Il mese scorso la modella portoricana Joan Smalls, più volte apparsa sulla copertina di Vogue, ha rimproverato via Instagraml’industria della modaper la debole reazione alla morte di George Floyd. Poco dopo, ha attivato una piattaforma su cui si possono donare quote del proprio salario in aiuto delle organizzazioni affiliate al movimentoBlack Lives Matter. Con l’obbiettivo di raccogliere sostegno, ha scritto un’appassionata lettera sull’essere vittime del razzismo sistemico e su cosa possiamo fare tutti per dare una mano.
Il razzismo non esiste solo in alcune industrie. È presente in tutti i settori professionali. Ogni persona di colore lo subisce, indipendentemente da dove vive e da cosa fa perché gli stereotipi e la profilazione razziale sono negli individui che vedono il colore della pelle prima della persona.
Noi persone di colore, in quanto tali dobbiamo lottare e farci strada con le unghie e con i denti per ottenere quello che vogliamo, dobbiamo superare ostacoli che cercano di tenerci in quello che secondo alcuni è il nostro posto. Il dover continuamente dar prova del nostro valore e andare ben oltre qualunque aspettativa può essere estenuante, a volte, ma è un lavoro che bisogna fare. A quelli che cercano di tenerci a freno dico buona fortuna! Avremo noi la meglio e dimostreremo la resilienza che i nostri antenati ci hanno instillato.
Ho lavorato nell’industria della moda per quasi tutta la mia vita adulta e non mi è stato regalato niente. Lavoro in tutto il mondo e trovo il razzismo in molte forme, ovunque vada. E anche se ci sono state persone che hanno creduto in me e hanno voluto aiutarmi a raggiungere i miei obbiettivi, molti hanno cercato di frenarmi. Purtroppo per loro, la mia volontà era più grande dei loro rifiuti e delle loro barriere.
Ho affrontato le avversità e gli ostacoli e li ho usati come legna per alimentare il fuoco che bruciava dentro di me e dimostrare a me stessa, alla mia famiglia e al mondo che il successo può essere raggiunto tramite la determinazione, il desiderio, un atteggiamento positivo e una buona etica del lavoro. Nessuno ha il diritto di decidere del mio futuro o di calpestare i miei sogni a causa del mio background culturale. Ma la verità è che il razzismo sistemico frena e distrugge molti di noi in questo mondo.
Quando il Covid-19 ha cominciato a diffondersi nel mondo e siamo andati tutti in quarantena, molti di noi si sono trovati a riflettere sulla propria vita e a guardarsi allo specchio con franchezza – coloro che erano disposti a farlo. Poi la brutalità della polizia, il razzismo e le richieste di riforme sociali si sono diffuse in un lampo davanti a noi. Vedere tanto odio, tanta tristezza e la mancanza di sostegno al movimento Black Lives Matter da parte della mia industria mi ha fatto star male. Amo la moda. Mi permette di essere creativa, è uno sfogo per me. Ma sapevo anche che non potevo stare a guardare senza fare nulla. Occorreva dire la verità e prendere provvedimenti.
È stato allora che ho deciso di rilasciare una prima dichiarazione all’industria della moda, a giugno. Volevo raccontare la mia esperienza e quello che mi opprimeva da anni. Come molti altri, avevo bisogno che l’industria che amo mi ascoltasse e capisse che il silenzio non è solo noncuranza ma è dannoso per il progresso del nostro settore. Ecco perché ho anche deciso di fondare Donate My Wage. Volevo mettere a disposizione un servizio per le persone che desideravano contribuire alla causa. Con Donate My Wage la gente può donare una quota del proprio salario alle organizzazioni affiliate a Black Lives Matters, corrisponda essa a un’ora, un giorno, una settimana o un mese di stipendio. Ho scelto 11 organizzazioni per coprire un po’ tutti i settori bisognosi di aiuto, dall’istruzione all’emancipazione delle donne, dai media all’inclusione.
L’industria della moda ha una responsabilità sociale verso i suoi consumatori che devono essere ugualmente rappresentati sia all’interno delle aziende sia nelle immagini e nei servizi che raggiungono così tanti segmenti della popolazione e ispirano così tante persone. È ora di indirizzare il dialogo verso un’inclusione che diventi la normalità. Oltre a questo, l’industria della moda può prestare le sue piattaforme e il suo sostegno finanziario alle organizzazioni che fanno la differenza per il raggiungimento delle riforme necessarie. Deve esserci un cambiamento vero. Questa non è una moda passeggera. I leader della nostra industria devono porsi come obbiettivo di andare avanti nella giusta direzione. Se hanno il potere di fare da guide e di essere la forza che occorre per la crescita, allora devono agire. Il mondo della moda deve essere inclusivo sempre, in tutti i suoi aspetti.
100 cover star, 100 storie: un progetto eccezionale per il numero di settembre che vede protagoniste delle 100 copertine del giornale altrettante persone, tra loro diversissime per età, etnia, professione, vita. Senza gerarchie e senza filtri, all’insegna della diversità, della bellezza, della speranza
La mancanza di diversità nel mondo della moda può essere alquanto sorprendente. Si tratti di modelle, fotografi, casting director, make up artist o editor, c’è un bisogno di maggiore diversità in ogni settore di questa industria. Sta a noi, alle persone che hanno trovato il successo, sollevare gli altri. I brand, le aziende, le case editrici, le agenzie, tutti devono prendere provvedimenti per cambiare le dinamiche all’interno delle loro organizzazioni. Devono offrire opportunità alle persone di colore affinché possano dimostrare il loro talento e il loro valore. Devono creare uffici, comitati o come altro li si voglia chiamare che misurino la diversità professionale all’interno di un’azienda o di un’organizzazione e cerchino di ampliare il loro pool di talenti in modo da includere più persone di colore.
Ci vorrà un sacco di lavoro, lunghi giorni e infinite ore per creare un vero cambiamento, ma è ora di farlo. Abbiamo bisogno di solidità e costanza, non di casi unici. Non voglio che le cose tornino com’erano prima. Non funzionava. Non è giusto.
Quindi avviamo quelle discussioni aperte e a volte scomode e facciamole seguire da un piano d’azione che porti a una vera uguaglianza e a un reale cambiamento. Guardiamoci allo specchio e chiediamoci “Cosa possiamo fare meglio?” Spetta a noi e a coloro che occupano posizioni di potere capire che è ora di finirla, e che il cambiamento è in arrivo. Cerchiamo di essere una forza per ottenerlo. Siamo una generazione che crea, apporta cambiamenti, infrange le regole. Dobbiamo tutti donare tempo, denaro e conoscenze per cominciare a vedere una minima briciola del cambiamento necessario. Ma dobbiamo farlo insieme. Insieme siamo più forti. Quindi la domanda è, siete pronti a essere quella forza?
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