Paris Fashion Week Men’s: il meglio dei Talent primavera estate 2022
Il messaggio che la Paris Fashion Week lancia durante l’edizione estiva dedicata alle collezioni spring-summer 2022 è la forte voglia di tornare alle abitudini pre-pandemiche ora che la situazione sembri - apparentemente - migliorata.
Anche i designer, collegati nuovamente da diverse città sparse in Europa e nel mondo, manifestano la voglia di tornare a vivere la quotidianità abbandonata ormai un anno e mezzo fa. Lo dimostrano, per esempio, le collezioni piene di vita e di messaggi di speranza di GmbH, Boramy Viguier e Casablanca che incidono grazie allo stile identificativo, libero e staccato dalle dinamiche che hanno guidato la creatività in questi ultimi mesi.
Altri, invece, proseguono con una visione chiara e precisa che nessun intoppo pandemico ha fermato: è il caso di Ernest W. Baker o di Hed Mayner, le cui teste creative ragionano continuando un discorso aperto già da parecchio tempo.
Ernest W. Baker
Reid Baker e Inês Amorim in collegamento dal Portogallo raccontano come questa collezione non punti più sulla sperimentazione quanto sul “rifinire chi siamo e la nostra identità”, come afferma Reid Baker. Rifinire l’identità significa prendere tutti gli stilemi che hanno definito il brand fino a oggi per esaltarne le caratteristiche. Si parte dall’eleganza italiana degli anni cinquanta e settanta (“European elegance” suggeriscono) a cui si aggiungono elementi lontani nel tempo come le tracksuit viola abbinati a stivali laqué rossi; si passa da jacquard e crochet di rose fatte a mano ai pezzi in suede e pelle - un “grandpa athleisure” commenta sempre Baker. L’identità è un’importante definizione nella storia del brand e il duo creativo rimane fedele ai propri codici, esaltando la qualità dei capi stagione dopo stagione.
Alled-Martinez
Nel 1977 Hal Fischer pubblica il libro Gay Semiotics, ovvero un manuale prettamente visivo che descriveva alla perfezione letteralmente la semiotica omosessuale di Castro, San Francisco, negli anni Settanta. Proprio questo periodo di liberazione per la comunità omosessuale rappresenta un punto di partenza e un forte collegamento nella collezione che è, in poche parole, un tributo agli Unsung Heroes (il titolo oltretutto della SS22 di Alled-Martinez), ovvero le personalità che hanno definito la gay culture che noi conosciamo e purtroppo deceduti per le conseguenze del virus dell’HIV. Protagonisti dello stigma che ha oscurato la loro figura sono Jacques de Bascher, Antonio Lopez, Sterling Saint-Jacques, Joe MacDonald, Al Parker e Roy Halston (quest’ultimo attore suo malgrado di una poco ragguardevole serie prodotta da Netflix). Il designer indaga proprio la semiotica visiva, l’estetica che questi personaggi hanno portato con sé, definendo un decennio ricco di sensualità e sessualità esplicita: jockstrap, pantaloncini in acetato molto corti, crop top e calze di spugna sono fra i capi più rappresentativi della collezione insieme alle must-have giacche varsity che trasportano immediatamente lo spettatore e il cliente in una dimensione purtroppo dimenticata e, ancora oggi, fortemente stigmatizzata: quella della liberazione omosessuale che necessità, più di quarant’anni dopo, di forte attenzione da parte della società in quasi ogni paese del mondo.
Hed Mayner
Nomadland è la nuova collezione di Hed Mayner il quale prende in prestito il titolo dal famoso e pluripremiato film con protagonista Frances McDormand. Per interpretare i capi di Mayner - pur sempre criptico e dedito al lavoro della forma, della qualità dei capi - bisogna avere in mente due parole chiave: isolamento e rifugio, caratteristiche filosofiche e quotidiane della vita nomade. Questa durezza di pensiero viene tradotta in materiali come il canvas di lino, i cotoni giapponesi, i drill sempre di cotone. I tessuti, insieme al lavoro sulle silhouette e sul workwear, cari a Mayner, sono alcune delle eco che rimandano al mondo di riferimenti storici e culturali (moda inclusa) a cui attinge profondamente, unendo in una crasi temporale ed estetica riferimenti moderni del XIX secolo e tagli contemporanei per un effetto che non guarda né al barocco né al minimalismo quanto a un’estetica propria, unica e riconoscibile.
GmbH
Benjamin Huseby e Serhat Isik raccontano come questa collezione sia nata dall’allontanamento del tradizionale concetto di ispirazione colonialista, che prende spunto da viaggi, mondi lontani, per trarre qualcosa da inserire nelle collezioni. Per la SS22, il duo ha deciso di procedere inversamente: il colonialismo è stato compiuto nella cultura che per anni ha definito stili e stilemi come quella bianca (leggi WASP, ovvero white anglo-saxon protestant), prendendo riferimenti da quell’universo ha colonizzato la cultura black e brown. Il risultato è un interessante lavoro di cultural appropriation inversa, mista alle allure queer e femminili che hanno pervaso la stagione precedente, divertente e seria allo stesso tempo, ricercata e ironica. Fra i punti più alti della collezione risalta il top Free Palestine i cui ricavati andranno interamente in beneficienza alle comunità queer palestinesi. “È impossibile non prendere una posizione e dare risalto a una situazione così grave come quella che accade nel territorio palestinese. La nostra risposta è la solidarietà con le comunità locali che conosciamo e che vogliamo supportare il più possibile.”
Uniforme
L’estate per Hugues Fauchard e Rémi Bats si presenta come una stagione di rinnovato successo. A giugno, più precisamente, Uniforme viene nominato finalista del premio Pierre Bergé (ANDAM) e a luglio il brand ritornerà come special guest per la sezione Sustainable Style durante l’edizione numero 100 di Pitti. Per il duo, il successo ottenuto dalla nascita del brand è un sogno che si è fatto realtà, un sogno che è una capacità essenziale per entrambi i creativi: da qui nasce la collezione SS22 che indaga la libertà in diverse forme, soprattutto quelle minimali e astratte che si avvicinano alla semplicità di design e di comunicazione che caratterizza il brand francese. Le foto, scattate da Sarah Blais, ritraggono i capi che ricordano alcune uniformi dell’aviazione, riprese e ristudiate da Fauchard e Bats in chiave personale. La qualità, che si tratti di un sogno o di un capo, è la parola fondamentale per Uniforme e nonostante il periodo avverso, è proprio la qualità a trasparire dalle foto, dai capi, dall’essenziale design interamente prodotto in Italia.
KidSuper
Colm Dillane preferisce definire KidSuper come un laboratorio creativo sperimentale dal quale può anche nascere l’abbigliamento che, però, ha reso il designer americano protagonista della fashion week parigina portandolo anche fra i finalisti dell’annuale LVMH Prize. In un brainstorming relativo alla collezione presentata pochi giorni fa, Dillane si è chiesto quale sarebbe l’ultima cosa da fare prima di morire. Da questo pensiero nasce l’idea di rappresentare attraverso la SS22 i desideri delle persone - oltre ai desideri più reconditi di Dillane stesso. Il video di presentazione, infatti, si concentra sulla realizzazione dei desideri di alcuni personaggi della NYC di Dillane: una New York City eccentrica, viva, rinata dopo quasi due anni di segregazione pandemica. Il risultato è che i capi, nonostante rappresentino una fetta importante della creatività del designer, passino in secondo piano: al momento è fondamentale osservare l’espressione artistica in sé attraverso momenti di studiato happening performativo.
Boramy Viguier
In questa strutturata collezione, Viguier racchiude alcuni pensieri su cui ha avuto modo di ragionare in questo periodo di chiusura. Si parla, da un lato, di ragionamenti sulla morte: la morte in sé delle persone, di una nazione, di una civiltà. Dall’altro lato, è la crasi di misticismo a-temporale a caratterizzare i capi: una corsa verso il trascendente, verso qualcosa di metafisico. I capi, oltre a rappresentare quella ricca commistione di input visivi fra oriente e occidente, fra misticismo e paganesimo, sono stati realizzati in parte da tessuti deadstock o “recuperati da Vinted” commenta ridendo Viguier “che è diventato un nuovo luogo di ricerca illimitata, soprattutto in un momento in cui è stato difficile accedere a negozi o fornitori”. L’obiettivo non è la sostenibilità in sé quanto trovare nuovi spunti creativi da materiali di lusso esistenti come le cravatte di seta o i maglioni in jacquard preziosi, rielaborati e con una nuova forma.
Arturo Obegero
Il mondo visivo, ricco di bellezza, tradizione e cultura di Arturo Obegero rimane coerente anche per la prossima stagione estiva. Il designer spagnolo prende come spunto l’euforia vitale della danza di Pina Bausch e Antonio Gades, unendo la tecnica tedesca del Tanztheater alla sensualità del flamenco. L’obiettivo è trasmettere una passione vitale piena di speranza per il futuro - valori nei quali Obegero stesso crede fortemente. Altro elemento portante della collezione è la couture che Obegero riprende nelle costruzioni delle silhouette e nel lavoro tecnico dei capi: basti pensare alle sessanta ore impiegate per realizzare a mano il top nominato Noche in mussola nera.
Casablanca
Masao San è il titolo della nuova collezione di Charaf Tajer, fra i nomi più hyped sulla scena parigina e internazionale che sta attirando sempre di più gli occhi su di sé. Il titolo giapponese si riferisce ai viaggi che il designer ricorda nel paese del Sol Levante, fra i ricordi proustiani dei pancake e i whisky e il panorama della modernità che città come Tokyo offrono. In particolare Tajer si è voluto concentrare sull’innovazione tecnologica di cui il Giappone è principale esponente a livello mondiale e pioniere. La modernità tecnica si contrappone alla visione postmoderna ed eccentrica del gruppo Memphis di Milano che suggeriscono atmosfere “avant-garde ed effervescenti” come suggerisce il brand. Ritornano a essere fondamentali per il brand i riferimenti all’estetica a cavallo dei settanta e degli ottanta, fra contaminazioni tailoring e denim e soprattutto dalle forti sfumature à la Miami Vice tipiche di Casablanca.
Sean Suen
Fleeting Moment è un profumo che la maison Balenciaga lanciò per le proprie clienti nel 1949 per definire quell’allure estremamente raffinata, appunto fugace e inafferrabile, ma viva e intensa sul corpo e sulla pelle della clientela. Sean Suen, a suo modo, racconta una visione allo stesso tempo fleeting che però prende spunto da una realtà opposta, ovvero il singolo momento in cui si realizzano emozioni, incontri, amori. Sono i momenti quotidiani di cui spesso non ci accorgiamo e che volano via (carpe diem!) che il brand vuole raccontare in questa collezione delicatamente essenziale, precisissima, composta da un numero esiguo di look che raccontano la meticolosa ricerca qualitativa del brand. L’obiettivo poetico forse è fin troppo ermetico ma, filosofie a parte, il risultato è un prodotto perfetto, fugace, desiderabile.
EGONLAB
Florentin Glémarec e Kevin Nompeix ragionano sulla figura di Lady Godiva, la leggendaria dama d’epoca medievale considerata attivista e ribelle figura contro le ingiustizie di suo marito, Earl of Chester. L’ispirazione per la collezione presentata alla Paris Fashion Week Men’s si trasforma in citazioni negli abiti come il tailoring che ricorda le possenti armature o i voluminosi trench dagli intrecci jacquard che rimandano agli intarsi degli arazzi medievali. Tutte le silhouette, rigorosamente genderless, sono scolpite nei diversi tessuti che si alternano a volumi morbidi e body-conscious. Una parte fondamentale della collezione sono i ricami come la fenice e l’ouroboros, entrambi simboli di rinascita. Il duo creativo presenta insieme alla collezione anche il progetto Heritage che prevede il supporto delle realtà artigianali locali (a Parigi e nei dintorni) che stanno sparendo poco a poco come il pizzo guipure, i ricami, i gioielli realizzati da atelier orafi minori - tutti elementi presenti nella SS22 di Egonlab. L’obiettivo è di unire passato e presente per non dimenticare la tradizione ma, al contrario, accompagnarla verso il futuro.
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