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Musica estate 2020: i nuovi album da ascoltare subito

Complici le restrizioni imposte dal lockdown, molti artisti hanno fatto di necessità virtù e si sono chiusi in casa - o in studio - a produrre e registrare musica bellissima. Ma quali saranno le canzoni dell'estate, sicuramente la più atipica della nostra vita? Quali i tormentoni che ci faranno ballare, seppur distanziati e muniti di mascherina? Difficile, difficilissimo dirlo: durante la fase 1, gli ascolti delle radio sono calati sensibilmente. Ma anche in questa fase successiva di transizione, non è mai stata così ardua la promozione musicale: a causa di festival e concerti fermi ai box, ma anche dell'annullamento degli eventi in store, i cosiddetti firmacopie. Eppure, come detto, è uscita e sta per uscire della bellissima musica: ecco perché la necessità di ospitare sulle pagine di Vogue.it uno spazio dedicato alle nostre release preferite. In attesa di poterle ballare di nuovo abbracciati.

BLACK COFFEE FT. CELESTE, READY FOR YOU

Come è nato Ready for you, e cosa significa per te e per il tuo percorso artistico?
Quando inizialmente ho messo le mani sui vocals realizzati da Celeste, era un'opera d'arte molto lenta, quasi malinconica. Sono stato in grado di prendere la voce, dare vita alla traccia e aggiungere il mio tocco caratteristico: il risultato è Ready For You così come la si può ascoltare oggi. La canzone dimostra inoltre che produco musica per tutti. La mia musica si espande al di fuori dei confini del clubbing. È un sound a cui il mondo intero può relazionarsi a un certo livello e ne sono molto orgoglioso.

Dal punto di vista musicale come descriveresti questo vostro ultimo progetto?
In poche parole, è una canzone che tocca il cuore e l'anima e ti farà cantare e soppesare ogni parola.

Black Coffee © Hi Ibiza
Black Coffee © Hi Ibiza

Qual è la storia della canzone?
La cosa divertente è che io e Celeste non ci siamo mai incontrati. Le nostre interviste recenti sono state in assoluto le nostre prime interazioni insieme. I nostri entourage ci hanno riunito e pochi mesi dopo, abbiamo questa bellissima canzone!

DAMIAN LAZARUS, FLOURISH

Come è nato Flourish, e cosa significa per te e per il tuo percorso artistico?
Verso la fine del 2019 ho iniziato ad avere un presentimento: la sensazione che non tutto andasse bene nel mondo. Potevo, al contempo, sentire la genesi di nuove idee musicali plasmarsi. Dopo un tour di dicembre e gennaio molto intenso, ho trascorso una settimana in un retreat in Austria poiché il mio corpo e la mia mente avevano bisogno di un reset. Nelle notti che passavo lì da solo, guardando le Alpi dal balcone della mia stanza, ho iniziato a prendere appunti su alcune idee che avevo sulle tracce. Quindi, quando ho iniziato a lavorarci, a metà febbraio ero fresco e rinfrancato, ma un senso di oscurità incombeva sopra di me. Sono generalmente una persona piuttosto ottimista con un atteggiamento positivo, ma quando la notizia del virus ha cominciato a diffondersi e ho iniziato a capire che le nostre vite stavano per cambiare radicalmente, da un lato musicalmente avevo nuove motivazioni, ma per converso ero più pessimista riguardo al futuro del mondo. Ho iniziato a sperimentare breakbeat e baseline oscure, creando strani suoni e frammenti di canzoni. Ero alle prese con concetti esistenziali e mi chiedevo perché il mondo stesse improvvisamente affrontando una tale catastrofe. Ma dopo alcuni mesi di lavoro quotidiano sulla musica, ho iniziato a rendermi conto che il mondo aveva semplicemente bisogno di essere resettato, e questo era il catalizzatore definitivo per consentire l'inizio di quel processo. Ho iniziato a sentirmi più ottimista e ho scritto il brano Into the Sun, ho rimesso mano a tutti gli altri brani e li ho rielaborati con uno spirito rinnovato. Penso di essere cresciuto molto musicalmente con Flourish: sono riuscito a realizzare un lavoro di cui sono orgoglioso in uno dei momenti più difficili e inquietanti di tutta la mia vita.

Dal punto di vista musicale come descriveresti questo vostro ultimo progetto?
Questo è un album molto più profondo e introspettivo degli ultimi due album di Ancient Moons. Volevo che fosse più psichedelico, più trippy. Ci sono complicate regolazioni del suono e molto lavoro di sintetizzatore in Flourish. Alcuni panorami stranianti e i cambi di livello mandano in tilt la testa. È un disco da ascoltare in cuffia: i suoni ti arrivano da tutte le angolazioni. Molte tracce evocano l'esistenza di una forza superiore, il mondo degli spiriti, i viaggi nel tempo e i viaggi attraverso lo spazio verso altri pianeti. In altre parole, qualsiasi cosa per fuggire da questo mondo.

Damian Lazarus © Alessandro Cinque
Damian Lazarus © Alessandro Cinque
Alessandro Cinque

Qual è la traccia con una bella storia da raccontare?
Direi Mountain, perché è stata la prima traccia che ho scritto per l'album. Ero seduto sul balcone di questo retreat in Austria una notte, dopo aver avuto problemi a dormire, e nella neve ho visto una luce scintillare in mezzo alla montagna. Ho immaginato che fosse una forza spirituale che si accendeva e minacciava di far esplodere il monte. Ho scritto i testi quella stessa notte. Volevo usare la mia voce, in modo simile alla traccia Robot Heart, una collaborazione con Art Department di qualche anno fa: ma questa volta la mia voce è più contorta e minacciosa. La batteria è una specie di breakbeat jungle old school. Ho preso un classico come The First time ever I saw your Face e ho fatto cantare a Cari Golden la mia strofa preferita di quella traccia: "And the moon and the stars were the gifts you gave, to the dark and the endless skies”. Semplicemente fantastico.

Con chi (e come) hai collaborato durante la realizzazione dell'album?
Ho lavorato con solo tre persone alla registrazione dell'album. Il mio sound engineer e tour manager, Paolo Bartolomeo, che ha lavorato con me in studio negli ultimi 3 anni; Cari Golden, che ha cantato in Mountain e Dark Heaven Light; e infine Jem Cooke che è la voce di Into the Sun. Quando ho scritto quella traccia avevo in mente due artiste: una era Baby Rose e l'altra era Jem. Non riuscivo a decidere quale preferivo, quindi ho inviato la traccia a entrambe. Jem mi ha ricontattato subito per dirmi che durante un cerimoniale Ayahuasca le ero apparso in una visione e sapeva che doveva lavorare con me. Non ho più avuto dubbi! Tra l'altro mi ha detto che voleva scrivere e registrare subito, perché stava per avere un figlio. Mi piace molto l'idea di aver dato alla luce questa canzone, e che nella stessa settimana sia arrivata una nuova vita, credo sia splendido.

C’è qualcuno a cui vorresti dedicare questo album?
Lo dedico a tutte le persone che soffrono nel 2020: questo è un momento terribile per l'umanità, ma alla fine del tunnel c'è la luce. Dobbiamo fare un reset, e cambiare la nostra direzione verso una prospettiva più positiva; dobbiamo apprezzare di più il pianeta e il nostro prossimo.

LOCO DICE, THE SENTENCE

Come è nato The Sentence, e cosa significa per te e per il tuo percorso artistico?
The Sentence arriva dalla mia stessa idea della mia etichetta, En Couleur. Sono stato nel mio studio ogni giorno a creare, lavorare su idee e produrre e avevo già molto materiale. Come puoi immaginare, negli ultimi mesi ho avuto ancora più tempo per il mio studio. Invece di girare il mondo, ho finito un po' di tracce e ascoltato molta musica che avevo già finito: così ho iniziato a mettere insieme i pezzi.

Dal punto di vista musicale come descrivereste questo vostro ultimo progetto?
Così come En Couleur, anche The Sentence è un lungo viaggio. Puoi immaginarlo come un lungo album diffuso su singoli EP. C'è dell'altro in arrivo!

Loco Dice © Grace Russo
Loco Dice © Grace Russo

Qual è la traccia con una bella storia da raccontare?
La traccia che ha un bel retroscena è Indica Talking. Non credo di dover approfondire ulteriormente il titolo. Ascoltandola, si può capire dove mi trovavo quando stavo producendo la traccia.

Con chi (e come) hai collaborato durante la realizzazione dell'EP?
Con The Sentence non ho collaborato con nessuno. È musica direttamente dal mio studio. Il precedente release di En Couleur è stato D Town Playaz, che è il mio progetto con Eddie Fowlkes, una vera leggenda di Detroit.

C’è qualcuno a cui vorresti dedicare questo album?
Questo EP è realizzato con amore, ed è per tutti coloro che vorrebbero avere una pozione dell'amore. È per quelle persone di mentalità aperta, che pensano e si sentono fuori dagli schemi.

MATHAME, NEVER GIVE UP (RELOADED)

Come è nato Never Give Up, e cosa significa per voi e per la vostra crescita artistica?
La musica non rappresenta niente, di solito. É un qualcosa che ha a che fare con l’emozione. Possiamo dire che l’abbiamo captata da qualche parte: come fanno le antenne, hai presente?

Dal punto di vista musicale come descrivereste questo vostro ultimo progetto?
"Ultimo" è sicuramente un buon aggettivo, ma non rende giustizia al progetto. Never Give up è per certi versi il primo: ci ha visti muoverci in un mondo abbastanza complicato, che ha a che fare poco con l'istinto, e molto con i ragionamenti.

Mathame © G.A. Mocchetti
Mathame © G.A. Mocchetti
giovannimocchetti.com

Con chi (e come) avete collaborato durante la realizzazione dell'EP?
Ritorno sulla metafora dell'antenna, che è al contempo metafora e anche citazione. Riteniamo che chiunque abbia a che fare con delle pagine bianche, e provi a dar vita a qualcosa che prima non c’era, sia in realtà come un'antenna, che riceve dei segnali da chissà dove. Magari da qualcosa di veramente lontano e poetico come una stazione spaziale. Segnali che vengono poi elaborati senza sapere troppo né come né perché, quasi come una traslitterazione istantanea.

Qual è la traccia con una bella storia da raccontare?
La storia più bella da raccontare sarà sempre la prossima. Riguardo a questa release, sicuramente quella per Adriatique, in collaborazione con i Tale Of Us. Ci siamo resi conto di avere fatto qualcosa di bello, nonostante avessimo un po' stravolto l’originale: tra tonalità e sample chop, è diventata insomma quasi irriconoscibile. Comunque, è diventata una pietra miliare del nostro suono, e i Tale Of Us gli hanno dato la grinta che serviva.  

C’è qualcuno a cui vorreste dedicare questo EP?
A tutti coloro che ancora non lo conoscono.

JESSY LANZA, ALL THE TIME

Come è nato All the time, e cosa significa per te?
Ho scritto “All the time" dopo essermi trasferita a New York dalla mia città natale Hamilton, in Canada. Non volevo fare un disco sulla nostalgia di casa, ma riascoltando le canzoni è chiaro che stessi soffrendo in quel periodo.

Dal punto di vista musicale come descriveresti questo progetto?
Direi che ho esplorato fino in fondo il mio amore per scrivere le canzoni. Per la realizzazione di questo album ho lavorato con un setup di uno studio molto più piccolo di quello a cui ero abituata, il che mi ha fatto prendere parecchie decisioni su che tipo di strumentazione utilizzare per il disco, e credo che questo doni al suo sound una qualità speciale.  

Jessy Lanza © Milah Libin
Jessy Lanza © Milah Libin

Qual è la traccia con una bella storia da raccontare?
Ho scritto la canzone Baby Love dopo aver visto la mia nipotina per la prima volta. Appena uscita dall'ospedale, la sensazione di amore incondizionato che mi pervadeva era tale che mi ha ispirato a scrivere subito quella canzone su di lei.

Con chi (e come) hai collaborato durante la realizzazione del disco?
Ho co-prodotto e co-scritto All the Time con Jeremy Greenspan, è il terzo album a cui abbiamo collaborato. Vive ad Hamilton, in Canada, quindi ho guidato avanti e indietro da New York a Hamilton abbastanza spesso per lavorare insieme al disco.

C’è qualcuno a cui vorresti dedicare questo album?
A tutti i miei fan che hanno pazientemente atteso che ultimassi la realizzazione di All the Time.

INNER CITY, WE ALL MOVE TOGETHER

Come è nato We all move together, e cosa significa per voi?
Quest'album per noi significa persone che si uniscono: sia nel dancefloor, sia politicamente. Un gruppo di persone che diventa un tutt'uno al fine di fare qualcosa di positivo. Vogliamo riportare la positività di Inner City alla gente: e questo album arriva nel momento perfetto, proprio quando ce n'è più bisogno.

Dal punto di vista musicale come descrivereste questo progetto?
È un sound per tutti i colori e tutte le etnie. È musica nobile, edificante, e che fa ballare le persone: è musica che tocca l'anima.

Inner City
Inner City
Scott Sprague

Qual è la traccia con una bella storia da raccontare?
We All Move Together con Idris Elba - grazie al modo in cui è nata: si è evoluta organicamente. Avevo già in testa di voler fare una traccia con Idris dopo averlo visto suonare Big Fun al Coachella in un videoclip - e mia moglie continuava a ripetermi che avrei dovuto lavorare con lui: credo perché le piacesse! Ma poi è maturata dentro di me l'idea di lavorare davvero insieme, ed è successo qualcosa di unico. Idris è venuto apposta dal Regno Unito a Detroit, per registrare nel mio studio in casa. È stata davvero una collaborazione molto familiare e intima, per così dire.

Con chi (e come) avete collaborato durante la realizzazione del disco?
Innanzitutto Idris Elba, come già sapete. La nostra cantante principale, Steffanie, che è stata in tour con noi, mentre la guest singer è ZebrA OctobrA che una volta era la mia insegnante di yoga! È andata così: un giorno ha annunciato che se ne sarebbe andata, quindi mi sono segnato il suo profilo Instagram e ho visto che era una cantautrice, cosa di cui non avevo assolutamente idea. Mi piaceva la sua voce, quindi le ho chiesto se le sarebbe piaciuto essere coinvolta nell'album ed ecco fatto! Tra l'altro, ha anche scritto una delle tracce chiamata Soundwavez, quindi sì: è stata una collaborazione fantastica.

C’è qualcuno a cui vorresti dedicare questo album?
La vorrei dedicare al mondo: We All Move Together. 

MAYA JANE COLES, WOULD YOU KILL (4 ME)?

Come è nata Would You Kill (4 Me)?, e cosa rappresenta per te e per la tua crescita artistica?
Questa è stata una release piuttosto spontanea e giocosa per me. Avevo fatto qualche cut di campioni vocali e una parte sembrava quasi dire "kill somebody" ... In quel periodo avevo appena fatto indigestione della serie “Killing Eve” e probabilmente il tema dell'omicidio era presente nella mia testa. Era insomma un'idea divertente che è venuta fuori in un modo molto spontaneo.

Dal punto di vista musicale come descriveresti questo progetto?
Si tratta di musica da club, con un mood un po' oscuro, ma al tempo stesso ha quel non so di che di ascendente, il consueto contrasto che cerco di creare con la mia musica: mi piace creare un chiaroscuro tra elementi dark e malinconici, ed altri più leggeri e allegri. 

Maya Jane Coles
Maya Jane Coles
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Qual è la traccia con una bella storia da raccontare?
Ricordo quando originariamente ho realizzato "Piano Magic", la terza traccia dell'EP. Ne avevo realizzato un mix approssimativo, letteralmente mezz'ora prima di uscire per una mia data al Fabric di Londra. Non avevo avuto il tempo realizzare un mixdown, né avevo avuto la possibilità di riascoltarla a mente fredda, quindi mi rendeva abbastanza nervosa suonarla davanti a un pubblico del genere. Ma poi, poco prima della fine del mio set, ho deciso di metterla come ultimo pezzo. Ho avuto una risposta così sorprendente dal crowd, che mi ha fatto capire che quella traccia aveva qualcosa di speciale. È sempre fantastico ricevere quel tipo di gratificazione con una traccia appena realizzata. Non c'è sensazione migliore

C’è qualcuno a cui vorresti dedicare questa canzone?
Direi che la dedico ai miei fan di vecchia data, dato che in tanti mi hanno detto che le sonorità di questa uscita ricordano un po' le produzioni che realizzavo tanto tempo fa. Il mio sound è comunque in continua evoluzione e c'è dentro qualcosa di nuovo e fresco, ma mi piace sempre rivisitare i miei vecchi canoni stilistici, pur mantenendo l'essenza di quando ho iniziato a fare musica da club. E spero che questa release mi farà trovare lungo la mia strada anche tanti nuovi fan!

LOLA LENNOX, BACK AT WRONG

Come è nata Back At Wrong, e cosa rappresenta per te e per la tua crescita artistica?
Ho scritto Back At Wrong a LA, vivevo lì e passavo le mie giornate scrivendo canzoni e andando in studio. Quel giorno in particolare volevo scrivere una canzone sulla relazione intensa che stavo vivendo in quel momento in cui la musica potesse descrivere questo amore appassionato e tumultuoso. Pubblicare questo brano per me è stato come un punto di arrivo, faccio musica da anni e far uscire questo singolo è come la culminazione di tutto il lavoro e l’impegno che ci ho messo, ore di prove e centinaia di canzoni scritte al pianoforte, sono davvero felice di condividere con gli altri il mio mondo e la mia visione.

Dal punto di vista musicale come descriveresti questo progetto?
Mi piace creare un equilibrio fra nostalgia e modernità. Back At Wrong ha radici e grinta blues ma fondamentalmente è una canzone pop con melodie orecchiabili e un sound fresco. Volevo che la musica riproducesse il caos della mia relazione e musicalmente ha momenti inattesi, alti e bassi, come sulle montagne russe.

Lola Lennox © Kevin Roldan
Lola Lennox © Kevin Roldan

Qual è la storia della canzone?
Per me Back At Wrong è una fotografia che cattura la storia e l’emozione di un capitolo folle della mia vita. Mi trovavo in una relazione tanto disfunzionale quanto piena di passione e nonostante gli scontri continui non riuscivamo a stare lontani. Credo che la maggior parte della gente abbia vissuto una storia del genere, molti si portano dietro il bagaglio di quelle esperienze, e questa canzone parla delle ferite che restano nel cuore.

Con chi (e come) hai collaborato durante la realizzazione del singolo?
Ho scritto Back At Wrong con Dan Muckala e Ben Scholfeild a Los Angeles e il disco è stato prodotto a Nashville. Mia mamma,  Annie Lennox e il suo fidanzato Braeden Wright hanno coprodotto il singolo, è stato tutto molto naturale, mi conoscono meglio di chiunque altro e quando ci siamo riuniti nel mio studio a casa la musica è venuta fuori in modo molto spontaneo. E poi sono stata felicissima di lavorare con un tecnico del suono geniale, Spike Stent, che ha mixato il brano. 

C’è qualcuno a cui vorresti dedicare questa canzone?
Dedico questa canzone a chiunque si è sentito umiliato o ferito per colpa di qualcuno. Questa canzone parla di come ritrovare la propria voce, riconoscere il proprio valore e lottare per il rispetto che si merita.

CHARLOTTE DE WITTE, RETURN TO NOWHERE 

Come è nato Return To Nowhere, e cosa rappresenta per te e per la tua crescita artistica?
Sono sempre stata attratta dal potere dei vocals, e ho voluto usare ancora una volta interpretazioni corali e antiche nelle mie tracce. Un paio di anni fa, ho realizzato un brano chiamato "Varpulis", realizzato proprio con i Canti Gregoriani. Questo contributo si è rivelato fonte d'ispirazione per l'intero EP. Sono molto soddisfatta del progetto nel suo insieme: penso che mostri un lato più versatile di me. In particolare, ritengo che "Return To Nowhere" sia probabilmente uno dei migliori brani che abbia mai realizzato.

Dal punto di vista musicale come descriveresti questo progetto?
Oserei dire che è quello che la gente si aspetterebbe da me: è sicuramente fatto per la pista da ballo, con un “twist” diverso rispetto alle mie produzioni precedenti. 

Charlotte de Witte © Marie Wynants
Charlotte de Witte © Marie Wynants

Qual è la traccia con una bella storia da raccontare?
Direi che tutte le tracce dell'EP hanno una bella storia da raccontare. L'uso di quelle voci ha trasformato l'intero processo creativo in qualcosa di piuttosto emotivo. Soprattutto l'ultima traccia dell'EP, "What's In The Past", a volte può davvero emozionarmi.

A chi dedichi Return To Nowhere?
Difficile non parlare dello strano periodo che stiamo vivendo. Molte persone, e il mondo intero hanno sofferto, e stanno soffrendo molto. Quindi vorrei chiudere con un messaggio di speranza. You're not alone. Siamo tutti sulla stessa barca: tempi migliori stanno arrivando.

FRAH QUINTALE, BANZAI

Come è nato Banzai, e cosa rappresenta per te e per la tua crescita artistica?
Banzai è nato dall’esigenza di raccontare un po’ di cose che mi sono successe tra l’uscita del mio primo album (Regardez Moi, ndr) e questa prima parte del 2020. Questo lato del disco contiene racconti autobiografici e pezzi più leggeri, per me rappresenta un punto di svolta nella ricerca delle sonorità.

Dal punto di vista musicale come descriveresti questo progetto?
Il suono si avvicina all’RnB e a sonorità più black rispetto al lavoro precedente, volevo cercare di smarcarmi dall’indie italiano e di rendere il progetto più personale possibile, dai suoni delle strumentali all’uso della voce fino all’intero artwork del progetto. 

Frah Quintale © Valentina De Zanche
Frah Quintale © Valentina De Zanche

Qual è la traccia con una bella storia da raccontare?
Secondo me, Allucinazioni (feat. Irbis37) è un bello spaccato dell’amicizia tra me, Martino (Irbis) e tutti i ragazzi del suo collettivo. Il brano racconta una serata psichedelica finita all’alba da qualche parte a Milano. 

Con chi (e come) hai collaborato durante la realizzazione dell’album?
Sulle produzioni mi sono affidato come sempre a Ceri, con me anche su tutti i lavori precedenti. Inoltre, sono presenti Bruno Belissimo, Crookers e al microfono IRBIS37 (giovane talento di casa Undamento). Le collaborazioni nascono in maniera molto spontanea, condividere la stessa visione musicale è fondamentale ma è soprattutto il lato umano a rendere speciale una collaborazione. Preferisco lavorare con i miei amici che avere il nome del momento sul disco. 

A chi dedichi Banzai?
Lo dedico a chi ha l’esigenza di cambiare pelle di continuo, a chi sta cercando di cambiare delle cose nella sua vita,  a chi come me sente il bisogno costante di scoprire, di scoprirsi e di rinnovarsi.



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