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Una storia di fiumi, distanze e antenati: l’arte di Luigi Bussolati e il sogno utopico di proiezioni immerse nella natura

Un album malandato, ricordi passati, identità perenni, simboli di innocenza e si parte. Questa è una storia che parla del sodalizio di emozioni e valori dissolti nel lontano 1942, quando lo zio del fotografo documentarista Luigi Bussolati si tolse la vita nella sua stanza oscura. Dopo mesi di ricerca, a Luigi sembrava di aver perso la propria identità per via della mancanza di questo lontano familiare, Ampelio, avvenuta agli inizi del Novecento. Lo scopo? Ricordare e valorizzare, per ricostruire la storia di un passato proiettandolo verso il futuro. Classificato al secondo posto nella categoria Creative dei Sony World Photography Awards 2021 (la cerimonia di premiazione si è svolta online a causa delle restrizioni per coronavirus), il piazzamento di Bussolati è giunto grazie agli scatti nel parmense al cospetto del fiume Po, dove la natura fa da sfondo al paesaggio dove entrambi – sia lui che lo zio - hanno vissuto parallelamente una formazione a Milano, luogo in cui si è presentata l’occasione di approfondire lo studio della fotografia. “Gentilmente invitato in queste pagine a mostrare e raccontare il mio progetto Ampelio & I, la mia memoria non può non andare ad Ildebrando Tosi compianto grafico e poi art director di diverse testate Condé Nast”, ci racconta. “Con lui ho avuto la gioia di vedere le mie prime fotografie pubblicate in un importante testata quale era l’Uomo Vogue. Per me, che venivo dalla provincia, incontrarlo con i suoi modi diretti e ruvidi, dalla fine degli anni 80, nella redazione di Piazza Castello era come approdare in un mondo esotico pieno di entusiasmo creativo e promesse per il futuro. E’ stato tra i primi a darmi fiducia e ad incoraggiare questo difficile e meraviglioso percorso con la fotografia, a lui andrà sempre la mia gratitudine. Mistero delle coincidenze, questo progetto racconta di un mio lontano zio, Ampelio, vissuto nei primi anni del novecento e grande appassionato di fotografia che, con Ildebrando, condivide una morte prematura e tragica. Come succede e ancor di più avveniva nel passato in  occasione di questi tragici gesti si è rapidamente rimossa tutta la sua memoria e con questa le sue fotografie ed i suoi scritti. Dopo lunghe ricerche una parente ha ritrovato un vecchio e malandato album”. Come una valle che ghiaccia, rimanendo immutabile allo scorrere del tempo, lo stesso accade a quei momenti immortalati in questa serie fotografica. Ma c’è di più. “Come spesso accade nel mio lavoro la fotografia è stato un potente mezzo per fare un'esperienza conoscitiva, di me stesso, del mondo e delle leggi che lo governano. Da queste indagini, naturalmente, non trovo quasi mai risposte definitive ma nuove domande che generano nuove esplorazioni”, spiega Bussolati. “Con emozione ho contemplato a lungo le immagini cercando indizi e rivelazioni e poi ho deciso di onorare questa vicenda e ridare voce ad Ampelio proiettando le sue immagini lungo le golene del fiume Po”.  Rivedere così il suo vissuto è stata un'esperienza toccante per il fotografo, tanto che il progetto si compone perlopiù di riprese realizzate nelle terre dentro gli argini del fiume stesso, raccogliendo una piccola serie di proiezioni utopiche nell’arco del 2020. Il simbolismo del fiume Po acquista una posizione dal gusto tipicamente allegorico: ovvero, una camera oscura dalle cui acque, in analogia con lo sviluppo delle pellicole fotografiche, dove è riemerso uno sguardo latente. “Vedere le sue immagini prendere forma ed emergere lentamente nel paesaggio con l'avanzare del buio, come in una enorme camera oscura, è stato come calarsi in un rituale di pacificazione che attraversava diverse generazioni. Attraverso il grande potere della fotografia ho fissato queste proiezioni restituendo al presente queste tracce del passato in dissolvimento. Ho sentito che quello che siamo è in gran parte determinato dai nostri incontri vissuti ma anche da relazioni invisibili che, anche da un lontano passato, si sono impresse nel proprio tessuto familiare e sociale e poi trasmesse fino a noi”, riflette Bussolati. Nonostante la trama personale parli di storia, la preziosa connessione con il familiare è in perfetta sintonia con il suo presente. “Ad Ildebrando credo sarebbe piaciuto questo lavoro e questo riconoscimento è anche un po’ suo. Siamo fatti di relazioni vissute ed anche invisibili. Direi che si tratta di un lavoro sulle relazioni su quanto di quello che siamo sia in fondo anche determinato dalle connessioni che la nostra storia, anche molto lontana”.



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