Alessandra Ferri torna sul palco: l'intervista di Vogue
Dopo un lockdown denso di impegni e incontri virtuali, Alessandra Ferri è ora tra le prime étoiles a tornare a danzare in scena, dal vivo. Un appuntamento molto atteso, certo emozionante: giovedì 27 agosto nell’ambito del Festival Armonie d’arte ideato e diretto da Chiara Giordano, nel parco archeologico di Scolacium presso Catanzaro, con Corpus Anima. Uno spettacolo dal titolo evocativo in cui gli affetti cari all’artista ritornano nelle scelte dei brani coreografici e dei danzatori che la accompagnano. Alla vigilia del debutto abbiamo incontrato la ballerina su Skype dalla sua casa di Londra, dove è recentemente tornata dopo i mesi trascorsi a Milano, ritrovandola sensibile e forte: il suo tipico modo di affrontare la vita e vivere l’arte.
Alessandra Ferri, inevitabile chiederle dei mesi scorsi: come li ha vissuti emotivamente?
È stato un periodo fluttuante, come penso per tutti. Ci sono stati anche momenti molto belli, di raccoglimento, riflessione, pausa, quasi di semina per il domani, in cui abbiamo vissuto di affetti, con familiari e amici: nel silenzio ci siamo concentrati su noi stessi e sulle persone accanto. Ma ci sono stati anche momenti difficili: quando la vita è ricominciata mi sono resa conto che noi artisti eravamo fortemente penalizzati, tutto riprendeva ma noi ne eravamo esclusi, nient’affatto considerati. Ora le cose stanno un po’ cambiando ma le performing arts e tutti coloro che ne sono coinvolti restano il settore che più fatica a ripartire, a livello mondiale, non solo italiano. A Londra si parla di iniziare le stagioni nella primavera del 2021, a New York non ne hanno ancora idea… Una tragedia, soprattutto per i tanti artisti e liberi professionisti non legati a istituzioni, senza lavoro.
Durante il lockdown lei è stata un rifermento per tanti ballerini con le sue lezioni su Zoom. Le è piaciuto insegnare?
È stato un bello scambio. Non avevo mai veramente pensato di insegnare, forse perché non si era ancora presentata l’opportunità. Poi è accaduto un episodio. Willy Burmann, il mio maestro per 35 anni, si è spento a New York a fine marzo, causa Covid: per me una grave perdita, una ferita. Così mi hanno chiesto di dare una lezione su Zoom in suo onore: si sarebbero connessi ballerini da tutto il mondo che avevano studiato con lui. Un’esperienza bellissima e toccante. Poi ho visto che i ballerini della Scala non avevano lezioni di compagnia organizzate da remoto e allora ho pensato di aiutarli. Ho iniziato a insegnare con entusiasmo, mi è piaciuto molto e ho continuato quando siamo potuti tornare in sala ballo, in gruppi di tre o quattro: li ho invitati in uno spazio bellissimo, dove io studio quando sono a Milano, in zona Tortona, presso Galvanotecnica Bugatti.
Continuerà l’insegnamento parallelamente alla sua carriera di étoile?
Sicuramente è un’attività che ho scoperto. Mi è piaciuto molto dare, trasmettere tutto quanto ho appreso nella mia carriera: ovviamente ho una grandissima esperienza. Vedremo…
Intanto è tornata a Londra.
Sì, ero rientrata in Italia a fine marzo, quando anche a Londra stava scoppiando l’epidemia. Mia figlia maggiore Matilde era a Milano, dove vive, e io mi sentivo male all’idea che chiudessero le frontiere, di non poterla rivedere chissà per quanto o che mai succedesse qualcosa: non potevo stare lontana. Quindi io e mia figlia minore Emma, che vive con me a Londra, in 24 ore abbiamo deciso di partire, con uno degli ultimi voli utili. Passati cinque mesi a Milano ora sono contenta di essere tornata a Londra: la mia vita è qui, preparo i prossimi spettacoli e ora il Royal Ballet ha riaperto per le lezioni, anche se non per prove né spettacoli, così che anch’io posso studiare con la compagnia.
Nel frattempo come ha ideato Corpus Anima?
L’idea dello spettacolo è nata dal festival Armonie d’arte, dalla direttrice artistica Chiara Giordano, che ha voluto mantenere la manifestazione: applaudo il coraggio e la determinazione di chi continua. Un segno importante perché non possiamo rimanere annientati da questo virus, in qualche modo dobbiamo riuscire, con tutte le dovute precauzioni, a conviverci, non solo nella vita sociale ma anche in quella culturale: è impossibile privarci di un nutrimento vitale qual è l’arte. Ovviamente è stata difficilissima l’organizzazione di questo spettacolo: era impossibile provare, creare nuovi pezzi, e io ero a Milano, finché a Londra hanno iniziato a riaprire le sale di danza e abbiamo potuto ricominciare.
Che brani coreografici ha scelto per sé?
L’assolo Senza Tempo su musica di Bach: visto che abbiamo meravigliosi musicisti con noi, ovvero il violinista Alessandro Quarta e il suo quintetto, la scelta è caduta su brani coreografici strettamente legati alla musica. Considero la coreografa Fang-Yi Sheu, taiwanese di origine, una grande artista e ci è sempre piaciuto lavorare insieme: ha danzato con la compagnia di Martha Graham per molti anni e anche lei era allieva di Willy Burmann.
E i passi a due?
Sono firmati da due coreografi ai quali pure sono molto legata: Christopher Wheeldon autore di After the Rain su musica di Arvo Pärt e Angelin Preljocaj autore di Le Parc su musica di Mozart. Trovo che entrambi questi pas de deux siano opere d’arte, perle coreografiche a me molto care.
Suo partner nei passi a due è l’italiano Federico Bonelli, Principal dancer al Royal Ballet di Londra. Come vi siete ritrovati?
Danzerò felicemente con lui: abbiamo un bellissimo rapporto, un’intesa perfetta. Abbiamo provato in una settimana, ma per noi vuole dire molto ricominciare. Ci siamo sempre tenuti in forma, ma certo non è lo stesso fare una lezione in studio e prepararsi per uno spettacolo, che fisicamente richiede uno sforzo enorme.
Ma visto che non siete una coppia di vita, come potrete danzare insieme e soprattutto darvi quel bacio infinito che chiosa il passo a due di Le Parc?
C’è una disposizione dell’agenzia dello spettacolo che permette di diventare una coppia di lavoro. Siamo sottoposti a tamponi: li abbiamo fatti prima di iniziare le prove e li rifaremo prima dello spettacolo, appena arrivati in Italia; poi starà a noi due rimanere attenti e isolarci. Sarà il modo in cui il Royal Ballet e l’American Ballet Theatre torneranno a fare spettacoli: si creano delle “bubbles”, ovvero dei piccoli gruppi di ballerini, una decina al massimo, che fanno lezione e lavorano insieme. Così il gruppo, che non si può cambiare, rimane isolato e se mai dovesse succedere qualcosa è circoscritto a poche persone. Io e Federico quindi facciamo lezione, prove e spettacolo insieme, sempre noi due.
Chi ha voluto ancora accanto a sé?
Ho visto che questi tre ragazzi che conosco molto bene, il ventiduenne italiano Giacomo Rovero del Royal Ballet, Jordan James Bridge e James Pett della compagnia di Wayne McGregor, avevano creato degli assoli, molto belli, e ho pensato: perché non invitarli a portarli in scena, condividerli finalmente non solo online, visto che sono il frutto del periodo trascorso?
L’effetto sarà rigenerante su un palcoscenico en plein air come il sito di Scolacium, tra natura e archeologia.
Sì, sarà una serata molto intima, un incontro con un pubblico di pochi rispetto a quanti siamo abituati. E penso che sì, ci sarà emozione: il mio ultimo spettacolo era stato Duse alla Fenice, lo scorso febbraio, tanti mesi fa ormai…
In questo tempo ancora sospeso, in attesa dell’apertura dei teatri, come trova la determinazione a continuare a lavorare?
A me ha salvato avere questo impegno con me stessa, per non lasciarmi andare. È stato anche un momento di studio interessante perché non avere la pressione e la fretta di uno spettacolo permette di prendersi tempo per studiare con tranquillità, soffermarsi su certi particolari, su un passo, sulla sua esecuzione. Io ho imparato tante cose: tutti cambiamo, il nostro corpo cambia, non siamo mai gli stessi, dobbiamo saperci ascoltare. In un certo senso ora mi sento molto bene fisicamente perché sono riuscita a studiare con molta attenzione e con una precisa focalizzazione. Studiare da soli certo è difficile perché bisogna avere forza di volontà, anche quando non si ha voglia, a casa tutti i giorni, senza averne l’obbligo. Ma è stata una scuola incredibile e io ne sono uscita fortificata.
Quindi non è uscita provata dal suo lockdown?
L’ho capito con l’età: tutti noi abbiamo periodi negativi, in cui ci sentiamo giù, giornate in cui mi svegliavo e pensavo: “ma cosa mi alzo a fare?”. Però ho imparato a rispettare anche quei giorni, a sapere che domani sarebbe stato meglio. Abbiamo tutti alti e bassi, chiari e scuri, sorrisi e lacrime, ma no, non dobbiamo spaventarci: io so che alla fine passano i momenti bui.
Trova sempre la sua forza in se stessa? O anche le persone accanto a lei la sostengono?
Nei mesi scorsi mi sono concentrata su me stessa, avevo una mia routine. Al mattino studiavo danza poi al pomeriggio, quando mi veniva, spontaneamente, mi mettevo a scrivere: riflessioni sulla danza, sugli incontri artistici della mia vita. È un libro ancora in lavorazione, buttato giù come un canovaccio, ma sì, mi piacerebbe vederlo pubblicato. Poi certo ho tratto forza dalla vicinanza con le mie figlie, con Matilde in particolare, che è stato bello ritrovare per tanti mesi.
Ora lo spettacolo a Catanzaro e il Gala di balletto in calendario al Teatro alla Scala (23, 24, 26 settembre e 2 ottobre) le daranno ulteriore slancio.
Sì, era stato un colpo vedermi cancellati spettacoli e progetti a cui tenevo molto. Tutto in realtà è rimandato, ma non sappiamo bene a quando. Intanto le occasioni di Catanzaro e della Scala che si sono presentate sono una grande sferzata di energia, che mi aiuta e mi tiene viva, perché per me la danza è vita.
Informazioni sul festival Armonie d'arte qui e sullo spettacolo Corpus Anima qui
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