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La maledizione degli Oscar finirà nel 2020?

Il 29 febbraio 1940, Hattie McDaniel fece la storia degli Academy Awards. L’attrice 46enne, che interpretò la celebre Mami di Via col vento (1939), fu infatti la prima afroamericana a vincere un Oscar. Nel suo discorso d’accettazione del premio per la Migliore attrice non protagonista, disse: «Lo terrò sempre come un faro per tutto ciò che potrei fare in futuro». Ma questo evento, che avrebbe dovuto inaugurare un nuovo capitolo della sua carriera – ruoli più importanti, paghe più alte e maggiore libertà artistica –, al contrario la limitò.

Hattie McDaniel in Via col vento

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Hattie McDaniel in Via col vento
Getty Images

Nei mesi che seguirono, McDaniel fece un tour dal vivo nei palazzi del cinema proponendo il personaggio che recitava sullo schermo a sale mezze vuote. Continuò a essere ingaggiata per ruoli da cameriera, interpretando la domestica 74 volte e non ricevendo altri riconoscimenti importanti, finché alla fine fu mollata dalla sua casa cinematografica. Nel 1944, parlando della sua vittoria disse: «È come se avessi fatto qualcosa di male».

L’emarginazione a Hollywood

McDaniel non fu l’unica vittima della maledizione degli Oscar – il declino personale e professionale a cui gli attori spesso vanno incontro dopo aver vinto l’ambita statuetta – ma incarnava perfettamente la vittima tipo: era una donna, era di colore e aveva più di 40 anni in un ambiente che premia la giovinezza. Anche molte sue coetanee si lamentavano di essere state messe da parte, tra cui Luise Rainer, l’attrice di origine tedesca largamente considerata la prima vittima della maledizione dopo aver vinto per due volte consecutive il premio come Migliore attrice, per Il paradiso delle fanciulle (1936) e per La buona terra (1937).

Un balzo al secolo successivo, e poco è cambiato. Mentre tanti uomini che hanno vinto l’Oscar sono diventati delle autentiche star del cinema – Marlon Brando, Jack Nicholson, Robert De Niro - le donne premiate insieme a loro sono state in gran parte dimenticate: Eileen Heckart, Louise Fletcher, Lee Grant.

In questo periodo, la maledizione degli Oscar è stata attribuita a diversi fattori: maggior controllo, aspettative più alte, il pericolo di identificare l’attore con un determinato ruolo e l’idea che una star abbia raggiunto l’apice della carriera. Ma per le donne e i gruppi emarginati, c’è anche l’impressione che l’industria voglia tenerli a freno, scoraggiandoli dal pretendere ruoli migliori e guadagni più alti.

«Dopo la vittoria di Hattie, la sensazione era del tipo ‘Non vogliamo pensiate che adesso sarete pagate quanto le vostre controparti’», dice Mo’nique, che ha ottenuto il premio per la Migliore attrice non protagonista con Precious nel 2009, esattamente 70 anni dopo McDaniel. «Per quanto mi riguarda, dopo aver vinto mi hanno offerto addirittura meno. Prima degli Oscar del 2010 la gente diceva: ‘Non vincerà perché non si adegua al sistema’. Volevano che fossi entusiasta. Dovevo andare alle cene, alle feste, sorridere e sperare di piacergli».

Mo'Nique in Precious, 2009

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Mo'Nique in Precious, 2009
Lee Daniels/Kobal/Shutterstock

Dopo aver rifiutato di partecipare alla campagna di promozione del film e aver vinto comunque, l’attrice dice di essere stata “messa al bando” dall’industria cinematografica. «Non solo sono donna, ma sono pure nera e grassa. La sensazione era ‘Proprio tu, come osi protestare? Dovresti già essere contenta che ti hanno invitata alla festa».

Discriminazioni in base all’età

Da allora, poche altre attrici di colore sono state chiamate sul palco. In 90 anni, solo nove donne nere hanno vinto un Oscar come migliore attrice non protagonista o migliore attrice (Halle Berry è l’unica ad aver vinto quest’ultimo per Monster’s Ball del 2001). Berry ha poi interpretato La morte può attendere (2002), ma la sua carriera si è arenata dopo il Razzie (oscar per i peggiori film o interpretazioni) con Catwoman (2004). 

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Getty Images

Non è stata l’unica: Kim Basinger ha vinto un Oscar per LA Confidential (1997) e un Razzie per Cinquanta sfumature di nero (2017). Sandra Bullock ha vinto nello stesso anno un Oscar per The Blind Side (2009) e un Razzie per A proposito di Steve (2009). SI dà il caso che Sia Basinger che Bullock avessero più di 40 anni quando hanno vinto l’Oscar – un’età a cui Hollywood ancora considera finite le donne.

Vittorie storiche, risultati contrastanti

Marlee Matlin, tuttavia, è scettica riguardo a simili maledizioni. Nel 1987 portò a casa un Oscar per Figli di un Dio minore (1986) e trent’anni dopo resta l’unica attrice sorda a essersi aggiudicata la statuetta – un’altra vittoria storica a cui sono seguiti pochi ruoli per il grande schermo. «Non penso sia quella la causa», scrive l’attrice via email riguardo alla maledizione degli Oscar. «Se lo pensassi, avrei rinunciato quando [il critico cinematografico] Rex Reed disse che mi avevano dato l’Oscar per pietà o quando il New York Magazine disse che non avrei più lavorato perché non ‘parlavo’».

Marlee Matlin in Figli di un Dio Minore

Marlee Matlin

Marlee Matlin in Figli di un Dio Minore
Snap Stills/Shutterstock

Nonostante le difficoltà che ha dovuto affrontare, Matlin trova esagerata la teoria della maledizione degli Oscar. “Io ho sempre lavorato,” aggiunge. “Forse non ho avuto le stesse opportunità di altri di recitare in grandi film che attirano l’attenzione, ma lo attribuisco di più all’incapacità di Hollywood di guardare oltre gli stereotipi e le etichette attribuite agli attori sordi. Alla fine, la vittoria ha avuto esattamente l’impatto che speravo: ha dimostrato al mondo che le persone affette da sordità possono fare tutto, persino vincere un Oscar.”

La fine della maledizione degli Oscar

In effetti negli ultimi anni sembra che la maledizione si stia spezzando. Octavia Spencer, salita alla ribalta per aver ottenuto il premio Migliore attrice non protagonista per The Help (2011), ha visto la sua carriera salire alle stelle dopo la vittoria. Ha raccolto recensioni entusiastiche per la sua interpretazione in Prossima fermata Fruitvale Station (2013), è stata nominata per Il diritto di contare (2016) e La forma dell’acqua (2017) ed è stata produttore esecutivo di Green Book (2018), vincitore del premio Oscar al Miglior film. Eccezionalmente, è anche la prima attrice di colore a ricevere una nomination all’Oscar dopo averne già vinto uno.

Octavia Spencer (con Viola Davis) in The Help

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Octavia Spencer (con Viola Davis) in The Help
Dreamworks Pictures/Kobal/Shutterstock

Anche le vincitrici seguite a Spencer nella categoria Migliore attrice non protagonista - Anne Hathaway, Lupita Nyong’o, Patricia Arquette, Alicia Vikander, Viola Davis, Allison Janney – se la sono passata bene, ottenendo parti in colossi di Marvel (Black Panther, 2018), thriller d’impatto (Widows – Eredità criminale, 2018) e prestige drama (Escape at Dannemora, 2018). Nel frattempo Regina King, che ha vinto per Se la strada potesse parlare (2018), ha poi recitato in Watchmen (2019) di HBO e sta attualmente girando il suo primo lungometraggio da regista, One Night in Miami.

Se si considera, poi, il destino delle vincitrici del premio Migliore attrice nello stesso periodo, le statistiche sono ancora più incoraggianti. Meryl Streep, Cate Blanchett, Jennifer Lawrence ed Emma Stone sono state tutte nominate agli Oscar dopo le loro recenti vittorie. Sia Lawrence sia Stone sono successivamente risultate le attrici più pagate di Hollywood (nel 2015 e nel 2016 la prima, nel 2017 la seconda). La vittoria di Frances McDormand per Tre manifesti a Ebbing, Missouri (2017) è stata altrettanto significativa, essendo arrivata 21 anni dopo che l’attrice ha portato a casa lo stesso premio per Fargo (1996).

Frances McDormand, Oscar per Tre manifesti a Ebbing Missouri

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Frances McDormand, Oscar per Tre manifesti a Ebbing Missouri
Getty Images

Le vincitrici 2020 potrebbero plasmare il futuro

Il 2020 potrebbe dunque segnare ufficialmente la fine della maledizione degli Oscar? È possibile, specie se la favorita Renée Zellweger si aggiudicherà la statuetta per la Migliore Attrice per Judy (2019)

Notorious Pictures

Dopo la vittoria come Migliore attrice non protagonista per Ritorno a Cold Mountain (2003), la sua carriera si è interrotta e l’attrice si è presa una pausa di sei anni dalla recitazione. Il ritorno alla ribalta di Zellweger sarebbe un forte segnale del cambio di atteggiamento di Hollywood nei confronti delle sue ex beniamine. Lo stesso vale per Charlize Theron, che quest’anno ha ricevuto una candidatura alla Migliore Attrice per Bombshell (2019), 16 anni dopo aver vinto l’Oscar per Monster (2003) e 14 anni dopo la sua ultima nomination per North Country – Storia di Josey (2005).

Mo’Nique ha notato questo cambiamento? «A essere onesta, non sono mai stata una che guarda gli Oscar», risponde. «Quando li vedevo da bambina, non c’era nessuno che mi assomigliasse nello show, quindi non gli prestavo nessuna attenzione. Ci hanno condizionati a credere che gli Oscar siano importantissimi. Finché gli daremo tutta questa importanza, avranno gli effetti che hanno, ma è soltanto un premio, alla fine».

Ha qualche consiglio per coloro che stanno per vincerne uno? «È il vostro giro», dice. «Affrontatelo come sta bene a voi, perché non conviene arrivare alla fine e scoprire che avete lasciato il posto a qualcun altro».



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