Razzismo anti-asiatico: ne parlano 12 stilisti e modelle influenti
#StopAsianHate: basta al razzismo anti-asiatico
L’orribile sparatoria avvenuta il 16 marzo ai danni di otto persone – incluse sei donne asiatiche — in tre spa di Atlanta, negli Stati Uniti, ha scatenato violente reazioni in tutto il mondo. La tragedia si è consumata in seguito a un aumento vertiginoso in occidente dei crimini d’odio anti-asiatici durante la pandemia, portando alla condivisione sui social dell’hastag #StopAsianHate in segno di solidarietà alla comunità asiatica.
Tra coloro a far sentire la propria voce ci sono figure di spicco della moda, pronte a sottolineare quanto sia diffuso il razzismo anti-asiatico – sia dentro sia fuori dall’industria. In un periodo in cui la moda si trova ancora alla resa dei conti per ciò che concerne diversità e inclusività, è più importante che mai far sentire la voce delle persone asiatiche.
Di seguito, 12 designer e top model – compresi Phillip Lim, Anna Sui e Jason Wu — spiegano perché è importante battersi contro il razzismo anti-asiatico e i passi da fare per creare un’industria della moda che sia davvero inclusiva
1. Phillip Lim, designer
“Il primo passo per l’industria è quello di capire che non siamo in competizione gli uni con gli altri. Non si tratta di una comunità posta al centro dell’attenzione per un momento, mentre un altro gruppo aspetta nell’ombra il proprio. L’inclusività lascia spazio a tutti, sempre. Non possiamo più separare ciò che siamo da ciò che facciamo e non dovremmo farlo. È finita quell’epoca, è arrivato il momento di vivere la nostra verità, celebrarla e portare il meglio di noi stessi nel nostro lavoro e nella nostra comunità”.
2. Anna Sui, designer
“Quello che sta accadendo non è solamente tragico e orribile, ma riporta alla mente tutti quei dolorosi ricordi della paura del ‘pericolo giallo’; il Chinese Exclusion Act del 1882 da parte degli Stati Uniti, e i campi di concentramento giapponesi (in cui i giapponesi che vivevano negli Stati Uniti venivano forzati durante la seconda guerra mondiale). Dobbiamo far crescere la consapevolezza del problema, imparare la tolleranza e praticare l’accettazione reciproca. Sarebbe meraviglioso se ciò che uscisse fuori da questo supporto fosse un sostegno a tutti i giovani studenti di design asiatici e agli stilisti emergenti con le proprie collezioni”.
3. Soo Joo Park, modella
“L’industria, nel bene e nel male, nel tentativo di essere rappresentativa, spesso semplifica eccessivamente l’identità di una persona in una ‘casella preselezionata’. Questo è forse il motivo principale per il quale mi sono decolorata i capelli – per lottare contro il populismo e gli stereotipi.
“Il nostro è un business che permette alle persone di vedersi rappresentate nei media. La posizione che prendiamo nel marginalizzare o rappresentare certi pregiudizi può plasmare gli occhi dello spettatore – è fondamentale rendersi conto dell’impatto che la nostra industria e la nostra energia creativa possono avere sulla società, per ricordare al mondo che è piena di sfaccettature e non monolitica. Per contribuire a combattere l’attuale violenza e retorica anti-asiatiche, faremmo meglio a mostrare con passione una vasta gamma di culture ed esperienze asiatiche, oltre a condividere storie individuali. Se ascoltiamo e cerchiamo di essere aperti ad avere conversazioni, penso che tutti possano finalmente sentirsi visti e ascoltati.”
4. Fernanda Ly, modella
“Smettetela di ignorare la nostra esistenza finché vi conviene: siamo molto di più di una casella sulla vostra lista di controllo politicamente corretta. È un pensiero prevalente che l’Asia e gli asiatici debbano essere sfruttati – ad esempio, attraverso la manodopera a basso costo o il guadagno tramite la vendita di beni di lusso. Cercate di capire che anche noi siamo essere umani con una storia molto ricca – non siamo cittadini di classe inferiore che esistono solo a vostro beneficio.”
5. Carol Lim e Humberto Leon, fondatori di Opening Ceremony
“Da asiatici-americani quali siamo, spesso ci è stato detto di ignorare la nostra cultura, e di accettare le divisioni. Ma adesso basta: dobbiamo far sentire la nostra voce. I nostri antenati hanno lavorato troppo duramente e sono stati messi a tacere per troppo tempo, quindi ora è il momento per le nuove generazioni di opporsi. La storia che ci obbligano ad assimilare è falsa: siamo orgogliosi della nostra cultura e di ciò che ci rende quello che siamo.
“C’è una linea sottile tra onorare una cultura e sfruttarla. Ci sono aziende di proprietà di bianchi che utilizzano la nostra cultura come decorazione, senza restituire alla nostra comunità e sorvolando sulla nostra storia e arte (spesso definendo addirittura i loro prodotti come “tributo”), e queste azioni perpetuano il razzismo sistemico. Devono essere fermati. Le nostre ricche culture asiatiche non devono essere usate dai non asiatici come mera decorazione. Questa non è moda. Ci sono sfumature che non possono essere comprese se non facciamo parte del dialogo. Chiedeteci. Includeteci. Non date per scontato.
“Dobbiamo ritenere le persone responsabili di comportamenti razzisti, e il primo passo è di segnalarlo quando ci si para davanti agli occhi, chiunque tu sia. Non dobbiamo lasciare correre”.
6. Jason Wu, designer
“Crescendo, non c’era molta rappresentazione asiatica nella moda. Ora più che mai è importante lottare come comunità per spingere al cambiamento e l’accettazione: non sosterremo il razzismo e l’intolleranza”.
7. Prabal Gurung, designer
“Affinché la moda possa compiere progressi reali nel suo percorso verso l'inclusività e la diversità, i posti al tavolo decisionale devono essere occupati da almeno il 50% delle persone di colore (POC) e delle voci emarginate. Lo sforzo di essere inclusivi non può fermarsi alla superficie, non può limitarsi solo a coloro che lavorano alle vendite. Che aspetto ha la tua sala riunioni? È davvero eterogenea?
“È fondamentale che l’industria abbracci il movimento e non solo per un momento. Con questo intendo dire che dobbiamo raccontare costantemente le storie delle persone emarginate. Le nostre storie e le nostre voci non dovrebbero essere solo simboliche o riservate a periodi riguardanti la nostra eredità o durante tempi di crisi. Infine, l’industria della moda deve smantellare la visione patriarcale e coloniale attraverso la quale opera. Dobbiamo sradicare queste norme oppressive che circondano la bellezza, il genere, la razza e l’elitarismo per poter cingere un futuro più equo.”
8. Robert Wun, designer
“Ricordo ancora abbastanza vividamente il razzismo incrociato nel settore, da parte di qualcuno il cui solo obiettivo era quello di capire da che parte della Cina venissi – invece di parlare del mio lavoro e della mia collezione. Hanno anche ipotizzato erroneamente sulla mia condizione legale nel Regno Unito, suggerendo inoltre di cambiare la direzione della mia collezione per avere una maggiore ‘rilevanza culturale’, in modo da mettermi in una categoria di diversità – poiché era l’unico modo di poter ‘vendere’ uno stilista POC.
“Credo che uno dei maggiori problemi con il razzismo anti-asiatico sia la sua normalizzazione – quando è categorizzato come uno scherzo o una battuta – o quando viene paragonato al razzismo vissuto da altre comunità e quindi minimizzato come se fosse insignificante. Inoltre, i presupposti disumanizzanti della nostra classe, background e le differenze culturali come persone di origine asiatica.
“Andando avanti come comunità, dobbiamo farci sentire e unirci contro questa normalizzazione dell’odio e del razzismo che riceviamo, e l’industria della moda deve correggere il proprio approccio verso i rappresentanti POC, soprattutto per quel che riguarda i talenti emergenti.”
9. Tao Okamoto, modella e attrice
"Quasi ogni capo prodotto al mondo è stato toccato da qualcuno di origine asiatica durante il processo di realizzazione, e questo fattore viene spesso sottovalutato. Non siamo solo mercati o lavoratori, ma esseri viventi come quelli di qualsiasi altro background. L’industria deve riconoscere che ci sono stati importanti questioni relative ai diritti umani in quei processi creativi, e combattere questo odio stratificato può iniziare, basta riconoscere tali circostante e adottare misure che non sottovalutino le persone coinvolte. Questo aspetto deve essere discusso non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo, nonché in Asia. Dobbiamo ascoltare la storia di tutti e rimanere sempre compassionevoli verso le loro circostanze”.
10. Mona Matsuoka, modella
“Lavoro nella moda da un po’ di tempo ormai, ma il tema dell’odio asiatico è molto più di un semplice problema nell’industria della moda. Le ultime settimane, con tutti questi crimini d’odio negli Stati Uniti, sono state devastanti. Sono preoccupata per i miei amici e la comunità, per ‘l’odio’ che si sta costruendo. I media dovrebbero affrontare di più le storie di queste persone che sono state uccise, ferite e abusate, in modo da far comprendere alle persone da dove veniamo, invece di spiegare il movente di colui che abusa, dell’assassino. Che fareste se fosse un vostro parente? Un amico? La vostra comunità? Siamo tutti umani con lo stesso cuore pulsante.
11. Yoon Ahn, designer
“Quando sentiamo il termine ‘razzismo’, la razza asiatica passa spesso inosservata, anche se siamo tutti consapevoli del fatto che gli asiatici sono stati costantemente oggetto di discriminazione. La questione viene evidenziata solo adesso, perché le minoranze asiatiche stanno affrontando tragiche perdite, derivanti dalle provocazioni di Donald Trump. Sebbene l’Asia sia considerata un mercato importante nel settore dell’abbigliamento, l’influenza della cultura asiatica nella storia della moda non viene evidenziata o riconosciuta abbastanza”
12. Rejina Pyo, designer
“Non ho la risposta al razzismo. Permea ogni aspetto delle nostre vite. Una volta scalfita la superficie, non ci vuole molto a scoprire il razzismo anti-asiatico fuorviante e casuale nutrito anche dai tuoi familiari e amici più cari. È diffuso. È diventato così normalizzato che quasi non metto più in discussione le innumerevoli volte che mi sono ritrovata a riceverlo nel Regno Unito in questo settore.
“Dobbiamo lavorare insieme per richiamare e respingere il razzismo quotidiano, la xenofobia e lo stigma che porta così tanti di noi a chiudere un occhio ogni giorno nella nostra industria. Possiamo anche sostenere gruppi di sostegno, come Stand Up To Racism e End The Virus of Racism.”
Come possiamo aiutare?
Possiamo donare alla AAPI Community Fund, che supporta le comunità asiatiche e quelle degli isolani del pacifico negli Stati Uniti.
Possiamo anche donare all’End The Virus of Racism, un’organizzazione no profit che si dedica a risolvere il problema del razzismo per le persone provenienti dall’Asia orientale e sudorientale.
Possiamo imparare dal The Racism is a Virus Toolkit, pubblicato dall’organizzazione no profit Act to Change per supportare le comunità asiatiche a combattere Il razzismo.
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