Alla Galleria Nazionale di Roma una mostra celebra il punto di vista delle donne architette
Mostre 2021. Le sfere di Izaskun Chinchilla
Sempre più attivista la Nazionale. Non la squadra di calcio, ma la Galleria Nazionale di Roma, che guarda severa il parco di Villa Borghese e custodisce una strepitosa collezione di arte moderna e contemporanea. Nella capitale dove non è ancora arrivato il turismo di massa di epoca pre-Covid – anche se qualche timida coda in giro si vede, ad esempio davanti al Colosseo, ai Vaticani, alla Galleria Borghese – nella Nazionale si entra senza intoppi per trovare arte declinata con intelligenza.
Sarà anche per questo (oltre alle comode postazioni wi-fi e a un bookshop nuovo di zecca, in collaborazione con Edizioni Tlon, con un’invidiabile sessione di libri dedicati agli women studies) che in queste torride giornate i giovani turisti europei, francesi in testa, li trovi tutti qui. La Nazionale è il museo forse più attivista di Roma (“Le radici devono avere fiducia nei fiori” è la frase che appare a lettere cubitali sulle scalinate d’ingresso: è della filosofa Maria Zambrano) e di certo il più femminista. Ne è complice l’organizzazione della collezione permanente del museo voluta ormai anni fa dalla direttrice Cristiana Collu che ha costruito le sale di rimandi tra opere di un’epoca e l’altra scardinando il tradizionale percorso cronologico e moltiplicando la presenza delle artiste donne, con l’obiettivo dichiarato di avere una più bilanciata rappresentazione di genere.
Le mostre temporanee che si susseguono ne sono la dimostrazione più chiara. Visitate, se passate per la capitale questa estate, “Cosmowomen. Places as Constellations”, a cura di Izaskun Chinchilla (fino al 10 ottobre, in libreria trovate il corposo catalogo edito da Silvana editoriale). Quarantacinque anni, architetta militante (qualcuno l’ha definita intransigente) con studio a Madrid, Chinchilla occupa con tre enormi installazioni il salone d’onore della Nazionale: ha ideato strutture ispirate alle cosidette sfere armillari che erano usate anticamente per studiare la terra, il cosmo e le relazioni tra i corpi celesti. Suggestive da vedere, invitano il visitatore a entrarci dentro per capire meglio ciò che rappresentano: ogni sfera infatti indica un luogo (lo spazio intimo, quello naturale, quello pubblico) che ha avuto un ruolo importante nella costruzione della cultura comune delle donne, «avendo rappresentato anche, in modi diversi, un luogo di segregazione o di esclusione».
A sinistra c’è il Gineceo dove centrale è la riflessione sullo spazio domestico che ambisce ad essere luogo della complicità ma spesso è limite, prigione, territorio di controllo. Al centro c’à Onsen (bagno termale in giapponese), una sfera dove il corpo della donna e quello di Madre Natura vogliono prendersi per mano in modo libero, senza le convenzioni che conosciamo. Infine, sulla destra, la sfera Parlamento riflette sul divario di possibilità tra la realizzazione economica e sociale degli uomini e quella delle donne. L’aspetto interessante del progetto artistico è che queste tre sfere non sono solo suggestive e instagrammabili, ma ospitano al loro interno e sulle pareti della sala numerose sotto-sfere dove una nuova generazione di architette propone modelli alternativi dell’abitare negli spazi domestici, naturali e pubblici.
Attraverso la selezione di 71 progetti e 283 rendering e disegni, Cosmowomen. Places as Constellations presenta il lavoro di 65 architette, provenienti da oltre 20 Paesi, che hanno conseguito il master alla prestigiosa Barlett School of Architecture di Londra negli ultimi dieci anni. I progetti delle donne – dice Izaskun Chinchilla – ci sono: ora dobbiamo cominciare a realizzarli su questa terra, perché non restino solo delle nostre “costellazioni mentali”.
from Articles https://ift.tt/35VUSp5
Comments
Post a Comment