Il futuro del retail. Il punto di vista di Christopher Goldman Ward
Immagino. Penso.
Immagino l’assenza del retail stesso, il paradosso in cui il luogo diventa non luogo e il prodotto, il Prodotto viene indossato. Sempre. I Marketing Mix con le sue 4 P sacre si modella sgretolando “the P.O.S.”, abbattendo ogni muro che tende a raccogliere e contenere il prodotto.
Il mondo intero è luogo di osservazione e di acquisto: le persone, i modelli e i display di prodotto mentre lo smartphone lo strumento con cui convertire l’osservazione in acquisto.
Nella nuova era basterà inquadrare una persona per avere tutte le informazioni sul prodotto indossato grazie alla realtà aumentata e in tempo reale prezzo e luogo d’acquisto più vicino, con la anche con la possibilità di acquisto online diretto.
Potremo sapere molto di più: se la persona inquadrata vuole vendere tale prodotto o scambiarlo. Sapremo molto, troppo gli uni degli altri ed essere sotto i riflettori diventerà abitudine. Ognuno di noi sarà inconscio testimonial dei brand.
Noi tutti saremo ambassadors, Noi influencers in carne e ossa nebulizzando la presenza più figure filtrate e virtuali.
Ogni giorno, in ogni secondo di una giornata, ovunque nel mondo sarà runway, una sfilata perenne di persone “prestate” al un mondo della moda.
Per questo il sistema dovrà cercare e trovare nuove leve e nuovi parametri per giocare la partita sul mercato globale.
L’archetipo della moda si riavvicina alla sua storicità, alla sua essenza in una nuova espressione, secondo nuovi paradigmi Virus Proof.
Che ne sarà dunque degli spazi fisici? Che ne sarà degli stores?
Gli spazi fisici potranno ora trasformarsi in luoghi effimeri a disposizione di art directors, stilisti, creativi per raccontare il brand. Come?
Immagino un ambiente fisico e metafisico. Uno spazio che possa trasformarsi in ogni momento, in cui le barriere del time to setting siano abbattute grazie al potenziale della digitalizzazione che diventa forma e sostanza.
Architettura nell’architettura.
Immagino interazione tra spazio privato e spazio pubblico, tra il brand e i suoi fruitori; la possibilità di scoprirlo e navigarlo già dal suolo pubblico, dalla strada, dal marciapiede, dalla piazza. L’emozionalità dello spazio e del progetto, in questo modo, avanzerebbe brutalmente proponendo contenuti e non più solo allestimenti statici.
Immagino un luogo in cui l’architettura è contenitore per il digitale ad alta risoluzione, in cui scenari, eventi, acquisti, interazioni avvengono incondizionatamente; in cui lanci, sfilate, concerti e feste avvengono “live” per fare di questo luogo una agorà multifunzionale a servizio contemporaneamente delle idee del marketing aziendale e infine del cliente ospite.
Immagino il negozio di domani in cui le percentuali di aree dedicate alle diverse funzioni saranno profondamente modificate, suddivise e destinate in modo nuovo.
Immagino una lease-line esterna (l’attuale spazio vetrina) interattiva e capace di dialogare con il “pubblico”, non più solo uno spazio didascalico e statico ma un luogo di racconto e d’informazione.
Immagino una Main-Room intesa come spazio effimero in cui “tutto può succedere”, nelle diverse ore del giorno.
Immagino una seconda area dedicata alla zona prova fisica e reale. I vecchi camerini diventano un salotto di prova, dove il prodotto preselezionato nella main room, “magicamente” e automaticamente, viene servito all’interno del camerino da una finestra collegata alla micro-logistica.
Ora vi passo l’immaginaria bacchetta magica.
Immaginate di poter comprare dalle 9am alle 7pm e assistere a una conferenza del direttore creativo dalle 7pm alle 9pm.
Immaginate di fare un aperitivo durante un dj set live in remoto di Blackcoffe dalle 9pm alle 12pm.
Immaginate di poter ricevere informazioni su traffico, borsa, meteo e altro durante le ore della notte profonda, il tutto nello stesso poliedrico ambiente.
Immaginate un assistente in remoto, magari un influencer, l’influencer dei sogni, magari la vostra miglior amica che ci consigli e ci rassicuri e che abbini e coordini attraverso uno smart-mirror.
La verità però è che il tempo dell’immaginazione dura quanto una notte di sogni.La verità è riprendo a pensare.
Pensare il retail di domani invece di immaginare quello del domani che non è un banale gioco semantico ma una sostanziale differenza di approccio: il secondo visionario e puramente creativo, il primo reale e realistico, funzionale.
Parlo del retail che ci aspetta in un futuro prossimo, non lontano o metafisico né post apocalittico: su questi ultimi aspetti si sono già cimentate magnificamente autorevoli menti filosofiche e visionarie di cui continuo a nutrirmi come creativo e umile discepolo.
D’altronde la consapevolezza e l’onestà intellettuale, di questi tempi, sono un obbligo morale, anche nel mondo della moda.
La mia esperienza con il retail e per il retail, di un decennio ormai, mi dice che il sistema non potrà, nel medio periodo, trasformarsi improvvisamente in realtà “altra, un sogno futuristico slegato da regole, tempi e rapporti che l’hanno caratterizzata negli ultimi centocinquant’anni.
Perciò, penso che i tempi, dopo un imposto e subìto momento di pausa e riflessione ritorneranno a essere scanditi a un ritmo non identico ma simile.
Anche oggi, dunque, continuo a pensare a un punto vendita così come a un commesso, un camerino e una cassa ancora reali, forse solo più smart.
Penso che le leggi di mercato, dell’economia e le necessità di una sempre più compatta globalizzazione continueranno a dettare ritmo e cadenza dei processi del mondo della moda e quindi del retail, nonostante questi mesi abbiano spinto al limite la nostra immaginazione e sogni della categoria intera dei creativi, che usciti dalla porta, però, si ritrovano in mondo meno diverso da quello che avevano disegnato, riempiendo file e fogli di carta, consumando matite e pantoni.
Tutto da buttare, dunque? No. I cassetti che progettiamo servono a questo: a custodire i progetti dei sogni, o le soluzioni agli incubi del domani.
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