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Helmut Newton. Epopea di un genio ribelle

Il 31 di questo mese cade il centenario della nascita di Helmut Newton. A decenni di distanza dalla data di pubblicazione, i suoi ritratti di donne forti, ricche ed emancipate su tacchi a spillo, imbevuti di erotismo e ossessioni, continuano a stupire, polarizzare, affascinare, riuscendo a parlare a generazioni di spettatori molto diverse tra loro. In questa intervista Matthias Harder, direttore della Fondazione a lui intitolata a Berlino, ci introduce nel ricco e complesso universo del fotografo, ripercorrendo le principali tappe della sua vita privata e professionale. Dagli esordi alle fasi più sperimentali e avanguardistiche di tutta la sua carriera, attraverso missioni (apparentemente) impossibili e grandi conquiste.

Helmut Neustädter – questo il suo nome di battesimo – nasce a Berlino nel 1920 in un’altolocata famiglia ebreo-tedesca. È giovanissimo quando capisce che da grande vorrebbe fare il fotografo. Ribellandosi al padre, che per il figlio sognava una professione più borghese, a sedici anni inizia uno stage nello studio di Yva, la più celebre fotografa di moda della Repubblica di Weimar. 

Nell’opera newtoniana si scorge l’influenza di Yva? 

Certo, e non può essere mai sottolineata abbastanza! Newton eredita da lei il gusto per l’eleganza sensuale e l’idea che le riviste patinate, e non il mercato dell’arte, siano l’habitat ideale delle fotografie di moda. Newton descriverà i due anni di apprendistato con Yva come il periodo migliore della sua vita.  

Apprendistato che si conclude forzatamente nel ’38, quando, per sfuggire alle persecuzioni naziste, è costretto a lasciare Berlino. 

Prese un treno dalla stazione Zoo alla volta di Trieste, con in valigia due macchine fotografiche, qualche vestito e il sogno di guadagnarsi da vivere come fotografo. Dopo una breve tappa a Singapore, arriva via nave in Australia. Non appena sbarcato viene arrestato. Ironia del destino, aveva un passaporto tedesco – il passaporto del nemico.  

Helmut Newton, “Self-portrait with Wife and Models” (Paris 1981).
Helmut Newton, “Self-portrait with Wife and Models” (Paris 1981).
Krause & Johansen

Nel suo studio fotografico di Melbourne, che inaugura nel 1946, si consuma l’incontro con la donna che lo accompagnerà per tutta la vita, sia privata sia lavorativa: l’attrice e fotografa June Browne, in arte Alice Springs. 

La collaborazione professionale tra Helmut e June è un’intensa e fruttuosa storia d’amore durata 56 anni. Ce la racconta il libro Us and Them (Taschen), un intimo diario fotografico della loro vita insieme che abbraccia ben cinque decadi, e dove sono confluiti molti dei ritratti che si facevano l’un l’altra. Newton si fidava ciecamente del giudizio di June, e sentiva la necessità di consultarsi spesso con lei sulle più svariate questioni legate al lavoro. Sappiamo con certezza che senza i suoi preziosi consigli alcune delle sue fotografie più celebri non sarebbero mai venute alla luce. Dopo la sua morte, nel 2004, per un incidente stradale nei pressi dello Chateau Marmont, sarà lei a prenderne in mano l’eredità e a ispirare l’opera della Fondazione Helmut Newton che, di comune accordo, avevano fondato a Berlino l’anno precedente.  

Il 1961 è considerato l’anno zero della carriera di Newton. Si trasferisce con la moglie a Parigi e inizia a collaborare con Vogue Paris: qui prenderà davvero forma il suo stile unico e irriverente, che non si presta a facili etichettature. Ci aiuta a descriverlo? 

Newton mescola elementi di glamour, moda, ritrattistica e documentario, e condisce il tutto con ingredienti piccanti come il voyeurismo e riferimenti all’universo fetish. Le sue foto celano inoltre metalivelli semantici che contribuiscono ad aumentarne l’appeal visivo, generando un alone di mistero. La sua opera, è imbevuta di riferimenti culturali: rielabora scene di film come Intrigo internazionale di Hitchcock e trae spesso ispirazione dall’arte: l’idea di accostare modelle vestite e svestite, sviluppata per la serie Dressed and Naked, è presa in prestito dalla Maja desnuda e vestida di Goya.  

White Women/Femmes Secrètes, il suo primo libro fotografico, fu pubblicato nel 1976, quando Newton aveva già 56 anni. Durante i suoi shooting per le riviste, Newton era solito scattare per sé versioni più osé delle stesse immagini, chiedendo alle modelle di abbassare una spallina oppure di alzare una gonna... Le riunirà anni dopo in questa storica pubblicazione, con cui apre la strada alla “erotizzazione visiva” della moda, culminata nel 1980-1981 con le serie Sie Kommen, Paris (Dressed and Naked) e Big Nudes.  

Infrange un tabù, e con questi lavori introduce per primo il nudo radicale nella moda.  Riuscendo così in una missione apparentemente impossibile, e per certi versi paradossale: scattare foto di moda senza moda, con modelle completamente svestite. Il suo esempio è stato poi seguito da molti altri fotografi, come Daniel Josephson, Rasmus Mogensen, Szymon Brodziak, e registi: la scena finale del film Prêt-à-Porter di Robert Altman, dove vediamo modelle nude in passerella, ha un fortissimo sapore newtoniano. 

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(continua)

Leggete l'intervista integrale su Vogue Italia questo mese in edicola dal 6 ottobre



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