Tanel Bedrossiantz: intervista alla musa e braccio destro di Jean Paul Gaultier
Poche persone sono amate nel mondo della moda quanto Tanel Bedrossiantz. Musa maschile di Jean Paul Gaultier, personaggio istrionico, modello che ha fatto storia con la sua camminata iconica, precursore del gender bending prima ancora che tutti ne parlassero, ma innanzitutto una persona speciale dal gran cuore, un amico vero su cui poter sempre contare, che ama profondamente la sua famiglia e ha fatto la differenza nella vita di chi ha avuto la fortuna di conoscerlo personalmente o lavorarci insieme.
Tanel Bedrossiantz è stato il braccio destro, la musa e l'assistente di Jean Paul Gaultier per quasi quarant'anni – ma anche il suo migliore amico, il confidente che l'ha sostenuto nei periodi difficili e con cui ha condiviso tanti momenti indimenticabili in passerella. Le loro vite personali e professionali sono legate indissolubilmente e lo saranno per sempre, anche ora che Jean Paul Gaultier ha deciso di lasciare la moda per dedicarsi a progetti nuovi.
Intervistiamo Tanel a qualche settimana dalla presentazione ufficiale del documentario "Exubérance", incentrato sulla sua vita e realizzato da Antonio Contreras. Un momento perfetto per scoprire il Tanel che solo i suoi amici conoscono e sfogliare il libro dei ricordi.
Jean Paul Gaultier ha salutato ufficialmente la moda con la sua ultima sfilata Haute Couture a gennaio del 2020, poco prima che la pandemia cambiasse il mondo. A novembre del 2020 ha smesso definitivamente come designer, anche se resterà coinvolto nel futuro della maison Gaultier, seppure a distanza. Insieme a lui, anche Tanel Bedrossiantz ha smesso di frequentare la maison, ma non di restare in contatto con il suo grande amico.
Chiediamo a Tanel cosa ha fatto nell'ultimo anno e cosa prevede per il futuro di Jean Paul Gaultier e della maison.
Ho lasciato la maison a Novembre, perché Jean Paul è andato via e per me non era più la stessa cosa. Ho 54 anni e ho pensato che fosse arrivato il momento di fare altro anche per me. Vorrei aiutare gli anziani, perché ho visto quanto sia importante sostenere persone che non hanno famiglia quando mia madre era ancora viva e andavo a trovarla in una casa di riposo. Soprattutto ora con la pandemia hanno tanto bisogno di aiuto, quindi ho deciso di fare tutto quello che posso almeno per i prossimi 15 anni. A volte faccio ancora qualcosa su Instagram per Jean Paul Gaultier e valuterò in futuro se contribuire in altri modi. La Maison non è affatto finita, ma Jean Paul si limita a curare la supervisione del lavoro dello Studio Team e dei designer che vengono selezionati per creare la nuove collezioni. Per la collezione Ready To Wear che è stata presentata di recente e anche per quella couture di Sacai, Jean Paul ha dato carta bianca ai designer e lo Studio ha poi portato avanti tutto. Jean Paul ha ancora tante idee e progetti da realizzare anche se non legati alla moda. Non è il tipo di persona che riesce a stare a casa con le mani in mano.
Facciamo un passo indietro e chiediamo a Tanel Bedrossiantz di parlarci della sua famiglia, a cui è legatissimo. Di madre francese e padre di origine armena, Tanel è l'ultimo di otto figli e la sua famiglia lo ha sempre incoraggiato a inseguire i suoi sogni.
Mia madre era francese, mio padre aveva genitori armeni, ma io sono nato a Parigi. I genitori di mio padre si trasferirono in Francia dall'Armenia nel 1915, dopo il genocidio armeno. Sono cresciuto con la mentalità francese, ma i miei nonni paterni vivevano alla porta accanto e passavo molto tempo con loro. Mi viziavano, perché ero il nipote più giovane. Sia io che mia madre non parlavamo armeno, ma mi sono sempre sentito armeno nel cuore, perché mia nonna è stata molto importante per me. Quando è morto mio nonno, ho passato tante notti a casa sua, per farle compagnia. Avevamo un legame molto forte. Ho un profondo rispetto per i miei nonni, non hanno avuto una vita facile dopo essersi trasferiti in Francia portandosi dietro solo una borsa di vestiti e del cibo. Ho tanto rispetto per la comunità armena. Gli armeni non si lamentano mai, tengono per sé le loro storie, soffrono in silenzio. Purtroppo parlo la lingua pochissimo, ma conosco tante parolacce. Mio nonno era un vero Cosacco, un omone che imprecava quando era arrabbiato e ci faceva sorridere. Così le ho imparate tutte.
Sono proprio le sorelle che hanno svolto un ruolo importante nella passione che Tanel ha avuto per la moda sin da piccolo.
Le mie sorelle amavano il trucco e la moda. Negli anni 80, in casa avevamo sempre riviste di moda e non me ne perdevo una. Osservavo le mie sorelle attentamente mentre sceglievano il look giusto per uscire il fine settimana.
Tanel Bedrossiantz è sempre stato considerato un precursore del gender bending e gender fluid, per il suo stile e anche la sua famosa camminata. Lo era già negli anni 80, quando questi temi erano ancora sconosciuti. Ma al tempo lo faceva consciamente?
Sapevo di essere gay ma ero troppo giovane e mi stavo ancora accettando, conscio del fatto che la mia vita non sarebbe stata facile. Ho sempre saputo di essere diverso e lo esprimevo attraverso i vestiti che indossavo, le gonne e gli orecchini oversize. Ma sono state le sfilate a permettermi di essere del tutto me stesso. In passerella non ho mai nascosto i miei lati femminili. Nei servizi fotografici venivo spesso ritratto come un uomo classico, tranne in quelli di Tony Viramontes, che amava giocare con il concetto di androginia quando lavorava con me. In molti mi dicono che sono stato il primo modello maschile a rompere le barriere del genere e ne sono onorato. Non ho mai dovuto forzare nulla, è successo tutto in modo naturale. Sono stato fortunato perché le mie sorelle e mia madre mi hanno sempre incoraggiato a essere me stesso, anche se non sempre hanno approvato le mie idee. Anche per questo amo tanto le donne.
Tanel Bedrossiantz ha lavorato con tanti nomi iconici della moda, fotografi e modelle che hanno fatto storia. Quando è cominciato tutto e quali sono i fotografi e le modelle con cui ha amato di più lavorare?
Un momento molto importante è stato l'incontro con Babeth Djian, che ho conosciuto grazie a Stephane Marais, il mio primo ragazzo. Babeth Djian era una sua amica e lui me l'ha voluta presentare a tutti i costi. Lei mi ha guardato incuriosita e chiesto cosa facessi. Avevo solo 17 anni e le ho detto che volevo lavorare nella moda, ma prima dovevo finire la scuola. Mi ha offerto un posto come assistente e così è iniziato tutto. Il giorno dopo sono andato a lavorare da lei come assistente per lo styling e ho continuato per circa sette mesi. Un giorno mi ha chiesto di andare sul set di uno shooting e il fotografo era Tony Viramontes. Se Tony non fosse venuto a mancare, penso che avremmo continuato a lavorare insieme per tanto tempo e fatto cose incredibili. ll mio grande rammarico è che sia morto troppo giovane, ma mi è rimasto nel cuore e mi ha fatto delle foto veramente speciali. Sono anche onorato di aver lavorato con Peter Lindbergh, Ellen von Unwerth, Irving Penn, Richard Avedon, Patrick Demarchelier, Herb Ritts e una volta anche con Steven Meisel. Mi hanno ispirato tutti. La mia modella preferita era Leslie Winer perché era androgina, una donna bellissima che poteva anche sembrare un bel ragazzo. Adoravo il suo modo di essere. Mi ha fatto capire che da ragazza potevi vestirti da ragazzo e viceversa. Sono stato tanto fortunato a lavorare con lei all'inizio della mia carriera. Di sicuro poi anche Laurence Treil, Christine Bergstrom, Claudia Huidobro con cui ho anche lavorato, Inès de la Fressange e Teri Toye, che è stata la prima modella transgender ritratta da Steven Meisel.
A partire dal 2011, Tanel Bedrossiantz ha collaborato con Jean Paul Gaultier anche come casting director per le sfilate. Gaultier è noto da sempre per aver lanciato e promosso in passerella il concetto di inclusione allo stato puro sin dagli anni 80, quando non ne parlava nessuno. Sulla passerella hanno sfilato per lui modelle e modelli di tutti i tipi e misure, andando oltre tutte le barriere classiche e i cliché che hanno contraddistinto la moda in negativo per fin troppo tempo. Tanel ha contribuito in maniera essenziale a questa tendenza.
Cosa può raccontarci di questa esperienza e quali modelle in particolare è felice di aver lanciato?
Jean Paul Gaultier mi ha chiesto di lavorare con le modelle perché a quanto pare mi volevano bene (sorride, ndr). Mi occupavo delle pre-selezioni. Le agenzie mi inviavano e-mail e book e Jean Paul mi chiedeva di fare le prime scelte perché conoscevo bene i suoi gusti. Poi lui le ha sempre volute vedere tutte dal vivo per fare le scelte finali. Abbiamo lavorato benissimo insieme. Tra le mie preferite c'è Anna Cleveland, la figlia di Pat Cleveland. È venuta alle prove ed era perfetta, gli abiti di Jean Paul sembravano essere fatti per lei e aveva un carattere fantastico. Ho amato molto poi lavorare con Andreja Pejić, la modella transgender che all'epoca era ancora conosciuta come Andrej Pejić. La prima volta che l'ho incontrata è stata presso la sua agenzia del tempo, dove all'inizio avevano parecchi dubbi su di lei. Dopo aver parlato a lungo con il direttore, sono riuscito a convincerlo e l'ho presentarla a Jean Paul Gaultier, che l'ha voluta subito per la sfilata. Quel momento ha rappresentato la svolta per Andreja e sono felice di aver avuto ragione a rischiare, quando ho scommesso su di lei. Fare le scelte giuste con le modelle è tutta una questione di intesa, del feeling che si instaura incontrandole.
Arriviamo al momento fondamentale nella vita di Tanel Bedrossiantz, quando ha incontrato Jean Paul Gaultier. Il momento che gli ha cambiato la vita per sempre. Come lo ha conosciuto e in che modo è nato il rapporto unico e speciale che li unisce da quasi quarant'anni?
Ho conosciuto Jean Paul quando ho iniziato a lavorare con Babeth Djian nel 1985. Uno dei miei compiti era quello di prelevare o riportare ai designer gli abiti che venivano usati per i servizi fotografici. Un giorno Babeth mi ha mandato a ritirarne alcuni da Jean Paul Gaultier. La sua addetta stampa dopo avermi visto voleva assolutamente che lo incontrassi, ma per ben due volte lui non era in studio quando sono passato. La terza volta è stata quella buona. Avevo 17 anni, quel giorno indossavo due orecchini enormi e mi ero messo un pareo, perché sapevo che Jean Paul faceva indossare gonne anche agli uomini. Quando mi ha visto è rimasto a bocca aperta. Prima mi ha detto che ero carino e poi che adorava quello che indossavo. Abbiamo parlato per un po', poi ho restituito i vestiti e quando sono tornato in ufficio da Babeth, lei mi ha detto che Jean Paul l'aveva già chiamata e spiegato che mi voleva assolutamente per la sua prossima campagna pubblicitaria e anche per la sfilata della nuova collezione. Stephane Marais, il mio ragazzo del tempo, lavorava alle volte come make-up artist per Jean Paul Gaultier in quel periodo, quindi alla fine siamo diventati tutti amici: frequentavamo gli stessi locali e ci divertivamo insieme. Ci siamo avvicinati tanto quando è venuto a mancare Francis Menuge. Francis era il suo partner di vita, Jean Paul l'amava tantissimo e ha sofferto tanto per la sua morte. Ricordo di averlo incontrato in un bar, mi parlava di Francis, ho avvertito quanto soffrisse. La loro storia d'amore mi ha commosso profondamente e gli sono stato accanto. Dopo circa un anno Jean Paul ha deciso di tornare a vivere, in concomitanza del Blond Ambition Tour di Madonna nel 1990, per cui ha creato dei costumi leggendari. Nel frattempo io e Jean Paul eravamo diventati buoni amici, oltre ad avere un ottimo rapporto di lavoro. Ho 15 anni meno di lui e gli piaceva la mia spontaneità, il mio carattere irruente. Mi piaceva andare ai party a cui ero invitato e lo portavo con me. Ero gay, simpatico e avevo un atteggiamento positivo, lo facevo stare bene. Anch'io ho avuto le mie giornate no e Jean Paul mi ha sempre capito e sostenuto. Lui è come un fratello per me, abbiamo un legame profondo e speciale e gli voglio bene come fosse uno di famiglia. A lui posso confidare tutto e possiamo parlare di qualsiasi cosa in tutta onestà. Non cambierei niente di tutto quello che abbiamo condiviso. Anche lavorando insieme, c'è sempre stato un gran rispetto tra noi. Sento Jean Paul ancora regolarmente, l'ho visto la settimana scorsa mentre era a Parigi. Era rilassato e mi ha parlato di alcuni progetti a cui potremmo lavorare insieme. Con lui continuerò a condividere tutto fino alla fine, è il mio migliore amico per sempre.
Lavorare insieme per quarant'anni forse non è stato sempre facile. A proposito delle sfilate, come sono nati i momenti leggendari che conosciamo?
Non ho mai chiesto a Jean Paul Gaultier di farmi indossare qualcosa in particolare, ha sempre scelto lui i miei vestiti e molto spesso all'ultimo minuto, una settimana prima della sfilata o anche meno. Spesso creava un look speciale per il finale e voleva assolutamente che fossi io a indossarlo.
Tanel Bedrossiantz è famoso per la sua camminata unica, che nessun altro ha mai saputo imitare ed è diventata simbolica. L'ha creata consapevolmente o è stata un'improvvisazione?
Jean Paul Gaultier non mi ha mai chiesto di fare nulla in particolare, mi ha sempre dato la possibilità di improvvisare. Il giorno prima di sfilare per la prima volta per lui ho sfilato per il brand Comme des Garçons. Per la sfilata volevano che i modelli camminassero tutti molto precisi e dritti, secondo lo stile serio e “macho” del tempo. Per le sfilate di Jean Paul potevo esprimermi liberamente e il giorno dopo mi sono lasciato andare, improvvisando al momento. Ho cominciato a muovere i fianchi e ne è venuta fuori una camminata in bilico tra il maschile e il femminile. Al pubblico è piaciuta tanto e da allora l'aspettano sempre. Quando inizio a camminare, succede qualcosa di speciale e mi sono sempre divertito tanto in passerella. Ma ho anche pianto in due occasioni. La prima volta durante la seconda sfilata in assoluto di alta moda di Jean Paul Gaultier ("La Russie", inverno 87-88, ndr), presso la Conciergerie di Parigi. Era una collezione di ispirazione russa che mi ha fatto pensare alla musica armena e mi ha ricordato mio nonno, che era un Cosacco. Al mio turno in passerella, ho visto la gente, ho sentito la musica, l'incenso nell'aria e mi sembrava quasi di essere in chiesa. Ho iniziato a piangere perché mi sono commosso tanto ma erano lacrime di gioia. La seconda volta in occasione della collaborazione tra Jean Paul Gaultier e Van Cleef & Arpels, che aveva creato dei gioielli da abbinare alla collezione Ready To Wear nel 1995. Jean Paul ha dovuto insistere per avere un modello maschile che portasse una collana femminile in passerella. Van Cleef & Arpels non era d'accordo ma Jean Paul non ha desistito, ponendola come condizione essenziale per fare la sfilata. Alla fine ho sfilato indossando una collana di diamanti stupenda. Mia nonna era venuta a mancare da poco e quello stesso giorno l'abbiamo seppellita. Ho sfilato solo durante l'ultimo show e ho pianto in passerella pensando a lei.
A proposito di moda e collezioni, il mese scorso è stata presentata e messa in vendita online una t-shirt che la maison Gaultier ha dedicato proprio a Tanel Bedrossiantz, chiamata "Le Tee-Shirt Tanel". Come ci si sente all'idea di essere "indossato" da altri e che effetto gli fa questa dedica?
Quando Jean Paul Gaultier ha deciso di smettere, il team dello studio ha deciso di creare la collezione "Les Marins". Sono venuti a trovarmi a casa e mi hanno chiesto se potevano usare la mia foto per una maglietta speciale che volevano dedicarmi e ho detto subito di sì. È difficile vederti in questo modo ma è anche divertente. Ho indossato diverse volte in passato indumenti con il mio nome perché negli Stati Uniti c'è un'azienda chiamata Tanel 360 che produce capi da baseball. Quindi ho magliette, borse e scarpe con il mio nome. Ma è diverso quando vedi il tuo viso stampato su una maglietta. Ne sono davvero felice.
Che cosa ha in serbo il futuro per Tanel Bedrossiantz? Ci sono dei progetti che vorrebbe ancora realizzare?
La mia vita è già stata un sogno. Ho avuto la fortuna di conoscere delle persone incredibili e la mia famiglia è stata meravigliosa. Nove persone mi hanno amato con tutto il cuore e condiviso tutto con me. Non ho rimpianti e non avrei potuto desiderare di meglio. Ma non mi fermo e sto lavorando ad un progetto a cui tengo molto. Già dieci anni fa un rappresentante della galleria Le Jardin du Palais Royal di Parigi mi ha chiesto di collaborare ad una mostra sulla mia carriera. Allora risposi che lo avremmo fatto al momento giusto. Così, quando ho lasciato la maison Gaultier l'anno scorso, ho ripreso quest'idea. A causa della pandemia abbiamo deciso di rimandare la mostra a marzo 2022, in concomitanza della sfilata Ready To Wear autunno/inverno della maison. Per me è importante che la mostra non sia solo una collezione di ritratti del mio volto esposti su dei muri. Vorrei realizzare un mix tra discipline diverse e forse esporrò anche qualche abito. Sarà una mostra piena di sorprese, ve lo prometto.
Il documentario "Exubérance" di Antonio Contreras, che racconta la vita di Tanel Bedrossiantz, verrà presentato al La Jolla International Fashion Film Festival in anteprima assoluta il 25 luglio. Com'è nata l'idea di fare un documentario? È soddisfatto del risultato?
Ho conosciuto Antonio Contreras online, un giorno mi ha inviato un messaggio tramite Instagram, spiegandomi che gli sarebbe piaciuto fare un documentario su di me. Lui vive a San Francisco e io a Parigi, è successo tutto all'inizio della pandemia e non è stato facile. Gli ho raccontato tutta la mia vita su Zoom e Whatsapp per un anno intero e gli ho dato carta bianca. Non ho ancora visto il film e non ho mai voluto conoscerne i dettagli. Antonio Contreras mi invierà un link per vedere il film solo un paio d'ore prima della presentazione ufficiale al Film Festival La Jolla. Successivamente, il film potrebbe essere proiettato a Parigi e New York, in occasione dei Pride locali. C'è molto interesse ma per me l'aspetto fondamentale è il messaggio positivo che abbiamo voluto trasmettere alle nuove generazioni LGBTQI, dimostrando che tutto sia possibile. Spero che vedere un altro riuscire a realizzare cose importanti anche quando era molto più difficile possa incoraggiare tanti a fare lo stesso. Ho fatto la mia parte e ora tocca a me sostenere le nuove generazioni. Spero che la mia vita possa ispirare i giovani ad essere se stessi in quanto gay, lesbiche, transgender o chiunque vogliano essere. Bisogna sempre ascoltare il cuore e credere in se stessi. Niente è impossibile.
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