iniziata a cadere una forte pioggia, ma il pubblico è rimasto con me fino a quando il cielo non si è aperto di nuovo. È stato un momento magico.
Con chi (e come) hai collaborato?
Non ci sono collaborazioni di altri artisti nell'album. È stata una decisione consapevole, perché nei miei album sto ancora raccontando la mia storia. Sono decisamente aperto a inserire featuring in futuro, ma non mi sembrava ancora che fosse il momento giusto.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare Under Darkening Skies?
Vorrei dedicarlo a chiunque abbia ancora il tempo di ascoltare e vivere attivamente la musica. Sembra che sia diventata una rarità in questi giorni.
ALFA MIST - BRING BACKS
Come è nato Bring Backs, e cosa significa per te e per il tuo percorso artistico?
Bring Backs è stato registrato principalmente al Gizzard, nell'East London. Normalmente sono solito registrare con la band e tengo solo i take migliori: anche nel caso di questo progetto, il processo non è stato molto diverso.
Come descriveresti questo progetto, dal punto di vista musicale?
Le nove tracce di Bring Backs rappresentano nove diverse direzioni che mi interessano e che mi stanno a cuore quando si tratta di musica: spazia dal folk alla musica per quartetto d'archi, passando per hip-hop e jazz.
In Mind the Gap, collabori con un'altra delle nostre artiste preferite, Lex Amor. Come è nata questa featuring?
Conosco Lex Amor da qualche anno: quando le ho chiesto di partecipare alla canzone è stata una cosa dell'ultimo minuto, ma penso che lei fosse perfetta per quella traccia.
Questa è la tua prima uscita per Anti-. Com'è lavorare con un'etichetta con un roster così straordinario?
È molto bello e sono felice di farne parte. Sono davvero delle belle persone!
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare questo LP?
Sì, dedico Bring Backs a chiunque cerchi di andare avanti, e non sempre è facile. Bisogna celebrare le piccole vittorie!
ELASI - COCORICÒ
Come è nata COCORICÒ e cosa rappresenta per il tuo percorso artistico?
La musica di COCORICÒ è nata due anni fa in un pomeriggio di jam nello studio zeppo di synth del mio amico musicista Simone Manzotti. Il suo testo mi è comparso in mente poco dopo in una spiaggia libera ligure mentre raccoglievo mozziconi, vetri rotti e altri rifiuti con le mie amiche: “Lì c’erano conchiglie, ora solo siga e bottiglie. E se il mare sotto tutto questo male, ci smettesse di abbracciare?”. Ci ho messo poi tanto a terminarla ma ne è valsa la pena. Qualche mese fa ho ripreso in mano la pre-produzione insieme ai miei amici e compagni di band Plastica (Matilde Ferrari) e Braoboy (Emanuele Tosoni). Poi, d’accordo con la mia etichetta e dietro consiglio di Pinaxa - sound engineer di Battiato, Jovanotti e tanti altri grandi - ho lavorato alla produzione finale con un duo di producer che solitamente lavora oltreoceano: Kleak & Veebu. Il sound del pezzo ha raggiunto così, con loro e con Pinaxa al mix e master. Un livello per me ancora sorprendentemente inedito per il mio percorso fatto finora: non potevo chiedere un vestito migliore!
Dal punto di vista musicale, come descriveresti la canzone?
Dal momento in cui ho scritto i primi accordi del pezzo, sapevo di voler scrivere un pezzo pop-funk che potesse colorare la dancefloor o accompagnare le giornate di sole. È sicuramente influenzata dai miei ascolti di funk, dance ed elettronica americani o francesi: Earth, Wind and Fire, Jungle, Jamiroquai, Daft Punk. La linea melodica mi è venuta in mente in “finto inglese”, ma volevo assolutamente scriverlo nella mia madrelingua. Per me è interessante sperimentare l’italiano in questo tipo di mondo musicale. Senza volerlo, mi sono ispirata a Virtual Insanity dei Jamiroquai, anch’esso un pezzo pop-funk che ancora oggi balliamo spensieratamente, ma che ha un testo che parla di disgrazie a sfondo ecologico, di società egoiste e di follia virtuale.
Con chi (e come) hai collaborato per la realizzazione di COCORICÒ?
Per la musica, ho collaborato con le persone e gli amici che ti citavo prima: a distanza - da Milano a Valencia - con Kleak & Veebu per la produzione; con Pinaxa per il mix e il master; con Plastica, Braoboy e Simone Manzotti - tutti lavorano o hanno lavorato con me nei live - nella fase di costruzione della pre-produzione. Per il video, ho scelto di lavorare con due amiche del cuore, al mio fianco da sempre nel percorso artistico e nella vita: Vittoria Paglino come regista e Arianna Puccio come art director. Con loro ho fatto una grande ricerca estetica che potesse trasmettere il più possibile in pochi minuti il mondo onirico, surreale e futuristico che ho in testa quando scrivo la mia musica. Vittoria e Arianna in poco tempo hanno messo su una squadra di persone straordinarie per la realizzazione del video: il D.O.P. Lorenzo Zanoni, lo sceneggiatore Mattia Gradali, la stylist Camilla La Gala, la MUA Chiara Ottonello, gli hair stylist Maurizio Carruso Morreale e Gaetano Pane e tanti altri super-professionisti. Nei video e nelle foto è sempre importante per me la ricerca di abiti di designer emergenti e sperimentali che utilizzino in modo non convenzionale materiali innovativi o riciclati: ad esempio l’abito bianco di Amorphose all’inizio del video è fatto interamente di sacchetti di plastica e il cappello a forma di paguro è costruito su misura per me dalla designer Veronica Toppino. Amo sempre anche mescolare la mia musica con performance di artisti come quelle di Salvatore De Pascalis e Francesca Mariano, a fianco a me nel video. Inoltre, Laura Tura è la meravigliosa artista visiva digitale che ha lavorato alla post produzione copertina: la sua estetica sognante e disturbante si sposa molto bene con la mia.
Nella traccia affronti in modo ironico un problema molto serio. Come vivi il tuo impegno in difesa dell’ambiente?
Lo vivo in modo semplice, impegnandomi tutti i giorni a vivere nel modo più sostenibile possibile, per quanto non sia semplicissimo in una metropoli come Milano. Ad esempio, tra le piccole cose quotidiane che faccio: compro quasi esclusivamente abiti usati oppure faccio ricucire e riadattare miei vestiti vecchi da mia madre, che ha appena fondato un suo piccolo brand di abiti riciclati e riutilizzati: SimoBOOM. Compro meno possibile cibo o bevande in confezioni di plastica; stacco dalle prese i caricabatterie; quando vedo rifiuti abbandonati per terra, li raccolgo; uso poco la macchina, eccetera.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare COCORICÒ?
La dedico a chi vuole bene a questo pianeta ballandoci sopra con amore.
JIMOTHY LACOSTE - JIMOTHY'S HOUSE PARTY PACKAGE
Come è nato Jimothy's House Party Package e cosa aggiunge alla tua traiettoria artistica?
Ho creato Jimothy's House Party Package in base al tipo di musica house e musica elettronica che ho sempre voluto ascoltare ai party. A molte delle feste a cui andavo non la mettevano mai, quindi ho deciso di farla da solo per suonarla ai miei show! Adoro la musica house da quando ho quindici anni: ora ci sto cantando e rappando sopra, e mi diverto molto a farlo.
Come descriveresti questo EP, dal punto di vista musicale?
Nello specifico, la traccia Describe my life parla del mio 2020. Parla semplicemente di me, di come ho trascorso l'anno con tutto quello che è successo, le persone che ho incontrato e le decisioni che ho preso. In generale, l'EP è contraddistinto da un sound che è facile da ballare: è musica fatta per persone che vogliono soltanto muovere la testa e ballare.
Per questo EP, con chi (e come) hai collaborato?
Con nessuno, ci sono solo io. Sono ancora in una fase sperimentale con la new house: il mio sound è un po' più "morbido" di quello che c'è in giro in questo periodo, quindi sto ancora cercando di capire chi ci starebbe bene sopra, perché è appunto un sound abbastanza unico. Però sarei davvero entusiasta di future collaborazioni.
Hai uno stile incredibile e unico. Quali sono le tue principali fonti di ispirazione?
Mi ispiro alla musica house, sia quella nuova sia quella più classica: mi piace mescolare e abbinare le diverse sonorità. L'ispirazione viene dall'ascolto di musica garage di quando ero molto giovane e, da un po' meno giovane, tanta house: un po' di tutti i tipi, da quella britannica a quella elettronica parigina. Anche il funk anni Ottanta e l'hip hop americano trash, che però in realtà non è affatto trash.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare Jimothy's House Party Package?
Questo album non lo dedico a nessuna persona in particolare, ma lo dedico al 2020, soprattutto la canzone Describe My Life. L'anno trascorso è stato come un gigantesco film per me, sono successe molte cose e ho incontrato molte persone. Describe a Blackbox è invece dedicata ai tre anni in cui non ho commesso infrazioni per eccesso di velocità in macchina. Spesso gli altri guidatori dietro di me sono furiosi per questo, anche se io sto semplicemente attenendomi alle regole!
POPA - PSICOMAGIA
Come è nata Psicomagia e che traiettoria ha il tuo nuovo progetto POPA?
L’idea di scrivere un pezzo come Psicomagia è nata osservando come i nostri amici e conoscenti hanno trascorso gli ultimi mesi: tra amori su Zoom, sughi pronti di Barilla, pellicole di Jodorowsky, l’astrologia e i tarocchi interrogati quotidianamente sulla vita e sull’amore, e pietre e statuine messe lì a controllare flussi di buona e cattiva energia! È curioso, ma è come se in un periodo così nebuloso e con così poche certezze, in tanti abbiano cercato delle risposte al di fuori di ciò che è tangibile e spiegabile. Da questo concetto è nata la prima bozza del testo della canzone, a cui sono seguite le prime note, gli accordi, fino al complesso arrangiamento finale che si ascolta oggi. Il progetto POPA è la mia prima esperienza musicale: lavoro da anni come designer nel campo della moda, ma ho sempre avuto una grande passione per la musica. Accorgermi di quanto il processo creativo di disegnare un abito sia simile a quello di creare una canzone, mi ha fatto venire tanta voglia di provare a fare musica: quando penso a una canzone infatti, prima visualizzo nella mia testa a che tipo di abito vorrei assomigliasse. Poi, con questa visione ben chiara, comincio a lavorarci.
Dal punto di vista musicale, come descriveresti la canzone ?
Psicomagia tesse un fil rouge narrativo che collega la leggerezza degli anni del boom economico con le crisi esistenziali post-pandemiche, il cocktail di gamberi e le costellazioni familiari. Volevo richiamare le sonorità della golden-age italiana, quella in cui a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta raffinate pop songs cominciarono a vestirsi di funk e disco music. Per ottenere questo risultato c’è voluto molto tempo, tre mesi circa: anche perché, proprio come si faceva in quegli anni, abbiamo deciso di non utilizzare nessun suono finto o computerizzato, ma solo strumenti veri suonati da grandi musicisti!
La canzone sarà inclusa nel tuo concept album in uscita nel 2022. Ci puoi svelare di cosa si tratterà?
Per adesso, in maniera molto naturale, sto pensando alle canzoni che andranno a comporre un vero album, una canzone alla volta. È una modalità molto stimolante, perché più che fare un disco pensato a tavolino ho la sensazione di scrivere un diario, raccontando una storia che cambia giorno per giorno così come cambiano i nostri umori a seconda dell’epoca in cui viviamo. Questo mi consente di rimanere sempre in contatto con la realtà e di raccontare davvero la quotidianità. In ogni caso, guardando anche alle canzoni a cui sto lavorando in questo periodo, senz’altro individuo delle costanti: mi ispirano spesso alcune figure caratteristiche, personaggi a loro modo iconici che ho incontrato qui, ognuno con una storia molto interessante. Parto da questi personaggi per raccontare il paese stesso, con le sue piccole manie, gli slanci e le debolezze. Nel parlare dell’Italia utilizzo la mia prospettiva, quella di una ragazza che viene da un paese così diverso come la Lituania, e forse il mio punto di vista è più leggero e romantico del vostro, in cui spesso vedo e sento tanto cinismo e disillusione, ma credo sia normale: spesso non ci si rende conto di quanto sia bello ciò che si ha finché non lo si perde!
Con chi (e come) hai collaborato per la realizzazione di Psicomagia?
Il pezzo, prodotto e arrangiato da Carlos Valderrama, è stato registrato tra Napoli, Milano e Rotterdam dal gruppo di musicisti di Fitness Forever e Nu Guinea. Il testo è stato scritto con la collaborazione di Victoria Genzini, che ha da poco fondato a Milano un’agenzia creativa, Salotto Studio, con Antonio de Martino e Clementina Grandi. Salotto Studio è parte fondamentale di questo progetto, sono stati loro i primi a credere che davvero potessi fare musica e curano dall’inizio la produzione e la direzione artistica Il video invece è stato diretto da Ghila Valabrega, talentuosa regista e appassionata di esoterismo. È intrigata dal poter raccontare un nuovo e più leggero modo di parlare di energie e rituali di purificazione. Questo sodalizio innesca una serie di incontri “psicomagici”, come quello con la casa di produzione Basement che ha co-prodotto il video, che è alla fine è quasi un fashion film in cui viene dato spazio a tanti giovani creativi. Dentro troviamo le artiste Miss Goffetown e Lula Broglio, i designer Gentile, Genevieve Xhaet, Vincent Vintage Bijoux, Ding Yi, e 20134 Lambrate Vintage.
RAMPA - THE CHURCH (MONDAY DREAMIN' BLUE EP)
La tua traccia The Church è inclusa in Monday Dreamin' Blue EP. Puoi dirci di più su questo ultimo progetto di Circoloco?
Ormai non è più un segreto. Da tempo si ponderava l'idea di lanciare l'etichetta e sono felice che il progetto si sia finalmente trasformato in realtà. Quando abbiamo pubblicato il primo vinile con Circoloco e Toiletpaper nel 2019, girava già l'idea che Circoloco potesse dare vita anche a una sua etichetta musicale. Le cose buone richiedono tempo, e con Rockstar la combinazione è perfetta, visto che la musica, soprattutto quella underground, ha una valenza molto importante per loro: e per quanto mi riguarda è ovviamente fantastico farne parte.
La traccia ha dei vocals pazzeschi. Come descriveresti The Church, dal punto di vista musicale?
Non riesco molto a descrivere la musica a parole. Ma è andata più o meno così: Antonio mi ha chiesto una traccia e io volevo creare qualcosa che desse quell'atmosfera, da "chiesa" appunto, che si prova quando si entra a un party del Circoloco. Quindi ho iniziato con la sonorità di un organo e poi sono andato ad aggiungere un layer alla volta. Volevo mantenere un sound che non fosse niente di "diverso" o "inaspettato", ma che fosse quello raffinato tipico di Rampa, così come lo si conosce dagli ultimi sei anni di mia residenza al Circoloco.
Se non andiamo errati, gli appassionati di GTA hanno già ascoltato The Church a Cayo Perico Beach. Come è nata la collaborazione tra Keinemusik e Rockstar?
Sì, abbiamo incluso una versione leggermente diversa di The Church nel update di Cayo Perico Beach, per la nostra missione DJ a GTA online. Ho conosciuto Sam - il fondatore di Rockstar - alle feste del Circoloco; è un vero appassionato di musica, l'ho visto un paio di volte in mezzo al dancefloor mentre si stava sempre divertendo un sacco! Un giorno ci ha chiesto di suonare a una festa e abbiamo subito avuto un'ottima connessione; abbiamo parlato molto di musica, skateboard e vibe. Quando mi ha chiesto se volevo far parte del gioco GTA, è stato dunque uno sviluppo molto naturale - e ovviamente anche eccitante [ride, ndr]!.
Circoloco è diventato una referenza non solo per il mondo della musica elettronica underground, ma anche per quello della moda. Perché pensi che il marchio sia diventato un luogo d'incontro così importante tra questi due settori?
Ho vissuto il Circoloco come un luogo di incontro per tutto e tutti. È il posto dove stare, incontrarsi, uscire e divertirsi. Moda e cultura musicale sono sempre andate di pari passo e si sono influenzate a vicenda, quindi per me è abbastanza naturale che Circoloco sia come brand, sia come lifestyle, sia una referenza anche nel mondo della moda. Inoltre, penso che molti progetti in generale poggino le loro fondamenta sull'amicizia e su una buona vibe - e una buona parte di questi progetti probabilmente ha preso il via nel backstage del DC10.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare The Church?
Sì, ovviamente ad Antonio, Sam e a tutta la banda. Non vedo l'ora di tornare a fare festa tutti insieme...
NOYZ NARCOS FT. KETAMA126, SPERANZA - GUARDAMI ADESSO
Come è nata Guardami Adesso e il featuring con Ketama126 e Speranza?
Guardami Adesso è nata durante la lavorazione del mio album, in una villa in Italia in cui abbiamo prodotto la maggior parte dei pezzi che saranno nel mio prossimo lavoro. A un certo punto ci siamo ritrovati in casa svegli solo io e Piero (Ketama126, ndr) e non sapevamo bene come occupare il tempo. L'abbiamo occupato nella maniera migliore, visto che ci siamo messi a lavorare su questa produzione di Sine ed è venuto fuori un pezzo che è una bomba. Il “La” per questo pezzo l'abbiamo dunque dato io e Ketama126: avendo entrambi già collaborato con Speranza, abbiamo poi pensato di coinvolgerlo, e Ugo ci ha mandato subito la sua strofa. Credo che in Italia ci sia bisogno di questo tipo di rap e di pezzi di questo calibro perché, senza voler togliere nulla agli artisti di oggi, penso che si sia un po' persa la brocca con la musica che sta girando, e che si sia presa una deriva un po' diversa rispetto a quello per cui questo genere è nato.
L'uscita del pezzo sarà accompagnata da una web serie di brevi documentari. Puoi raccontarci di che si tratta?
Sarà una serie di tre episodi che uscirà sull'Instagram di Noisey a partire dall'8 giugno, con interviste dietro le quinte agli artisti: si tratta di un focus sul video di Guardami Adesso, che porta l'ascoltatore dentro al progetto. In un momento in cui tutto il ciclo della musica è molto veloce, penso sia una cosa positiva approfondire gli aspetti di un'uscita: a maggior ragione in questo caso, che abbiamo un video girato da No Text Azienda interamente in pellicola, cosa abbastanza rara e complicata in questi tempi di musica spazzatura fatta di plastica. Tra l'altro, è un ottimo modo per dare il giusto merito a chi ha lavorato dietro alla macchina da presa! Per me, che vengo da un mondo del tutto analogico, vale sempre la pena fare questo tipo di approfondimenti, quindi grazie ai ragazzi di Noisey per questo focus.
Il videoclip è stato realizzato in partnership con Havana Club. Come nasce questa collaborazione?
Havana Club era già stato partner di un paio di festival che abbiamo fatto con Propaganda e ci eravamo trovati molto bene. Si tratta di una di quelle collaborazioni che nascono spontaneamente, anche perché è molto in linea con quelli che sono i nostri gusti: è molto più naturale di ciò che si possa pensare, visto che è un prodotto che si sposa molto con quella che è la nostra indole e le nostre esperienze di vita da sempre. Da "pischello" che viveva a Centocelle, passavo la gran parte delle mie estati romane a Trastevere: ed era immancabile nel mio giacchetto North Face una bella bottiglia di rum.
Guardami Adesso sarà incluso nel tuo prossimo album. Ci puoi già svelare qualcosa sul tuo nuovo progetto?
Sul mio disco ho la bocca cucita e purtroppo non posso spoilerare niente. Quello che posso dire è che è un gran bell'album, e se abbiamo aspettato così tanto per farlo uscire è solo perché purtroppo i tempi non ci permettevano di fare altrimenti. Guardami Adesso comunque è l'assaggio perfetto di quello che sarà il mio disco: quindi, se sarà apprezzata quest'uscita, l'album sicuramente andrà bene.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare Guardami Adesso?
Guardami Adesso nella fattispecie no, perché è un pezzo abbastanza hardcore: il mio disco invece penso proprio di volerlo dedicare a mio padre, che da poco è venuto a mancare.
IKRAM BOULOUM - HA-BB5
Come è nato Ha-bb5, e cosa rappresenta per te e per il tuo percorso artistico?
Ha-bb5 è uno dei progetti più importanti che ho realizzato finora. Rappresenta un prima e un dopo nella mia carriera, perché è la prima volta che metto la mia voce in un progetto mio nella mia lingua madre, l'Amazigh. L'EP nasce dal mio impeto di catturare, raccontare e svelare tutta una serie di preoccupazioni che hanno a che fare con il mio patrimonio culturale e la mia identità.
Musicalmente parlando, come definiresti questo progetto?
È un progetto dagli spunti pop, che viaggia tra l'estetica della musica marocchina e il suono del club. Ha una narrativa molto concettuale che in sostanza porta musica e voce ad esplorare oltre i limiti convenzionali di ogni genere. Ha anche molti simbolismi che gli fanno avere un immaginario di referenti e ampie connessioni.
C'è una traccia che ha una bella storia da raccontare?
Tutte le canzoni dell'EP hanno molto carattere. Alcune hanno un'aura malinconica come potrebbero essere Henna e Meime, altre sono più trasgressive e determinate come Ineia e The Game. Ma la quarta traccia dell'EP, Nhara, è un manifesto per le sorelle di terra, di origine e di sangue. Ha una forza genuina che riflette rapidamente l'emotività della fratellanza, e per me questo evoca qualcosa bello e genuino!
Con chi (e come) hai collaborato per realizzare Ha-bb5?
Sono tante le persone che hanno reso possibile l'uscita di questo EP: il mio primo complice e uno dei più importanti, è stato Mans O, che è il produttore dell'EP e curatore dell'etichetta So Urgent, dove è uscito Ha-bb5. David M. Romero mi ha aiutato a plasmare l'immaginario visivo dei lyrics video, di cui Sara V. Mallo ha curato la grafica e Marcos Oteize la post-produzione. Ana Larruy è stata incaricata di immortalare le fantastiche foto di copertina dell'EP e del singolo, mentre Aida Belmonte e Lidia Gonzalez Beltran sono state le realizzatrici del videoclip, con un team fantastico. Nulla sarebbe però stato possibile senza il mio management Double Body, che ha supportato, accompagnato e consigliato tutto l'iter.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare l'EP?
Lo voglio dedicare alle mie sorelle Naual e Oumayma e a mio fratello Omar. Allo stesso modo, a tutte le persone che hanno un'identità culturale meticcia!\
BLUEM - NOTTE
Come è nato NOTTE, e cosa rappresenta per te e per il tuo percorso artistico?
NOTTE è nato da una settimana di sfogo, in cui ogni giorno mi confrontavo con una parte diversa di me e di ciò che stavo vivendo in quel momento. È stata una sfida, ma anche una continua rivelazione. Nel mio percorso artistico, penso rappresenti il momento in cui ho finalmente trovato il modo in cui volevo comunicare con me stessa e con chiunque volesse ascoltare.
Dal punto di vista musicale, come descriveresti questo progetto?
Essenziale. Ho una tendenza, sia come cantautrice che come produttrice, a utilizzare poche parole e pochi elementi. Mi piace immaginare la mia musica come una stanza enorme, in cui ogni cosa presente all’interno è distante dalle altre e ha ampio spazio per respirare. In questo progetto in particolare, in cui ogni brano è stato impostato nell’arco di una giornata, sono voluta rimanere molto fedele a quella prima impostazione e non c’è niente che non sia strettamente necessario.
Qual è la traccia con una bella storia da raccontare?
VENERDÌ. È una storia che si racconta da sola ed è una traccia che è passata attraverso me, ma di cui mi sento solo un’umile servitrice. È anche l’anello che congiunge la parte musicale di NOTTE a quella visiva. La voce parlata di mia nonna paterna, presente nel brano, è tratta da un documentario sulla Sardegna intitolato Isole, a cura di mia sorella, Francesca Floris e di Kristijonas Dirse.
Con chi (e come) hai collaborato per la realizzazione dell'EP?
Musicalmente parlando, ho lavorato alla produzione del progetto con Simone D’Avenia, che mi supporta dal primo brano che abbia mai scritto. Simone è l’orecchio fresco che vado a cercare dopo che ho passato settimane chiusa in casa a scrivere e a produrre e sono diventata completamente insensibile alla mia stessa musica. È paziente e mai invadente. Mi sento di citare anche il mixing engineer Enrico Berto, anche lui presente dai primi brani, perché creativamente è stravagante almeno quanto me e nel processo del missaggio tiriamo sempre fuori delle cose molto interessanti. Ultima ma non meno importante, Jasmine Färling, fotografa finlandese. NOTTE è accompagnato da un lavoro visivo che ho curato personalmente e che è parte integrante del progetto. Ho disegnato e realizzato uno scenario per brano e nessuno poteva scattarli meglio di Jasmine. Con lei, Marcella Massidda (MUA) e Marco Fois, che ha curato lo styling insieme a me.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare NOTTE?
Vorrei dedicare NOTTE a mia nonna paterna, con cui questo progetto è stato uno scambio continuo, e che proprio il 27 Maggio avrebbe compiuto gli anni. Ovunque lei sia, spero che sappia che le sono eternamente grata.
SIMPLE SYMMETRY - SORRY! WE DID SOMETHING WRONG
Come è nato Sorry! We Did Something Wrong, e cosa significa per voi e per il vostro percorso artistico?
Ad essere onesti è stato un viaggio lungo: ci sono voluti quasi tre anni per portare a termine il lavoro. Paradossalmente, il lockdown in qualche modo ci ha aiutato a finire tutto. Produciamo musica da dancefloor e dobbiamo la nostra fama principalmente a produzioni di questo genere. Quindi l'idea era di fare un LP per l'ascolto, con vere e proprie canzoni e usando strumenti musicali tradizionali, con l'aggiunta di sintetizzatori e drum machine. Questo disco è una specie di dichiarazione per noi: “Guardate, possiamo fare anche canzoni oltre che brani da club”.
Come descrivereste questo progetto, dal punto di vista musicale?
Per molti versi, si basa sui nostri ricordi musicali d'infanzia. Ascoltavamo molto i Beatles da bambini, e ciò ha senza dubbio instillato in noi l'amore per le melodie e il suono psichedelico. Il fatto è che abbiamo sempre cercato di utilizzare alcune di queste tecniche nella produzione della nostra discografia, ma erano molto limitate dalle restrizioni di genere. Quindi abbiamo deciso di fare qualcosa di diverso e siamo andati in un'altra direzione.
Quale traccia ha un bella storia da raccontare?
Oh Lord: Volevamo trasformare un beat elettronico e un demo di chitarra che avevamo e renderli più "live". Il cantante e compositore che è possibile ascoltare nella traccia è il nostro amico - che vive a Berlino - Gil Abramov, della band garage punk Balagan. Alla batteria c'è invece Iggor Cavalera, ex membro del gruppo metal brasiliano Sepultura. Siamo grandi fan dei Sepultura da quando eravamo bambini e siamo onorati di averlo in questa traccia. La sostituzione della chitarra demo che avevamo preparato per synth e mellotron è stata l'ultima modifica. Questa canzone è sopravvissuta a molti cambiamenti, ma ci piace molto il risultato finale. C'è anche una bella storia dietro Sim Sim Sim. Abbiamo trascorso le vacanze in un piccolo villaggio in Brasile, chiamato Trancoso. Ogni giorno intorno alle 18:00, i grilli locali iniziavano a frinire: "sisisisi", un suono che si schiantava come un'enorme e meravigliosa onda sonora, perché c'era davvero una moltitudine di questi grilli ovunque, nell'erba, nei cespugli, tra gli alberi. Così il settimo giorno ho preso il telefono e ho iniziato a registrare quella strana cassa data dal suono dei grilli. È così che è iniziata questa canzone, che si è conclusa con la voce di Abrão - cantante israeliano della band post-punk underground Kafka, che si è spesso esibita nella zona di San Paolo durante gli anni '80.
Con chi (e come) avete collaborato per la realizzazione di questo LP?
Tutta la storia di questo album è basata sull'amicizia e le collaborazioni, dato che molti grandi musicisti hanno preso parte alla registrazione di questo progetto. Anche la geografia di chi ha contribuito è molto ampia: Australia, Israele, Germania, Brasile, giusto per citarne alcuni.
C'è qualcuno a cui vorreste dedicare Sorry! We Did Something Wrong?
Non abbiamo mai pensato a nessuna dedica durante il processo creativo, ma dopo che ci hai fatto questa domanda abbiamo entrambi pensato ad Andrew Weatherall, scomparso lo scorso anno, che è stato una parte importante del nostro immaginario estetico, nonché un'importante fonte di ispirazione. In realtà una delle tracce dell'album, The Yes Tune, ha un piccolo collegamento nascosto all'universo di Weatherall: è basata sulla traccia The No Tune dei Cowboys International, che era la traccia di apertura del suo programma mensile su NTS.
ERNIA - GEMELLI (ASCENDENTE MILANO)
Come nasce l'idea di ascendente Milano, e cosa aggiunge al progetto?
Ho iniziato a scrivere ascendente Milano praticamente quando Gemelli era uscito da una settimana: non sapevamo se avremmo fatto live, e gli instore non ci sarebbero stati causa Covid: così mi misi subito al lavoro non sapendo, con gli ostacoli che la pandemia ci poneva davanti, come sarebbe andato l’album. Alla fine il disco è andato bene ed io ho tenuto i pezzi nuovi che avevo per farli uscire con più calma.
Dal punto di vista musicale come descriveresti i cinque inediti?
Mi sono fatto ispirare dai miei tanti ascolti: nella nuova versione si possono trovare varie reference e musicalità che gli appassionati di ogni sottogenere urban ritroveranno. Fare un disco che segua un solo filone musicale, una sola corrente, mi annoia e trovo che non mi dia spazio espressivo: il titolo Gemelli viene un po’ da questo, un’anima musicale plurale.
Qual è la traccia che ha una bella storia da raccontare?
La prima volta si ispira a Wet Dreamz di J. Cole, una hit che ha quasi una decina di anni ormai, e parla appunto della prima volta a letto: ascolto da anni il pezzo di J. Cole finché a novembre mi son detto che volevo raccontare la mia.
Collabori per la prima volta con i 2 Rari, esordienti assoluti. Ci racconti qualcosa di questo nuovo nome e di come è nata la collabo?
Li ho visti la prima volta circa un anno fa, dopo che hanno vinto un contest per Redbull che in palio aveva un beat del mio amico producer Night Skinny. Guardandoli notai subito che erano diversi, avevano già un loro timbro stilistico e, al contrario di tanti giovani della loro età, non seguivano nessuna moda, facevano quello che gli piaceva fare: rappano in maniera pulita, quasi cruda e parlano di sé e della propria vita in provincia, non fingono di essere quello che non sono. Quando li ho contattati si son dimostrati due ragazzi educatissimi, mai una parola di troppo e a me questo piace: i giovani rapper dopo qualche piccolo successo si atteggiano a superstar, loro invece prendono con umiltà le opportunità che gli vengono offerte senza dire beh.
C'è qualcuno a cui vuoi dedicare ascendente Milano?
Dedico ascendente Milano al quartiere dove ho passato l’adolescenza: il quartiere Gallaratese a Milano e ai ragazzi con i quali ho condiviso i miei primi anni. Questo ultimo anno ha rappresentato un punto di arrivo per me e qui c’è tanto di loro.
ERIKA DE CASIER - SENSATIONAL
Come è stato creato Sensational e cosa significa per te e per la tua traiettoria artistica?
Come la maggior parte dei processi creativi, ha avuto i suoi alti e bassi: momenti in cui pensavo di farlo per me stessa, e periodi in cui dubitavo di tutto. È una raccolta di brani che ho realizzato dall'uscita del mio primo album Essentials nel 2019, quindi è abbastanza tempo per attraversare molti stati d'animo diversi. Sento che ogni canzone è composta da frammenti di esperienze e stati d'animo diversi che ho messo insieme. Credo che avessi bisogno di tirarmi su il morale e scrivere qualcosa di empowering durante il lockdown. Ho imparato che è una parte importante della propria traiettoria artistica anche il lasciar andare la propria musica e darle nuova vita attraverso l'ascoltatore. È bello poterlo fare per andare avanti e iniziare a scrivere nuova musica.
Come descriveresti questo progetto, dal punto di vista musicale?
Direi che si può definire un progetto R'n'B con riferimenti a molti generi musicali diversi: house, garage, triphop, dubstep, rock, soul, classica eccetera. E l'estetica ha un'influenza dalla cultura pop sia degli anni 2000 sia contemporanea.
Quale traccia ha un bella storia da raccontare?
L'idea del tappeto musicale di Friendly mi è venuta dopo aver fatto un sogno in cui c'erano foreste pluviali, cascate e campi verdi di erba. Penso che aver passato il lockdown in città mi abbia fatto apprezzare la natura e l'intimità in un modo completamente nuovo.
Con chi (e come) hai collaborato?
Ho collaborato con il mio amico Natal Zaks che ha co-prodotto molte delle tracce dell'album. Dopo le prime produzioni, ho pensato che Natal sarebbe stato perfetto per lavorarci su, perché ha il mio stile ed è uno dei più grandi compositori che conosco. Una volta che ho avuto un sacco di canzoni ce le siamo vicendevolmente mandate più volte, e infine ci abbiamo lavorato su dal vivo a Copenhagen e Aarhus, dove abbiamo ultimato quello che ora è Sensational.
C'è qualcuno a cui dedicheresti Sensational?
Ci ho pensato su parecchio: perché tantissime persone hanno influenzato la mia scrittura per questo disco: dagli amici alle relazioni passate, passando per la mia famiglia e altri artisti a cui guardo. Non l'ho fatto per una persona sola. Vorrei dedicarlo a chiunque abbia bisogno di coraggio: essere vulnerabile, difendersi, perdonare, lasciarsi andare, e sorridere. :)
CLAUDYM - TEMPO
Come è nata Tempo e cosa rappresenta per te e per il tuo percorso artistico?
Tempo è nata una mattina di quest’estate: mi sono svegliata con in testa parte della melodia delle strofe e l’ho subito registrata nelle note audio del telefono. L’ho poi portata in vacanza, tra le varie tappe di un viaggetto in Italia, e sono riuscita a concluderla solo sul treno di ritorno. Per me questo brano è una sorta di “manifesto” personale - anche se sembra esagerato visto che il mio percorso artistico è proprio agli inizi - grazie al quale voglio liberarmi di una serie di paragoni musicali, forse un po’ prematuri, che mi hanno dato in questi mesi e mostrare le mie varie sfaccettature.
Qual è la storia della traccia?
In Tempo parlo di cose non dette, e di tutti quei rapporti che non viviamo fino in fondo. Presi dalla frenesia quotidiana, non ci rendiamo conto dell’imprevedibilità della vita e di quanto sia importante non rimandare e, anzi, agire subito. È come una sorta di esortazione personale a viversi il presente al 100% e concedersi alle emozioni, ai sentimenti.
Dal punto di vista musicale, come descriveresti questo progetto?
Penso sia un progetto ricco di contaminazioni. Volevo che emergessero le mie varie contraddizioni, personali e musicali, e le influenze che caratterizzano la mia musica. C’è un po’ di elettropop, hyperpop, dream pop, e una piccola radice trap. È un brano “caotico” come me - in modo spero positivo - nella musica, nel testo e nelle emozioni che escono in quei 3 minuti.
Con chi (e come) hai collaborato per la realizzazione di Tempo?
Alla realizzazione del brano ho lavorato con Mastermaind (Stefano Breda), Andrea Scarpa e Domenico Cambareri. Stefano è il producer di tutti i miei singoli usciti fino ad adesso: è molto bello lavorare con lui perché c’è molta sintonia a livello musicale e soprattutto grande libertà. È un professionista che non si impone, anzi: si è sempre messo a disposizione completamente per far suonare i pezzi come li immaginavo io, e questo approccio mi è sempre piaciuto tantissimo perché mi ha dato modo di sperimentare e di ritrovare sempre me stessa nelle produzioni sulle quali lavoravamo. Per quanto riguarda il video, invece, ho seguito la regia lavorando con Stefano Etter (DOP) e René Olivo (editor). Sono grata di poter collaborare con persone che mi danno fiducia, supporto e che credono nelle mie idee. Sento proprio l’esigenza di esprimermi con tutte le forme di comunicazione che ho a disposizione, e sono fortunata ad avere un team che mi aiuta a farlo: dalla mia mgmt, Circus, all’etichetta Island.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare Tempo?
Lo vorrei dedicare a tutte le persone a me care che a volte purtroppo respingo, e a tutte quelle che come me lo fanno. È abbastanza comune non riuscire a dire “ti voglio bene” alla propria famiglia, per esempio. Mi sento in questo senso vicinissima a tantissima gente che mi ha confessato di avere la stessa difficoltà e spero che questo brano ci possa in qualche modo unire tutti.
LIL JOLIE FEAT. CARL BRAVE - REGOLE
Come è nata Regole, e cosa rappresenta per te e per il tuo percorso artistico?
(Lil Jolie) Il pezzo nasce dall’esigenza di mandare un messaggio leggero, ma non superficiale, riguardante tutte quelle convenzioni relazionali di cui spesso ci contorniamo per salvare dei rapporti, ma delle quali sono e siamo anche vittime. È sicuramente un passo importante per il mio percorso in quanto anticipa qualcosa di più grande; e poi perché lavorare con una figura come Carl per me è stato speciale, oltre che un grande onore. -
Qual è la storia della traccia?
Come quasi tutti i miei pezzi è nato da un mio viaggio. A volte vorrei vivere per sempre nel mio microcosmo senza dover seguire le convenzioni che la società, nel bene e nel male, ci impone. \
Dal punto di vista musicale, come descriveresti Regole?
Era da un po’ che volevo sperimentare un sound nuovo e con questo pezzo credo di aver iniziato un nuovo capitolo. Con Giorgio, il producer, ci siamo divertiti a giocare con una produzione fresca e leggera, creando una sorta di dualismo tra testo e beat.
Ti abbiamo conosciuta grazie al featuring con Ketama126, e ora Carl Brave. Cosa vuol dire per te Lovegang?
Lovegang è famiglia!
C'è qualcuno a cui vuoi dedicare Regole?
A tutti quelli che hanno trovato il coraggio di essere se stessi.
JIMI JULES - HAM THE MONKEY EP
Come è nato Ham The Monkey EP, e cosa significa per te e per la tua traiettoria artistica?
L'EP è stato prodotto in studio a Zurigo, dove ho trascorso la maggior parte del mio tempo negli ultimi anni: lì lavoro su nuova musica e altri progetti. Per me era importante andare avanti e sviluppare nuove idee che mi avrebbero spinto in avanti. Se usiamo la parola traiettoria, l'EP è un altra pietra miliare sulla mia strada. Un passo in avanti, in attesa di altra musica in arrivo quest'anno.
Come descriveresti questo progetto, dal punto di vista musicale?
Come le uscite precedenti per Innervisions, la musica rispecchia la prospettiva del dancefloor, ma è musica che si può gustare anche davanti a una tazza di caffè. Le sonorità principali si basano su un approccio di tipo strumentale: per esempio, in Don't Take It Personal vi è l'utilizzo di un basso elettrico, per ottenere un flow caldo e organico delle tracce. Di solito inizio con delle jam in studio basate su un certo argomento o idea, poi sviluppo la struttura della musica e il concetto attorno ad essa.
Quale traccia ha un bella storia da raccontare?
In realtà la storia si sviluppa in tutto l'arco dell'EP! Ham è stato il primo essere vivente inviato nello spazio. Come si può immaginare, un viaggio che non è stato concordato con una previa stretta di mano (Don’t Take It Personal). Nelle altre due tracce, sono riflessi i sentimenti (Grumpy Monkey) e i suoni (Tinnitus) frutto dell'essere proiettati nell'atmosfera, dell'essere fuori controllo e lontano da ciò che si conosce. Inoltre, è un riflesso del rumore che si è sviluppato durante quel lasso di tempo nella capsula.
Questa è la tua terza release per l'etichetta di Âme e Dixon. Cosa significa per te Innervisions?
La prima volta che ho sentito Dixon e Âme è stato a Zurigo molto tempo fa: a quel tempo non ero molto addentro al loro sound. Il fattore cruciale che mi ha tenuto incollato sulla pista da ballo è stato frutto di una sensazione, e il modo in cui la serata è andata e di come si è sviluppata: il fatto che si iniziasse con qualcosa e si raccontasse una storia durante un certo periodo di tempo. Ovviamente, in seguito ho iniziato ad affezionarmi di più al sound dell'etichetta e allo stile che ha sviluppato nel corso degli anni, sia dal punto di vista musicale sia da quello artistico. Innervisions sembra quasi una famiglia o una comunità: quindi ogni uscita con la loro etichetta è caratterizzata da questo sentimento, che spero che sia ricambiato anche da loro.
A. G. COOK WITH CHARLI XCX - XCXOPLEX
Come è nata XCXOPLEX e cosa significa per te e per la tua traiettoria artistica?
(A. G. Cook) È stata creata molto rapidamente e in modo impulsivo - come gran parte del mio lavoro con Charli, ma da alcuni anni esistono varie versioni del brano. Penso che punti decisamente verso il futuro, soprattutto in termini di direzione in cui voglio andare.
Come descriveresti questo progetto, dal punto di vista musicale?
È energia allo stato puro, pesante e leggera allo stesso tempo!
Qual è la storia del video firmato da Actual Objects?
Volevamo fare qualcosa che fondesse letteralmente la performance di Charli con le strutture fisiche che hanno sempre fatto parte dell'aspetto visuale della traccia. L'idea di Actual Object è stata quella di utilizzare l'intelligenza artificiale al fine di creare qualcosa che fosse abbastanza perturbante, pur essendo caratterizzata da un movimento molto veloce.
Questa è la vostra prima joint release, ma in precedenza avete collaborato molto insieme. Quali progetti avete in comune per il prossimo futuro?
Charli ed io abbiamo lavorato su molta nuova musica di recente, cercando di fare qualcosa che non avevamo ancora fatto prima! Il 28 maggio, per PC Music, uscirà Apple vs 7G, il mio album di remix, incluso XCXOPLEX.
C'è qualcuno a cui dedicheresti XCXOPLEX?
In un certo senso questa traccia è dedicata a chiunque sia venuto ai nostri spettacoli, sia di persona prima della pandemia sia online nell'ultimo anno. Questa è l'energia di cui si nutre una traccia come questa. Allo stesso tempo, molto del mio recente lavoro è una dedica a Sophie, e per certi versi lo sarà per sempre... Lei è una parte molto importante della mia vita e della mia musica, e spero che canzoni come questa possano continuare a essere una celebrazione della sua vita e della sua influenza.
DREAMER BOY - ALL THE WAYS WE ARE TOGETHER
Come è nato All The Ways We Are Together, e cosa rappresenta per te e per il tuo percorso artistico?
All The Ways We Are Together è stato creato in un periodo in cui, per la prima volta, sentivo come se avessi trovato il vero amore e la vera amicizia, oltre che un senso di comunità . Mi sentivo innamorato perso di uno dei miei migliori amici. Tra l'altro, con i miei amici stavo anche per intraprendere il mio primo tour, quindi era un periodo in cui stavo "esplorando" come condividere i miei sentimenti con loro. Avevo la sensazione che stessimo crescendo insieme, in modi in cui non mi ero mai sentito prima. Mi sentivo davvero come se fossi amato e compreso.
Dal punto di vista musicale, come descriveresti questo progetto?
Varia da canzone a canzone, ma il progetto è pervaso tutto dallo stesso spirito. Si tratta di un album decisamente ottimista, ma è anche onesto. Abbiamo sperimentato di tutto, dal glockenspiel ispirato a Pet Sounds, per arrivare al pedal steel. È stato davvero un esperimento divertente avere la musica su sfondi diversi, a seconda di ciò che fosse più in linea con il messaggio della canzone.
Quale traccia ha una bella storia da raccontare?
L'outro All or Nothing è stata fondamentalmente scritta in una ripresa dal vivo di freestyle in una stanza d'albergo con tutti i miei amici intorno: è stato un momento magico che non dimenticherò mai. Ci sono volte in cui la canzone cade giù dal paradiso.
Con chi (e come) hai collaborato per la realizzazione dell'album?
Per quanto riguarda tutta la scrittura e la produzione, fondamentalmente siamo solo io e Bobby. Alcuni musicisti e amici ci hanno aiutato con canzoni e parti specifiche, così come dei meravigliosi sound-engineer per il mixaggio e la master. Alcuni dei miei momenti preferiti del disco provengono da amici che hanno contribuito. In particolare Bike, in cui il mio amico Mason e Sam hanno aiutato a scrivere gli arrangiamenti vocali.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare All The Ways We Are Together?
I miei amici e la mia famiglia. Questo album sembra una conversazione con loro.
DUMBO GETS MAD - THINGS ARE RANDOM AND TIME IS SPEEDING UP
Come è nato Things Are Random and Time Is Speeding Up, e cosa rappresenta per te e per il tuo percorso artistico?
TARATISU è l’insieme di nove tracce che ho raccolto negli ultimi quattro anni e che ritenevo perfette per far parte di un disco. Sono sempre molto autocritico nei confronti della musica che faccio, e mi capita spesso di impiegare molto tempo e sforzo per riuscire a dire che finalmente qualcosa è pronto per essere ascoltato. Dal punto di vista invece concettuale, in questi anni ho ragionato molto sulla casualità degli eventi, e quanto in particolare siano totalmente soggettivi e accelerati in base all’esperienza personale di ciascuno di noi, risultando spesso dissociati dal pensiero collettivo. Da queste riflessioni esistenziali molto noiose deriva il titolo del disco.
Dal punto di vista musicale, come descriveresti questo progetto?
Psichedelico.
C'è una traccia che ha una bella storia da raccontare?
Spero tutte, ma in particolare Chanson De Samir è un tributo ad una preghiera celebrativa originaria dell’isola di Sumatra, e il giorno dopo l’uscita del disco mi ha scritto un ragazzo indonesiano che ha trascorso la sua infanzia nell’isola, dicendomi gli ha riportato alla mente quella spiritualità tipica della sua cultura, e che il dialetto che in modo forse impacciato ho tentato di ricreare si chiama Minangnese.
Con chi (e come) hai collaborato per la release?
Il disco è uscito un giorno di febbraio, senza un'etichetta o una struttura promozionale. Ho sempre aspettato mesi e mesi di promozione e scambi di mail infinite prima della release di un disco. Questa volta ho deciso che il tempo era maturo, e non avevo voglia di aspettare oltre prima di farlo uscire. Quindi semplicemente l’ho caricato su un distributore digitale io stesso e ho premuto il tasto “upload”.
JOAN THIELE - ATTO II DISORDINATO SPAZIO
Come è nata l'idea di Atto II - Disordinato Spazio, e come completa il Primo Atto?
Atto II è il secondo viaggio, un altro tema che ha attirato molto la mia attenzione quest’anno. Ovvero il processo creativo, uno spazio caotico e rarefatto come la mente, in grado di riformulare i pensieri e trasformarli in musica. Anche nel nuovo capitolo mostro due lati di me, la fragilità e la forza, opposti ma complementari.
Dal punto di vista musicale come descriveresti i due inediti?
Sono due canzoni alle quali sono molto legata, sono nate nello stesso periodo, circa un anno fa, ma ognuna ha la propria anima e racconta due lati differenti di me. Tuta blu è dolcezza, è una canzone d’amore per un’amica. È organica e completamente suonata dal vivo, dalla chitarra ai fiati. Scilla invece, come una sirena, come natura a tratti spietata, cerca il sole, ha sonorità più elettroniche, più oniriche. Completano entrambe il mio disordinato spazio. :)
Con chi (e come) hai collaborato per la realizzazione di Disordinato Spazio?
Ho voluto collaborare con produttori differenti, proprio perché quest’anno la condivisione come concetto mi è molto mancata. E quindi ho voluto farlo nella musica, in Tuta blu con Irbis 37 e Emanuele triglia. In Scilla con Amanda Lean e not for climbing. Fare musica insieme è importante, perché in qualche modo ci fa crescere.
Ascoltare Scilla ci fa venire voglia di sole e mare. Che progetti (musicali e non) hai per quest'estate?
Sarebbe bellissimo poter suonare dal vivo quest’estate. Questo sarebbe il mio piano, ma aspetto come tutti conferme ufficiali considerato il momento difficile. Sicuramente sogno il sole, mi piacerebbe andare in Colombia a trovare mio papà, visto che ormai non lo vedo da due anni. Spero di poterlo fare al più presto :)
Hai dedicato il Primo Atto al Tempo. A chi vorresti dedicare Atto II?
Atto II lo dedico alle idee, ai nostri pensieri. Alla volontà di realizzarli senza temere le nostre fragilità che vanno rispettate perché alla fine si trasformano sempre in punti di forza.
RKOMI - TAXI DRIVER
Come è nato Taxi Driver, e cosa rappresenta per te e per il tuo percorso artistico?
Taxi Driver è nato dalla voglia di sperimentare e confrontarmi con generi diversi, diversi da dove sono partito. E’ l’ennesimo salto nel vuoto che mi permetterà di conoscermi meglio.
Dal punto di vista musicale, come descriveresti questo progetto?
La caratteristica principale è che è quasi totalmente suonato. Pur non essendoci un genere madre definito ho cercato di trovare una coerenza e un ordine temporale di quelle che sono le mie influenze musicali di questi ultimi anni.
Qual è la traccia con una bella storia da raccontare?
Sicuramente Taxi Driver rappresenta quello che ad oggi è il mio mood attuale, è il preludio della mia musica futura.
Nel disco i featuring sono variegati, da Tommaso Paradiso a Sfera Ebbasta. Qual è il filo conduttore che lega le collaborazioni?
La mia capacità di sperimentare, la mia poliedricità, la capacità di unire tutte queste voci apparentemente differenti.
C'è qualcuno a cui vuoi dedicare Taxi Driver?
Ti risponderei che lo dedico a me stesso.
GINEVRA NERVI - KLASTÓS
Come è nato Klastós, e cosa rappresenta per te e per il tuo percorso artistico?
Klastós nasce dopo un lungo periodo di ricerca, di studio e di introspezione musicale, e tutto questo ha avuto un suo tempo fisiologico per poter prendere forma... In qualche modo posso dire che rappresenta il percorso che ho fatto in questi ultimi otto anni. Dopo la mia primissima uscita discografica nel 2013, ho sentito l'esigenza di prendermi tutto il tempo di cui avevo bisogno per conoscermi meglio, di lasciare letteralmente sedimentare tutto quello che stavo vivendo e apprendendo, ma senza darmi una deadline precisa per stabilire quando fosse il momento "giusto” per pubblicare qualcosa. Questa operazione è stata fondamentale per me e la sento molto forte nella natura più profonda di questo concept.
Dal punto di vista musicale, come descriveresti questo EP?
Racchiude varie sfaccettature della mia scrittura e quindi del percorso musicale che ho fatto e che sto continuando a fare, l’interconnessione tra realtà sonore e musicali che mi diverto ad esplorare in modo differente ogni volta. Dall'uso massiccio di samples, alla scrittura per voci, ad alcune contaminazioni dal mondo dello scoring... Ho cercato di lasciare confluire in musica tutto quello che in qualche modo mi rappresenta senza pormi limiti espressivi in fase di scrittura e produzione. Ogni traccia ha un suo carattere specifico e racconta un pezzetto di storia, ciascun brano ha spigoli e smussature diverse uno dall'altro ma ciascuno di questi fa parte di un'unità più grande.
Qual è la traccia con una bella storia da raccontare?
Penso a Gaslighting. Scrivere questo brano è stato catartico, un atto liberatorio in fase di scrittura nel vero senso della parola e infatti è questo di cui parla la storia. Questo brano rappresenta uno di quei pochi casi in cui vivo molto più intensamente il peso delle parole che ho scelto e che cosa rappresentano. È stato un risveglio, una presa di coscienza. Spesso mi ritrovo a scrivere musica e testo assieme, in questo caso è stato liberatorio scrivere prima il testo e successivamente lavorare alla produzione musicale.
Con chi (e come) hai collaborato per la realizzazione dell’EP?
Ho avuto il piacere di collaborare con Maurizio Borgna, amico e mix engineer di fiducia. Avevo pressoché concluso la scrittura e la produzione dei brani, la struttura era già definita e anche il carattere timbrico, ad eccezione della parte ritmica che non ho voluto chiudere definitivamente. Oltre al mix, ho chiesto a Maurizio di mettere mano alle mie produzioni in questo senso in particolare: sulla scrittura delle sezioni ritmiche e sulla scelta timbrica delle stesse, ed è stato determinate. Sapevo già che avrebbe utilizzato anche il suo sistema modulare ed era proprio quello che stavo cercando. È stato incredibilmente istruttivo seguire questa fase di produzione. Credo che la parte più bella del nostro mestiere sia il confronto più genuino e sincero con altri creativi, e lavorare con Maurizio ha significato questo ed è qualcosa di impagabile.
C'è qualcuno a cui vuoi dedicare Klastós?
Vorrei dedicarlo alla me "ragazzina", che si spaccava la testa per capire come funzionavano tutte le cose che faccio ora, e alla terra dove sono nata e cresciuta, ai luoghi che mi hanno insegnato tanto, forse tutto, specialmente a rispettare i propri tempi.
DITONELLAPIAGA - MORSI
Come è nato Morsi, e cosa rappresenta per te e per il tuo percorso artistico?
Morsi non è altro che un assaggio del disco vero, che uscirà dopo l’estate. Sono cinque bocconi - non contando il remix di Populous - che anticipano la portata principale. Questo EP, proprio come il disco di cui è in qualche modo figlio, è nato in maniera caotica e affatto metodica ed è un racconto schizofrenico di alcuni episodi della mia vita, spesso rivisitati. Adesso che ci penso sarebbe bello poter rivisitare anche la vita, o forse soltanto controproducente. Ad ogni modo, come ogni opera prima, scriverlo è stato un raccontarmi e scoprirmi allo stesso tempo e, proprio adesso che sento di aver trovato la mia strada, non vedo l’ora di potermela lasciare alle spalle in cerca di nuove.
Dal punto di vista musicale, come descriveresti questo EP?
Non sono brava con le descrizioni quando riguardano me o la mia musica, ho sempre molta difficoltà nel vedermi con gli occhi degli altri, o ascoltarmi con orecchie altrui. Credo sia un EP molto eclettico, l’ho scritto dando ascolto a tutte le mie esigenze creative ed emotive, senza ricercare una coerenza forzata. Alla fine della fiera la coerenza c’è eccome, grazie anche al lavoro dei miei due produttori bbprod, che mi hanno sempre saputa capire e guidare nella ricerca di una sonorità identitaria ma non limitante.
Qual è la traccia con una bella storia da raccontare?
Tutte hanno una storia che mi fa battere il cuore, un po’ perché mi ricordano le vicende alle quali mi sono ispirata e un po’ perché mi riportano a quei momenti in cui ho deciso di riversarle su carta. La mia preferita credo sia quella di Carrefour Express perché, avendo un debole per il tragicomico, mi ricorda che nelle delusioni c’è spesso qualcosa di profondamente divertente che difficilmente si riesce a cogliere mentre si soffre. Oltre ad avere un debole per il tragicomico, ne ho uno per le persone fidanzate, ci combatto da anni ormai ma è così: non mi piace mai nessuno e quando succede scopro sempre che è già impegnato. È matematico, non so per colpa di quale congiunzione astrale accada, ma ormai è inevitabile che quando mi piace qualcuno senta puzza di sòla (a Roma si dice così). La logica vuole che queste poche informazioni confusionarie che vi ho dato, lascino intendere che la storia dietro questa traccia parli del palo chilometrico che ho preso da questo tipo fidanzato, che per una notte intera non mi ha detto di esserlo, facendomi quasi tornare a credere nell’amore. Quasi. Comunque ogni tanto lo incontro ancora e ogni incontro è una conferma del fatto che sotto sotto gli piaccio anch’io.
Con chi (e come) hai collaborato per la realizzazione dell'EP?
Per il momento di collaborazione effettiva ce n’è solo una, ovvero quella con i miei produttori. Io non so suonare nessuno strumento, non so nulla di teoria musicale e so a mala pena dove sia il do centrale sul pianoforte, ma ho avuto una grande fortuna sin da quando sono piccola: quella di cantare tanto con gli altri, di aver avuto sempre gruppi, band, frequentato musicisti eccetera. Credo di essermi abituata a fare musica senza fare affidamento soltanto su me stessa e sulle mie idee proprio grazie alle mie esperienze musicali adolescenziali. Bypassando l’input iniziale (che non sempre viene dal suono, a volte può nascere dalla voglia di raccontare in musica un’immagine che ho in testa, o una sensazione) la scrittura è una cosa che faccio tendenzialmente in solitaria e nonostante ci siano momenti in cui vorrei tanto essere più autonoma e indipendente anche nella composizione, per il momento credo che questo scambio di idee e di influenze sia la dinamica più giusta per me, più avanti si vedrà.
C'è qualcuno a cui vuoi dedicare Morsi ?
Il tipo che mi ha dato il palo è sicuramente il primo della lista. A parte gli scherzi, non credo ci sia qualcuno a cui sento l’esigenza di dedicarlo: se dovessi farlo, lo dedicherei a tutte le persone che ho incontrato nella mia vita che mi hanno ispirata in qualche modo, sperando di poterne incontrare altrettante negli anni a venire. In questo momento sento moltissimo il peso dell’immobilità alla quale siamo relegati, sono una grande amante dei viaggi ma soprattutto degli incontri bizzarri, mi hanno sempre regalato la voglia di raccontarli. Quindi diciamo che questo EP lo dedico agli incontri, passati e futuri, ma anche a quelli presenti, con le persone che mi supportano giorno dopo giorno in tutto ciò che faccio.
MODESELEKTOR - EXTENDED
Come è nato Extended e cosa significa per voi e peril vostro percorso artistico?
Extended è il nostro quinto album come Modeselektor. Abbiamo iniziato a lavorarci nel 2019 prima che l'attuale pandemia cambiasse tutte le nostre vite quotidiane. Non c'erano più spettacoli dal vivo, quindi avevamo molto tempo libero che passavamo in studio. L'ultima volta che abbiamo trascorso così tanto tempo in studio è stato quando abbiamo iniziato e a malapena avevamo date di concerti. Abbiamo cercato di trarre il meglio da questa situazione e abbiamo appena iniziato a fare musica, musica e musica. L'idea di fare un vero e proprio mixtape con musica che fosse nostra risale a molti anni fa, e abbiamo sentito che ora era il momento di lavorarci e finalizzare il progetto.
Come descrivereste questo progetto, dal punto di vista musicale?
Pensiamo che sia probabilmente l'album più ambizioso che abbiamo mai pubblicato. Sono 27 tracce mescolate insieme. Extended è il punto di partenza di molti progetti in divenire: ad esempio, un paio di EP che si concentreranno ciascuno su una traccia diversa dal mixtape con contributi vocali, remix e versioni alternative. Inoltre, Extended è stata l'ispirazione per il film Work in cui il ballerino statunitense Corey Scott-Gilbert esegue un'interpretazione del mixtape con movimenti coreografici.
In Movement è presente il feat. di una leggenda della dub come Paul St.Hilaire. Come è nata questa collaborazione?
Conosciamo Paul St. Hilaire da molto, molto tempo e, ad essere onesti, in passato abbiamo già pubblicato qualche traccia insieme. La collaborazione per Movement è nata molto spontaneamente nel nostro studio. La parte strumentale del brano è stata creata a Detroit, mentre suonavamo al Movement Festival 2019: per questo l'abbiamo intitolata Movement.
C'è qualcuno a cui vorreste dedicare Extended?
Extended è dedicato soprattutto a tutti i nostri fan. Ci auguriamo che ispiri le persone. Ci auguriamo che porti voglia di vivere, divertimento e che faccia ballare la gente. Vorremmo concludere questa intervista con una citazione di Jeff Mills: Ballare non è un concetto musicale, è una reazione fisica.
M¥SS KETA - IL CIELO NON È UN LIMITE LATO B
Come è nata l'idea del Lato B, e cosa aggiunge al progetto?
L’IDEA DEL LATO B È NATA IN MANIERA TOTALMENTE ISTINTIVA, NEL SENSO CHE IN UN MOMENTO DI SPERIMENTAZIONE MUSICALE COME QUELLO CHE STO ATTRAVERSANDO E CHE HO DECISO DI APPROFONDIRE, ERA INEVITABILE CHE DOPO LE CANZONI DELL’EP IL CIELO NON È UN LIMITE, AMBIENTATE TRA VETRO E CIELO CON SUONI ELETTRONICI MOLTO RICERCATI, PER CONTRASTO VOLESSI ANCHE LAVORARE SU ATMOSFERE NOTTURNE E SUONI VIVI, DI STRUMENTI MUSICALI REALI. INOLTRE DAL PUNTO DI VISTA TESTUALE IN QUESTA LATO B DELL’EP LASCIO MOLTO ANDARE LE REDINI, C’È UN DIVERSO MODO DI TRATTEGGIARE GLI IMMAGINARI, UNA MODALITÀ DI DIALOGO ONIRICA, QUASI DA SEDUTA DI PSICOTERAPIA. LYNCHIANA SE VOGLIAMO. È UN PO’ COME VEDE LA NOTTE LA PROTAGONISTA DEL LATO A.
Dal punto di vista musicale come descriveresti i due inediti?
SONO DUE INEDITI ONIRICI, INFERNALI E SURREALI: UNA TWILIGHT ZONE SONORA CHE VA DAL DARK WAVE AL RUMORISMO ELETTRONICO, CON SUONI CHE CI PORTANO NELL'OSCURITÁ
DELLA NOTTE INCOLTA E PROIBITA, ALLONTANANDOCI DALL’AZZURRO CIELO DEL LATO A.
IN MIRIAM MI SFOGO CAVALCANDO UNA STRUMENTALE POST-PUNK/DARKWAVE CHE
PRENDE LE SEMBIANZE DI UNA CHIMERA. IN L02E FREESTYLE INVECE LA MIA VOCE ROBOTICA SI DEFORMA SU UNA BASE SONORA CHE SEMBRA UNA BATTAGLIA INTERGALATTICA TRA MONDI LONTANI, O FORSE SOLO INTERIORI.
Collabori per la prima volta con i DPCM. Ci racconti qualcosa di questa nuova band e di come è nata la collabo?
QUANDO LA CHITARRA DI GIUNGLA, IL BASSO DI L I M E LA BATTERIA DI DANILA GUGLIELMI HANNO INCONTRATO LA MIA VOCE É STATO UN ASSEMBRAMENTO PLATONICO TALMENTE LETALE DA OLTREPASSARE QUALSIASI DPCM, TANTO CHE ABBIAMO DOVUTO CREARNE UNO EX NOVO. IN MIRIAM POTETE PERDERVI NEL RISULTATO SCOPPIETTANTE DI QUESTA BAND.
Nel Freestyle dici: Fanc**o Facebook, Instagram, Twitter. Com'è il rapporto della M¥SS con i social e come è cambiato con la situazione attuale?
IL RAPPORTO CON I SOCIAL E IL VIRTUALE É SEMPRE STATO COMPLICATO, E LO STA DIVENTANDO SEMPRE DI PIÚ SOPRATTUTTO DI QUESTI TEMPI IN CUI ABBIAMO UNA VISIONE ALTERATA DI CIÓ CHE É LA VITA REALE, E LA TECNOLOGIA PUÓ TRASFORMARSI DA AIUTANTE A CARNEFICE.
C'è qualcuno a cui vuoi dedicare Lato B?
A TUTTI I MIEI ALTRI LATI.
MAFALDA - BAILANDO SIN SENTIDO
Come è nato Bailando Sin Sentido e cosa rappresenta per te e per il tuo percorso artistico?
Credo che Bailando Sin Sentido rifletta quello che sono come persona, è una fusione di tante influenze diverse. Sono cresciuta in vari paesi e questo ha avuto un grande impatto sulla mia vita. Sono nata a Londra da madre spagnola e padre bulgaro, ho studiato in Inghilterra, ecco perché Daisy Chain - il mio primo EP uscito nel 2019 - era tutto in inglese. Ma lo spagnolo è la mia lingua madre, quella che si parla in famiglia, e mi ha sempre affascinato l’idea di approfondire questo aspetto anche nella musica. Bailando Sin Sentido è nata dopo un concerto a Madrid, dove ho cantato dal vivo in spagnolo per la prima volta. L’energia del pubblico è stata trascinante e il resto, come si dice, è storia!
Dal punto di vista musicale come descriveresti quest’ultimo progetto?
Direi che Bailando Sin Sentido ha elementi musicali latino americani in quasi tutta la parte ritmica, ma melodie anglosassoni. Ogni volta che lavoro a qualcosa di nuovo cerco di crescere come artista, spingermi oltre i miei limiti. E scrivere canzoni nella mia lingua madre è stata una grande sfida per me, sia a livello musicale che emotivo. Il risultato di tutto questo lavoro è quello che alcuni giornalisti hanno definito “Dark Pop”, una cosa che mi è rimasta impressa.
Quale canzone ha una bella storia da raccontare?
Quando scrivo penso sempre che sia un riflesso di come mi sento quel giorno. Ricordo benissimo quando ho scritto Asi Lo Hago Yo. Ero a Los Angeles e avevo avuto una conversazione con una persona che mi aveva fatto sentire molto delusa e frustrata. Sapevo che di lì a poco avrei avuto una session di scrittura, quindi mi sono messa davanti allo specchio e mi sono fatta un discorso di incoraggiamento, poi la giornata è proseguita con un atteggiamento più positivo. Asi Lo Hago Yo parla appunto di questa sensazione, dobbiamo ricordarci che siamo gli unici a poter controllare le nostre vite, e che dopo una delusione si può diventare più forti, anche se a volte in quel momento non sembra.
Con chi (e come) hai collaborato per la realizzazione di Bailando Sin Sentido?
Ho iniziato a creare l’album a Los Angeles prima della pandemia e quindi per fortuna ho potuto collaborare con degli autori straordinariamente creativi per la maggior parte delle canzoni! Ma poi le session virtuali sono diventate sicuramente più frequenti a mano a mano che si avvicinava la data della pubblicazione. Ho pensato fosse importante collaborare con musicisti spagnoli, quindi abbiamo finito di produrre il disco fra Madrid e Barcellona.
C'è qualcuno a cui vuoi dedicare Bailando Sin Sentido?
Dedico questo EP a chiunque senta di fare le cose senza convinzione ma senza capire perché. Bailando Sin Sentido parla di questo: capire che, a prescindere da come ti senti, non sei solo. Ogni canzone rappresenta una fase diversa della mia vita, un riflesso di quello che ho vissuto, ma in senso lato, l’EP parla di introspezione. Spero che la mia musica faccia capire che sentirsi confusi, vulnerabili e incerti è legittimo. La vita è complicata! E a volte, anche nei momenti più bui, abbiamo la possibilità di trovare la luce riscoprendo la sicurezza in noi stessi, ricostruendola, per sentirci di nuovo sicuri di essere sulla strada giusta.
MYKKI BLANCO - FREE RIDE
Come è nata Free Ride e cosa rappresenta per te e per il tuo percorso artistico?
Un'esperienza intensa, sia per la musica in sé, sia per la creazione del video. Per quanto riguarda la canzone, rappresenta davvero la mia vera direzione musicale, con un sound molto più organico e un focus sulla musica originale, niente sampling! Scrivere la musica e lavorare con i cantanti di questa canzone è stata una bellissima esperienza. Per il video volevo mettermi alla prova di nuovo, creare una narrazione queer mai vista prima, rappresentare una situazione insolita. Credo che il tema del battesimo di un bambino e la storia d’amore di una famiglia queer che ho scritto durante la pandemia comunichi quello che volevo dire al mondo sull’amore, sull’accettazione, e sul restare uniti, contro ogni difficoltà.
Dal punto di vista musicale come descriveresti quest’ultimo progetto?
Pieno di energia, molto melodico e molto organico. Ci sono moltissimi elementi soul e classici, non assomiglia a niente di quello che ho pubblicato finora. Sono un artista emergente, di nuovo! (ride)
Qual è la storia della traccia?
Fra i momenti e le conversazioni più intime che ho avuto nella mia vita ci sono quelle con mia madre durante i lunghi viaggi in auto nelle campagne del sud quando ero adolescente. La musica che faceva da colonna sonora a questi viaggi era della generazione di mia madre. Mi ritrovavo a sognare a occhi aperti, a pensare e immaginare che tipo di vita avrei voluto creare per me. Questi ricordi e la musica di Luther Vandross sono stati la prima ispirazione del nuovo singolo Free Ride.
Free Ride rappresenta il tuo esordio con Trasgressive Records. Com'è lavorare con una etichetta dal roster così prestigioso?
Sono molto felice di far parte della famiglia, credo che insieme faremo la storia, è una bella sensazione.
C'è qualcuno a cui vuoi dedicare Free Ride?
Free Ride arriva ai cuori di tante persone attraverso le generazioni. Puoi ballarla con i tuoi amici, con i tuoi figli, con tua nonna. Credo davvero che sia la canzone più friendly che abbia mai fatto e credo anche che sarà apprezzata da chi sarà felice di condividerla con gli altri!
BOSS DOMS - PRETTY FACE
Come è nata Pretty Face e cosa rappresenta per te e per il tuo percorso artistico?
Per me rappresenta un momento importante, una sorta di follow up del primo brano da solista I Want More, che ho pubblicato la scorsa estate e che ha dato un certo tipo di impressione a chi mi segue.
Con Pretty Face sono voluto andare nella direzione opposta per mostrare un po’ quello che potrebbe essere la mia rosa di produzioni. È un cambio di rotta radicale, sono passato da qualcosa di più cupo e underground a un brano molto più pop, radiofonico, colorato ed etereo.
Dal punto di vista musicale come descriveresti quest’ultimo progetto?
Sicuramente è un brano meno “club oriented”, anche se al suo interno ha le caratteristiche della canzone da club. Musicalmente parlando, c’è un piccolo “feticcio”: ho utilizzato una drum machine 303, tipica della musica techno, per fare degli arpeggi nell’introduzione, che ricordano quelli di un pianoforte. In più, ci sono tantissime chitarre e voci, tra cui la mia. È infatti il primo singolo in cui canto, nel ritornello, anche se sono soltanto dei cori.
Per la realizzazione di Pretty Face hai dato vita a una experience multisensoriale molto particolare. Ci racconti di che si tratta?
Inizialmente ho creato un gruppo Telegram, con uno numero di telefono apposta per l’occasione, per selezionare il numero ristretto di fan che avrebbe partecipato all’experience. Si è trattato, appunto, di un’esperienza multisensoriale individuale, dedicata alla singola persona, che quindi ha vissuto il tutto in maniera unica e irripetibile. Ci tengo a precisare che ogni cosa è stata realizzata nel massimo rispetto delle norme sanitarie attuali: i partecipanti sono stati tamponati poco prima dell’experience in un luogo diverso da quello dell’installazione, in modo da evitare ogni eventuale contagio. L’installazione era caratterizzata da un gioco di luci che io stesso gestivo. Tutto l’iter era pilotato da me che ero alla regia, anche se i fan non lo sapevano. Loro erano convinti di incontrarmi, io in verità c’ero ma in modo diverso da quello che si aspettavano. Sono stato io a catturare le loro naturali espressioni mentre ascoltavano il brano, e questi filmati hanno poi costituto il videoclip di Pretty Face. L’ascoltatore è diventato l’assoluto protagonista. La cosa veramente bella, anche perché non calcolata, è che, dopo più di un anno senza live, le persone, anche se solo per il tempo della canzone, sono state catapultate all’interno di un piccolo club imbastito per loro, con luci e musica a tutto volume. È stato bello vedere le singole reazioni: c’era chi ballava, chi batteva i piedi, chi addirittura si è messo a piangere. Alcuni fan, a cui è stata fatta una breve intervista dopo la fine dell’experience, hanno raccontato che la cosa più bella è stata sentire i bassi sul petto che facevano vibrare: una cosa a cui nessuno era più abituato da un anno a questa parte!
Su questo progetto hai collaborato con Fabio Weik. Come è nata la vostra partnership e com'è stato lavorare con quest'artista?
In realtà io e Fabio siamo amici da tempo, da quanto io ho conosciuto Valentina, più o meno. Ci siamo spesso detti che avremmo voluto lavorare insieme, ma aspettavamo il momento giusto per farlo, in modo da poterlo coinvolgere a 360°. Il sodalizio artistico è iniziato con I Want More ed è continuato sino ad oggi; lui è molto bravo a elaborare le mie proposte, a concretizzare le mie idee. È un artista contemporaneo con una grande esperienza alle spalle, per cui sa rendere tutto di altissimo livello anche dal punto di vista puramente artistico.
C'è qualcuno a cui vuoi dedicare Pretty Face?
In verità nella canzone c’è già una dedica intrinseca, che è quella a Valentina e a Mina, la mia compagna e mia figlia. Nella parte dei cori, nel ritornello in cui si sente la mia voce, è presente una dedica a loro: perché in quel momento, quando stavo registrando, pensavo ai loro visi.
VENERUS - MAGICA MUSICA
Come è nato Magica Musica, e cosa significa per te e per il tuo percorso artistico?
Sto lavorando sulla mia musica dal 2015 ma ho avuto la pazienza di aspettare la mia crescita personale e artistica per condividere qualcosa: ho una mia etica a livello di condivisione artistica nel lavoro e sono felice di avere aspettato fino a questo momento. È stato un anno molto complicato e questo ha dato un’impronta al mio lavoro, specialmente nel desiderio di poter portare dal vivo questo disco. Essendo il live la mia dimensione e il mio habitat naturale in questo disco ho sempre pensato a quella che sarebbe stata la resa dal vivo: mi ha aiutato a capire come voglio fare i dischi in futuro.\
Dal punto di vista musicale come descriveresti quest’ultimo progetto?
Scardinare il concetto di genere musicale è una cosa in cui credo molto. In Magica Musica c'è tanta immaginazione, ma non c'è niente di finto: è come se avessi preso le mie vicende introspettive e le storie di cui parlo, e le avessi fatte scoppiare nel cielo. Per me è un disco che rappresenta un messaggio di amore e l’esperienza che mi viene dai concerti. Quando sai che qualcuno è innamorato di quello che fai e ti dà tanto indietro non puoi non pensarci più a questa cosa. Ora che il disco è pronto mi sono fermato un attimo: ma già ieri parlando con Mace dicevo di volere organizzare una sorta di ritiri con dei musicisti. In questo periodo sto ascoltando tantissimo jazz tra la metà degli anni ’60 e degli ’70, e credo che questo influenzerà tantissimo la nuova musica che farò.
Qual è la traccia con una bella storia da raccontare?
Sei Acqua parla di un incontro con una persona in particolare, ma anche di una vicenda: eravamo a Roma e avevamo salvato un gabbiano con un'ala rotta. Un evento molto bello di quest'estate che ho voluto incorniciare in questa situazione.
Con chi (e come) hai collaborato durante la realizzazione di questo album?
Non c’è stata nessuna scelta a tavolino per le persone che volevo condividessero questo percorso con me: credo la collaborazione abbia senso nel momento in cui c’è una empatia. Per quanto riguarda i Calibro 35 abbiamo generato questa empatia ed è stato speciale, ero fan da tempo di Enrico Gabrielli e mi sarebbe piaciuto molto fare qualcosa con loro. Le altre collaborazioni sono state molto spontanee. Sono molto amico di Gemitaiz e di Rkomi siamo molto amici: l’idea di collaborare a questo brano con lui è nata mentre lavoravamo a della sua musica, mentre con Frah Quintale è avvenuto tutto a casa mia. E poi le collaborazioni più tacite: da quella con Marco Vanegas a Tommaso Colliva. Phra Crookers è una persona che stimo tantissimo e a cui ho detto: facciamo una cosa che non hai mai fatto. E abbiamo fatto una ballad, che è una cosa che non ti aspetteresti mai.
C'è qualcuno a cui vuoi dedicare Magica Musica?
Ci sono delle persone che sono dei riferimenti per me - Paolo Conte e Luigi Ontani - che stimo molto sia come artisti sia come persone. Poi ci sono vari destinatari che sono menzionati nelle canzoni, nella narrazione di certe situazioni: quindi sanno già della dedica a loro.
LA NIÑA - EDEN
Come è nato Eden, e cosa significa per te e per il tuo percorso artistico?
Eden per me è un inizio ed una destinazione allo stesso tempo. È nato dalla necessità di liberarmi del passato, di danzare i miei traumi e sussurrare ciò che un tempo mi assordava. Nulla di ciò che scrivo è mai un vero punto di arrivo, pur essendo un “prodotto finito”. Spero che la mia musica lasci qualcosa nelle persone anche e soprattutto dopo l’atto stesso dell’ascolto.
Dal punto di vista musicale come descriveresti quest’ultimo progetto?
Eclettico, perfettamente imperfetto.
Qual è la traccia con una bella storia da raccontare?
STORIA DI AFRODITE è forse l’unica vera storia che racconto in questo lavoro. È chiaramente frutto della mia immaginazione ma trovavo estremamente paradigmatico della realtà il fatto che una ragazza, bella come una dea e figlia di un quartiere popolare, fosse “nata mmiezo ‘o mare e cresciuta mmiezo ‘a via” (nata in mezzo al mare e cresciuta per strada). Il brano ha una struttura ispirata alla Villanella, una forma di canzone nata a Napoli nel XVI secolo e racconta della vendetta di Afrodite ai danni del suo stupratore. Volevo riscrivere il finale di un copione che solitamente, nella realtà, ha tutt’altro epilogo.
Con chi (e come) hai collaborato durante la realizzazione di questo EP?
Nella produzione musicale e nella scrittura dei brani ho collaborato con KWSK NINJA che io ormai considero come l’altra metà del progetto. Mi sentirei persa senza di lui, ed è probabilmente con lui che mi sono ritrovata. KWSK è anche l’artista che realizza tutti i videoclip e le grafiche de LA NIÑA, e che da nuova forma alle mie canzoni e vita alle mie visioni. È bellissimo realizzare quanto negli ultimi anni abbiamo dato l’uno all’altra, il nostro è un connubio perfetto, dove musica, arti visive e performance si bilanciano armoniosamente. Insieme abbiamo trovato la luce, anche in momenti bui come quello che stiamo vivendo.
C'è qualcuno a cui vuoi dedicare Eden?
Dedico Eden a chi non crede nel Paradiso.
MACE - OBE
Come è nato Obe, e cosa significa per te e per il tuo percorso artistico?
Ho vissuto qualche mese in Sudafrica,a Johannesburg e ho registrato lì un disco con solo artisti africani. è stata un'esperienza che mi ha cambiato la vita, ma quando sono tornato in Italia, ho deciso di non farlo più uscire. Come se sentissi che quello che avevo fatto avesse senso mentre ero lì, ma tornato qui non mi appartenesse più al 100%. Avevo comunque voglia di realizzare un disco tutto mio, e contestualmente ho trovato che la musica italiana era cambiata: ci sono un sacco di nuovi artisti interessanti,altri che c'erano da tempo ma che finalmente avevano ottenuto la visibilità che meritavano.Ho sempre un po' sofferto nel non riconoscermi nella scena italiana. Vedendo com'era cambiata mi sono detto che era il momento giusto per fare un disco qua in Italia al quale applicare la mia visione creativa.Ci ho lavorato nell'arco di due anni. In questo periodo mi sono occupato anche d'altro: ho fatto DNA con Ghali, il disco di Venerus e tante altre produzioni. Ma è stata comunque una lunghissima gestazione.
Quale traccia ha una bella storia da raccontare?
In realtà ogni brano ha una vita a sé ed è stato tutto realizzato in vari step. Alcune idee le avevo scritte mentre viaggiavo - in Sudafrica e Giappone - in fase prettamente strumentale. Altre sono nate in studio da zero: per esempio con Venerus, con il quale avevo già scritto tanta roba. Il processo spesso è stato questo: mi viene un'idea musicale, faccio cantare il primo artista, vado avanti nella produzione e poi chiamo il secondo artista. In seguito procedevo con l'arrangiamento portando il pezzo ulteriormente da un'altra parte: quindi è stato un processo molto stratificato per questo motivo. Uno dei miei brani preferiti del disco è Ayahuasca, che è stato l'unico dove ho specificatamente chiesto di parlare di quell'argomento, a cui sono molto legato. Ho raccontato le mie esperienze con l'Ayahuasca a Colapesce, e lui è riuscito a metterle giù in un modo molto poetico. Al brano ho poi incorporato molti suoni presi dai rituali sciamanici amazzonici, dalle percussioni ai flauti.
Nel disco hai collaborato con tantissimi artisti. Qual è il filo conduttore che li lega?
La scelta è ricaduta su tanti artisti che innanzitutto mi piacciono molto, che fanno cose interessanti e che mi sono immaginato bene nel viaggio esperenziale che stavo creando. Quindi il collante è stato quello: con molti di questi artisti tra l'altro ci avevo già lavorato, con altri non ancora ma ero molto attratto dalla loro musica. In altre parole: il filo conduttore è che non c'è il filo conduttore.
C'è qualcuno a cui vorresti dedicare OBE?
Alla musica italiana.
ARLO PARKS - COLLAPSED IN SUNBEAMS
Come è nato Collapsed in Sunbeams, e cosa significa per te e per il tuo percorso artistico?
Collapsed in Sunbeams è stato creato principalmente negli airbnb nell'East London. Ci siamo rintanati per alcune settimane, circondati di piante, candele e cristalli e ci siamo tuffati nel mondo dell'album. Ho preso molta ispirazione dai miei vecchi diari e dall'idea della nostalgia. Gli album di debutto sono sempre una cosa speciale per me, e avere il mio album sul punto di uscire fuori nel mondo ha un che di terrificante, ma anche di euforico. È la mia prima grande e definitiva dichiarazione di intenti come artista, è una capsula temporale e il primo grande passo nel mio viaggio.
Come descriveresti questo progetto, dal punto di vista musicale?
Direi che è una fusione di musica soul, indie e pop. È ispirato a tutto, da Elliott Smith a Portishead a Tribe Called Quest ad Aphex Twin. È un ampio collage di generi diversi, il fatto che Collapsed in Sunbeams sia così fluido è ciò di cui sono più orgogliosa.
Quale traccia ha una bella storia da raccontare?
Hurt ha un bellissimo retroscena: è la prima canzone che ho scritto dopo un periodo di blocco dello scrittore e ansia che circonda l'album. È stata scritto in un'ora circa, ispirata da questa citazione di Audre Lorde che dice "Il dolore cambierà o finirà" e stavo ascoltando Supremes, Digable Planets e Cleo Sol. Scrivere è stato un processo euforico, perché mi ha ricordato che la mia capacità di scrivere abiterà sempre il mio cuore e che la tristezza non è mai permanente.
Con chi (e come) hai collaborato?
Luca Bucellati ha prodotto la maggior parte dei brani; ho lavorato con Paul Epworth su Portra 400 e Too Good, e con Badsounds su Bluish. Sono stati tutti collaboratori molto propositivi e si sono avvicinati a questo progetto con nient'altro che amore. Ne sono onorata.
C'è qualcuno a cui dedicheresti l'album?
Vorrei dedicare questo album a mia madre, alla mia migliore amica Alice, a Sufjan Stevens e a Wolfgang Tillmans. Non sarei quella che sono senza di loro, come artista e come persona.
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