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Ruth Bader Ginsburg e la bellissima storia d'amore con il marito Marty

Mia nonna materna era nata nel 1932 nel Queens, un anno prima che Ruth Bader Ginsburg venisse alla luce a Brooklyn. Si sposò nel 1955, e come tante famiglie cattoliche irlandesi di quei tempi, lei e mio nonno ebbero molti figli, sette, nel loro caso. Lui lavorava nell’edilizia, lei faceva la casalinga, ma era volontaria in chiesa e alle elezioni, e con entusiasmo accettò un lavoro d’ufficio quando il sesto figlio aveva iniziato a frequentare le elementari, felice di quel suo ritaglio di indipendenza. E secondo i racconti della mia famiglia, era distrutta quando dovette lasciare il lavoro dopo aver scoperto di essere di nuovo incinta.

Quella di mia nonna è una storia molto comune per una donna nata negli anni 30. E il fatto che la vita di Ruth Bader Ginsburg sia stata così eccezionalmente diversa dalle altre donne della sua generazione sembra essere il risultato di due cose. La prima è che sua madre, Celia Bader, le aveva lasciato il denaro per il college quando era morta di tumore, il giorno prima del diploma di Ruth; e poi, c’entra anche l’uomo che aveva sposato, Martin “Marty” Ginsburg, un rarissimo esemplare di proto-femminista, che sostenne sempre i suoi sogni e le sue ambizioni, oltre che i propri.

Dal fiume di ricordi che sono seguiti alla scomparsa di RBG lo scorso venerdì, è sempre più evidente che Marty fosse l’arma non troppo segreta di Ruth, e che lei non sarebbe mai stata in grado di sviluppare il suo potenziale in modo così straordinario se non avesse avuto un marito che considerava la sua professione alla pari con la propria. E con una carriera come la sua, fatta di battaglie legali contro la discriminazione di genere, la storia d’amore di Ruth diventa essa stessa l’esempio più grande della forza di un’unione alla pari.

“Se una donna vuole avere figli e anche un lavoro, l’uomo o la donna che sposa sono fondamentali”, scrive Caitlin Moran nel suo nuovo libro, More Than a Woman. “Troppo spesso le donne sposano il loro ‘soffitto di vetro’”. Secondo questo concetto, si può capire almeno in parte perché Ginsburg aveva detto che incontrare Marty è stata di gran lunga “la più grande fortuna della mia vita”.

Quando si sono conosciuti alla Cornell University negli anni 50, “Marty era un tipo davvero inusuale”, aveva detto una volta Ginsburg. “Era l’unico ragazzo che avessi mai conosciuto… a cui interessava che avessi un cervello”. Si innamorò anche della sua testa: a lezione di letteratura con il professor Vladimir Nabokov, Marty rispose correttamente a delle domande su Dickens, e Ruth ne fu molto colpita. Pare che si leggessero l’un l’altra Tolstoj e Dickens ad alta voce, un vero sogno per chi è appassionato di libri.

I Ginsburg arrivarono in alto sostenendosi reciprocamente, e dopo la Cornell andarono a studiare legge ad Harvard. Quando a Marty venne diagnosticato un tumore ai testicoli, Ruth andava a lezione al posto suo e batteva a macchina i suoi appunti prima di iniziare a frequentare i propri corsi alle due del pomeriggio. Lei e la figlia Jane seguirono Marty a New York dove lui aveva trovato lavoro in uno studio legale dopo la laurea. Ruth aveva saltato il suo ultimo anno ad Harvard e aveva finito gli studi alle Columbia. Quello che sembra una rarità non è il fatto che Ruth abbia fatto dei sacrifici per il loro matrimonio, ma che anche Marty ne avesse fatti. Mentre lui diventava un avvocato fiscalista e Ruth faceva volontariato alla ACLU e cercava di diventare docente, lui si assunse, com’è noto, il compito di cucinare per la famiglia. “Ruth non voleva a avere nulla a che fare con la cucina”, disse una volta l’ex Avvocato generale degli Stati Uniti Theodore Olson.

Cucinare non era affatto un compito gravoso per Marty, ma un modo per esprimere il suo amore, scrivono Irin Carmon e Shana Knizhnik in The Notorious R.B.G. “Se i miei primi ricordi sono quelli di papà ai fornelli”, ha detto Jane Ginsburg, “anche i miei ultimi lo sono. Cucinava per mamma anche se lui non riusciva a mangiare, o se faceva fatica a stare in piedi in cucina, era una gioia per lui parlare di legge a cena con nostra madre, assicurandosi che lei mangiasse bene e con gusto”. Marty disse al New York Times: “Come regola generale, mia moglie non mi dà mai consigli di cucina, e io non le dò consigli sul diritto. E questa cosa funziona benissimo per entrambi”

Ma Marty le dava anche il suo sostegno, diretto e fondamentale, sulle questioni di lavoro. Come potenziale candidata alla Corte Suprema con Bill Clinton, era considerato un tabù per lei farsi autopromozione. Ma non esisteva alcun divieto per un marito di fare lobbying per conto della moglie, quindi Marty lanciò la sua campagna per sostenere la candidatura di Ruth. “Non ero molto brava a fare autopromozione, ma Marty sì”, disse una volta Ruth a Gwen Ifill della PBS, aggiungendo che il suo lavoro per convincere il suo network di avvocati, editorialisti e politici era “instancabile”. Dopo aver ottenuto la candidatura, Ginsburg disse del marito: “Sono stata aiutata dal mio partner, Martin D. Ginsburg, che fin dall’adolescenza è stato il mio migliore amico e il più grande sprone”. La frase “ho sposato il mio miglior amico” è stata poi distorta in modo satirico sui social media, ma nel caso dei Ginsburg, la loro amicizia sembrava assolutamente sincera.

L’ascesa di Ruth alla Corte Suprema mise in ombra il marito al culmine del loro percorso insieme, ma lui dimostrò di non avere un ego fragile. “Marty era così sicuro di sé che non mi ha mai vista in alcun modo come una minaccia”, disse in seguito Ginsburg. Marty fu il secondo marito di una SCOTUS, una giudice della Corte Suprema, nella storia, dopo il consorte di Sandra Day O’Connor, John. Si dice che scherzassero sul fatto di essere membri della Denis Thatcher Society (chiamata così a causa del marito di Margaret) insieme ad altri uomini le cui mogli facevano “un lavoro che, sotto sotto, vorresti fare tu”, secondo il Time. Ma Marty aggiunse, “Lasciatemi dire che nel mio caso non è affatto vero. E solo perché a me non piace tanto lavorare. Mentre lei lavora come una matta tutto il tempo. Per il Paese è un bene che sia così”.

Quando i coniugi degli SCOTUS (in gran parte erano le mogli) si incontravano a pranzo, “Ricordo che mi aveva sorpreso che facesse tutto lui, senza catering”, disse Cathleen Douglas Stone, vedova di William O. Douglas. Le persone si domandavano, un po’ perplesse, come mai un “first gentleman” dovesse gestire tutto il lavoro domestico della East Wing, la scelta delle porcellane, le cene ufficiali e la gara delle uova di pasqua. E Marty Ginsburg era un modello da seguire: nel ruolo di first SCOTUS ci stava benissimo e in tutta la sua gloria domestica, proprio come ci si aspetterebbe da una qualunque donna con una laurea e una carriera. Come si legge in The Notorious R.B.G., “Quando uno degli impiegati compiva gli anni, Marty faceva una torta —alla mandorla o al cioccolato, a volte allo zenzero, al limone o con le carote. Ruth lasciava un biglietto in tema: ‘È il tuo compleanno, quindi Marty ha fatto una torta’”.

Sessantasei anni dopo il loro matrimonio, il mondo ha bisogno di più Marty. Pur con tutti i progressi dal punto di vista legislativo che ci sono stati grazie al lavoro di RBG per entrambi i sessi (fra cui anche l’aver stabilito lo stesso concetto legale di discriminazione sessuale), il matrimonio e la maternità sono ancora un impedimento alla carriera di una donna. Di recente una vignetta del New Yorker mostrava un uomo inginocchiato che chiedeva alla sua fidanzata di sposarlo, dicendo: “Mi faresti l’onore di prenderti ancora più responsabilità mentre la mia vita resta praticamente identica”? Fa sorridere, perché è vero: gli uomini sono ancora pagati più delle donne e alla loro carriera viene dato più peso, più inclini a inglobare quella delle loro mogli. E anche quando le donne lavorano, spesso faticano il doppio, perché devono addossarsi più lavoro in casa e per la cura dei bambini (una dinamica messa in evidenza anche in pandemia) dei loro partner uomini. Con questi ostacoli c’è poco spazio perché la carriera di una donna possa prosperare. A meno che, - a meno che! – questo partner non sia un Marty. Ogni aspirante Ruth merita di averne uno: un uomo che la sostenga non solo in teoria, ma anche in pratica; che ami la sua testa, e sappia anche come muoversi in cucina. L’eredità di Ruth per noi è sicuramente una guida, un faro, ma dovrebbe esserlo anche quella di Marty.

Oggi la storia è nota: poco prima della morte di Marty nel 2010, lui le scrisse una lettera su di un bloc notes e la lasciò nel cassetto accanto al suo letto d’ospedale. La lettera diceva: “Mia carissima Ruth, sei l’unica persona che io abbia mai amato nella mia vita. A parte i miei genitori e i figli, e i figli dei figli”. E fra le parole di addio alla moglie, e migliore amica, per 50 anni c’è una frase che esprime tutto il suo orgoglio per le grandi cose fatte da lei: “Che grande regalo è stato”, scriveva, “vederti arrivare fino in cima al mondo della legge” .

Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Vogue.com



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