Venezia: cosa vedere in un giorno e dove mangiare - Vogue
C’è qualcosa di magico nel tratto ferroviario Mestre – Venezia.
È come se portasse dalla realtà al sogno. Ed è ancora più vero nel periodo invernale, quando la bruma mattutina cancella i confini netti dei palazzi e l’acqua muove i loro colori nell’incresparsi pigro delle onde. I vaporetti sono stranamente vuoti di trolley e di ricerca di conferme: “Is it the right one for… ?” e a pranzo si mangia nei bacari, ma non per moda.
Il punto di partenza di questo percorso è un indirizzo particolare, il Ca’ Pisani Hotel, un palazzo tardo trecentesco in Dorsoduro, trasforrmato in un albergo di design. La sensazione è quella di essere ospiti in una casa nobile veneziana, che la passione dei proprietari per l’Art Déco ha arricchito di mobili, oggetti di inizio Novecento, e quadri, tra cui alcuni Depero.
Prima di cena, anche l’aperitivo è tradizionale, fatto con il Select, un bitter nato proprio a Venezia nel 1920, mentre nel ristorante interno La Rivista, si gusta un ottimo (e ormai raro, seppur tipico) risotto al Go’.
Su suggerimento dei padroni di casa, la famiglia Serandrei, quinta generazione di albergatori, l’indomani si va alla scoperta di alcuni luoghi nascosti. Il primo è la Fornace Orsoni Venezia 1888, unico fuoco attivo in Venezia dove da fine ottocento si creano i mosaici, tra cui quelli con foglia d’oro per la Basilica di San Marco, che richiedono un procedimento complesso e interamente manuale, visibile al pubblico su appuntamento.
Se pensate che tutti i souvenier siano made in Cina, visitate anche un laboratorio dove si fanno le tipiche perle di vetro, Perlamadredesign (e dove si organizzano i workshop per imparare); Simona Iacovazzi ha appreso l’antica arte delle perlere, che le realizzano da sei secoli con le canne di vetro di Murano e una fiamma, e saprà dimostrarvi tutto il lavoro che nascondono i loro colori.
Per la pausa pranzo la scelta ricade tra l’Osteria Da Codroma o l’Osteria ai Pugni, dove con un’ombra di vino e alcuni cicheti – tra cui quelli con baccalà mantecato – si è sazi fino a sera. Al massimo si può aggiungere un dolcetto tipico – i baìcoli, e con l’arrivo del carnevale le fritoe, le frittelle – prese nell’ottima Pasticceria dal Nono Colussi.
Non troppi. La sera la cena è al Ristorante La Caravella, all’interno dell’Hotel Salturnia, un indirizzo di charme e gourmet, ma nel solco della tradizione con l’arrivo dello chef Alfonso Cicereale, che ha dato un twist contemporaneo con estremo rispetto per la cucina di laguna.
Da provare i suoi ravioli ripieni di scampi, guazzetto allo zafferano e verdure. L’atmosfera è ovattata, mentre nell’attiguo bar Il Caravellino, dove un tempo erano ospiti fissi intellettuali e artisti, tra cui Simone de Beauvoir e Jean-Paul Sartre – allora si chiamava Ciro’s –, si fanno le ore piccole.
Siamo a due passi da San Marco. Di notte, magari passeggiando con i piedi immersi in una lastra di acqua alta, con alcune maschere che sbucano dai portici, sembra di fare un altro, meraviglioso, salto temporale.
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