La modella Down Madeline Stuart in un nuovo documentario
Nei mesi scorsi vi abbiamo presentato Ellie Goldstein, la modella Down diventata famosa in tutto il mondo dopo aver posato per una campagna The Gucci Beauty Glitch, realizzata in collaborazione con Vogue Italia. Oggi è Madeline Stuart a far parlare di sé, di inclusività e diversità.
Quando sfila in passerella riesce a togliere il respiro al pubblico. La prima reazione è di stupore, la seconda di ammirazione. Madeline Stuart, 23 anni, di origini australiane, è affetta dalla sindrome di Down ma questo non le ha impedito di brillare sotto i riflettori. Con quasi 700 mila follower su Facebook e oltre 300 mila su Instagram e una madre-leonessa, questa ragazza formidabile arriva al cinema con un documentario sulla sua storia, Maddy the model.
La casa di produzione è la stessa del documentario su Greta Thunberg ( di cui vi abbiamo parlato qui) e gli intenti sono molto simili, compreso l’hashtag #GetUpStandUp, come punto di riferimento per le nuove generazioni, sempre alla ricerca d’inclusività e giuste cause per cui combattere. Ne parla in anteprima al Festival di Zurigo la vulcanica regista svedese Jane Magnusson.
Com’è passata dal raccontare uomini del passato come Bergman a icone pop del presente come Maddy?
Il salto non potrebbe essere più lungo e azzardato, anche perché se proponi un progetto su un regista cult del passato ti riempiono di soldi per portare avanti il progetto, ma se presenti l’idea di una ragazza con la sindrome di Down e una carriera da modella storcono tutti il naso. Io ho scoperto la sua storia per caso facendo ricerche su un altro lavoro e ho subito mandato una mail alla madre di Maddy che ha accettato di vedermi.
E com’è andata?
Prima ho girato una puntata tv di 30 minuti dopo averle seguite a New York dietro le quinte delle passerelle per dieci giorni ma mi sono accorta che c’era molto altro da dire. Sono venute a trovarmi poi a Stoccolma e da lì è nato il film.
Ha avuto dubbi su cosa poter fare o non fare con Maddy davanti alla telecamera?
Mi vergogno di aver aspettato tanto prima di metterle un microfono addosso (per l’esattezza sei mesi dopo il primo ciak, a Dubai). Siccome ha problemi di linguaggio ho pensato fosse più semplice raccogliere testimonianze di persone attorno a lei e invece mi sono comportata come tutti quelli che incontra, che le parlano sopra senza ascoltarla. Lei, invece, non chiede altro.
Ha sottostimato le possibilità di Maddy?
Sì, partivo dall’idea che lei non capisse tutto quello che le accadesse attorno, invece se le dai la possibilità di esprimersi, a parole o su una passerella, la vedi subito splendere: è sicura di sé, disinvolta, magnetica. E quando le ho messo addosso una telecamera portatile era al massimo dell’orgoglio e dell’eccitazione. Mi sono sentita una vera idiota a non averlo capito prima.
La moda è pronta per accogliere modelle con sindrome di Down e trattarle con la dignità che meritano, pari alle colleghe?
Spero che il documentario aiuti ad allargare i canoni che attualmente noi attribuiamo alla bellezza. Non pretendo di cambiare il mondo della moda, ma di lanciare qualche input sì. Noi tutti dovremmo essere aperti e spontanei come Maddy.
Cos’altro l’ha colpita di lei?
Maddy è generosa e tutte le modelle le vogliono bene perché si dà sempre da fare ad aiutare tutti e durante le riprese insisteva spesso per portare la pesantissima attrezzatura. Si rimbocca le maniche e s’impegna sempre. Per lei è un grande dolore non poter sfilare sul green carpet di Zurigo, non poter essere qui a raccontare la sua storia, ma l’emergenza sanitaria l’ha reso impossibile.
Cos’è cambiato dopo la New York Fashion Week del 2015?
Ha sicuramente aperto le porte ad altre modelle con la sindrome di Down e ha di sicuro mostrato come il mondo sta cambiando e sta rivalutando i parametri della cosiddetta “normalità”. Che parola orribile, non trova?
Ha dovuto schermare cattiverie e bullismo?
Per fortuna la madre di Maddy le fa da filtro e lei non si rende conto di questo genere di reazioni. Sa di avere la sindrome di Down e si accorge di essere trattata diversamente ma nota anche la nota di ammirazione che suscita perché, diciamocelo, è di una bellezza disarmante.
Cos’è mancato, invece, a Maddy?
In Australia non esiste logopedia per le persone con sindrome di Down, il sistema non si fa carico di queste esigenze ed è solo grazie alla tenacia della madre se questa ragazza ha oggi la vita che merita.
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