Come posso smettere di confrontarmi con gli altri su Instagram?
Sette anni fa, ho scritto un articolo sui pericoli dei social media (ovvero Instagram) rispetto alla nostra salute mentale. Arriviamo a oggi ed eccomi qui, a fare scrolling fino a tarda notte, confrontandomi con altre persone. È la stessa cosa ogni sera: vado a letto disperata per la mia vita, con gli occhi quadrati per il tempo infinito passato davanti allo schermo.
Poi arriva l’incredulità: come ho fatto a sprecare un’ora, bloccata in un buco nero digitale, sulla pagina di qualcuno che non conosco e che probabilmente non incontrerò mai? Metto via il telefono, giurando di rinunciare a Instagram per sempre. Ed ecco arrivate le 7 del mattino. Suona la sveglia, prendo in mano il telefono e il ciclo ricomincia.
È un fatto ben documentato che le persone trascorrono sempre più tempo sui social media. In effetti, a livello globale, ci passiamo 145 minuti (ovvero quasi due ore e mezza) al giorno. Ovviamente, andiamo sui social media per una miriade di ragioni: dal mostrare il nostro sostegno e diffondere consapevolezza per cause e campagne che consideriamo vitali, allo scoprire gruppi di supporto e persone che la pensano come noi e rimanere in contatto con amici e familiari. Per molti, si sono rivelati un’ancora di salvezza durante la pandemia. Ma sfido chiunque sia andato online per qualsiasi motivo che non sia stato risucchiato in una sfida immaginaria tra se stesso e un amico, una celebrità o un perfetto sconosciuto: qualcuno più magro, più divertente, “più bello” o “di maggior successo”.
Un bisogno intrinseco di confronto
Secondo la psicoterapeuta Rebecca Sparkes, confrontarsi con gli altri è nella natura umana. “Il cervello umano è fatto per farci confrontare con altri membri della specie”, dice. “Era un modo primitivo per tenerci al sicuro. Avevamo bisogno di valutare costantemente i nostri simili: sono migliori di noi? Potrebbero avere più potere fisico o godere di una stima maggiore all’interno della gerarchia? Chi è una minaccia per noi e con chi dobbiamo stringere un’alleanza per metterci al sicuro?”.
Ai nostri tempi, la posta in gioco non è così alta. Ma come sostiene il dottor Adrian Meier, assistente professore di scienze della comunicazione all’Università Friedrich-Alexander in Germania, il sentimento rimane lo stesso. “Il confronto sociale è profondamente radicato nella nostra psiche. Vogliamo sapere come stiamo andando rispetto ai nostri coetanei.”
Ma cosa succede quando non siamo all’altezza? Laddove in tempi primitivi avevamo solo la nostra comunità immediata con cui confrontarci, oggi abbiamo accesso a persone in tutto il mondo, il che significa che i confronti sociali si svolgono a una velocità e una scala senza precedenti. Inoltre, non ci stiamo solo confrontando con altre persone, ci stiamo confrontando con versioni ottimizzate di altre persone. Grazie a strumenti non così primitivi come le app di fotoritocco Facetune e Photoshop, possiamo accentuare e modificare tutte le cose che ci piacciono di noi stessi ed eliminare tutte quelle che non ci piacciono. Non c’è da stupirsi se pensiamo di non poter competere: il gioco è truccato.
Questo sta avendo un effetto devastante sulla nostra salute mentale: si va dall’aumento di ansia, depressione e bassa autostima a problemi con il proprio aspetto, la propria immagine corporea e la propria identità poiché si perde il controllo su ciò che si è, cosa si ama e cosa si ha ottenuto. “Quando confrontiamo la nostra vera realtà con le vite rosee e instagrammabili di altre persone, i nostri difetti iniziano a risaltare”, afferma la dottoressa Olivia Remes, ricercatrice di salute mentale dell’Università di Cambridge. “Questo può farti sentire insoddisfatto della tua vita, inferiore e depresso.”
Dalle modelle agli influencer, succede a tutti
Con un milione di follower su Instagram, l’influencer e non solo Camille Charriere incarna molte cose che molte donne vogliono: ha uno stile impeccabile, dei bei capelli, una casa dall’aspetto impeccabile, va a tutte le feste giuste (te le ricordi?), riceve molti vestiti (e viene pagata per indossarli) gestisce un podcast di moda di successo e sta lavorando a uno show televisivo. Eppure, si ritrova spesso a passare 145 minuti al giorno a confrontarsi con le altre persone. Gli influencer sono proprio come noi.
“Non è qualcosa che faccio consapevolmente, ma piuttosto è l’insidioso effetto collaterale di una vita trascorsa a scrollare all’infinito [per lavoro]”, scrive in un’email. “Durante una brutta giornata, questi pensieri possono sprofondare in un mood negativo, portandomi a sentirmi demotivata e abbattuta, convinta che i miei risultati non contino nulla e che tutti stiano facendo un lavoro migliore di me nella vita”.
È una cosa in cui anche la modella e stella di copertina di Vogue Edie Campbell può identificarsi. “Non direi che mi paragono necessariamente alle persone su Instagram, ma probabilmente confronto la mia vita con quella di altre persone”, scrive. "O almeno, con quello che puoi vedere della loro vita. Il che è strano e inutile. Non credo serva avere così tante informazioni, tutto il tempo, sulla vita di altre persone. È come essere costretti ad ascoltare conversazioni fastidiose di cui vorresti non far parte ma che non riesci a lasciare”.
Qual è la soluzione?
A un certo livello è confortante sapere che, come esseri umani, siamo programmati per confrontarci con gli altri, indipendentemente dal numero di follower che abbiamo o dal numero di copertine su cui siamo stati. Ma d’altra parte, dato che si tratta di una cosa così radicata nella nostra psiche, è improbabile che saremmo in grado di fermarci anche se volessimo. Come sappiamo, i social media possono creare dipendenza. Allora, cosa possiamo fare per aiutarci?
Certo, potremmo tutti buttare via i nostri telefoni o, con una mossa leggermente meno drammatica, eliminare del tutto Instagram, ma poi non saremmo in grado di raccogliere la moltitudine di vantaggi che la piattaforma ha da offrire, una cosa che Charriere non è disposta a fare. “La pandemia ci ha davvero dimostrato quanto i social possano essere potenti e utili, se usati correttamente”, afferma. “Traggo molta gioia e ispirazione dal trascorrere tempo online. In una buona giornata, direi che questi confronti mi motivano a lavorare di più”.
Questa è una cosa che anche il dottor Meier vuole sottolineare. Crede che non tutti i confronti siano negativi, specialmente se usati per l’automiglioramento (come motivazione) o come mezzo di arricchimento, emulando cose che hanno funzionato bene per gli altri ed evitando le cose che non hanno funzionato. “Entrambi questi tipi di confronto sociale possono essere utili per il sé”, sostiene. “Ad esempio, possiamo sentirci ispirati da altri che fanno meglio, o sentirci meglio con noi stessi dopo esserci confrontati con chi se la cava peggio.”
Ma, realisticamente, non è questo che ti passa per la mente a tarda notte quando stai analizzando l’ultimo selfie di Bella Hadid. Un modo per aggirare questo problema è essere strategici riguardo a chi segui. Chiamiamolo metodo Marie Kondo. Sicuramente è stato d’aiuto per la Campbell. “Silenzio oppure smetto di seguire chi non mi porta gioia o mi faccia pensare ‘uffa’”, dice. È un modo intelligente per rimanere in contatto, mantenere l’ispirazione e filtrare le parti cattive.
La Sparkes consiglia di adottare un approccio misurato a tutto ciò che riguarda i social media, compreso fare pause regolari dalle app, con l’avvertenza che quando siamo online dobbiamo sempre ricordare che ciò che stiamo vedendo non è necessariamente reale. Raccomanda inoltre di rafforzare le relazioni nella vita reale. “Più forti sono i rapporti faccia a faccia nella vita di una persona, meno saranno vulnerabili alle immagini proiettate dei social media”.
Ovviamente, in una pandemia, questo può essere difficile, quindi il dottor Remes consiglia di utilizzare i social media per rafforzare i nostri legami: “È meglio per noi contribuire in modo attivo, piuttosto che passivo, sulle piattaforme social. Ad esempio, condividere qualcosa con un amico su Instagram o inviare attivamente messaggi a chi ti è vicino può essere migliore per la tua salute mentale piuttosto che scrollare passivamente o guardare i profili delle persone”.
Nel frattempo, quando sei offline, consiglia di fare cose che ti danno un senso di appagamento o ti fanno sentire energico. Ha ragione. Quando penso a tutte le volte in cui finisco immersa fino alle ginocchia nella vita migliore di qualcun altro, di solito è perché mi sento già un po’ fiacca nella mia, anche se solo per un breve periodo.
Quindi, prenditi del tempo, smetti di seguire gli account che scatenano emozioni negative, usa Instagram per rimanere in contatto con gli amici, tieni presente che ciò che vediamo non è necessariamente tutta la verità ma anche, come sottolinea Charriere, ricorda che “tutti cresciamo a un ritmo diverso, quindi raggiungiamo traguardi diversi in età diverse”.
Questo è un pensiero da tenere a mente la prossima volta che tu (e io) ci troveremo a fare scrolling.
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