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C'è un nuova generazione di designer di cappelli (che ridiventano cool)

I cappelli sono tornati e sono più ‘in forma’ che mai. È finita l’era in cui i copricapi erano associati prevalentemente a quella vetrina ostentatrice che è il Royal Ascot con il trilby hat che è diventato una sorta di caricatura di se stesso. Ora una nuova ondata di designer di cappelli si sta facendo largo sulla rete grazie alle loro particolarissime creazioni.

Dal bucket hat in finta pelliccia di Benny Andallo, realizzato su misura per Rihanna (che mostra il potere di proporzioni esagerate) al basco moderno, in velluto nero di Harry Style, firmato James Pink Studios passando per i ben 20 cm del copricapo di Esenshel sfoggiato da Jennifer Lopez alla Fashion Week di Milano: i nuovi designer di cappelli si stanno spingendo oltre i limiti dell’immaginabile.

Vogue ha incontrato sette dei nomi più interessanti da conoscere ora.

1. Benny Andallo

Benny Andallo (28 anni), che si auto-descrive come silly crown designer, ha attirato l’attenzione della stampa con le sue creazioni psichedeliche che vantano fan celebri come Rihanna e Shygirl. Ma la sua arte è ben lungi dall’essere ‘silly’. Il modista di origine filippino-britannica utilizza la gioia e il divertimento come ingredienti chiave del suo design allo scopo di risollevare l’umore e migliorare l’autostima di chi indossa i suoi cappelli.

Courtesy of Benny Andallo

Cosa ispira le tue creazioni?

“L’essere cresciuto a Londra. Ho sempre tratto ispirazione dall’eclettismo di questa città. Le mie creazioni sono l’unione di queste influenze e del voler aggiungere un pizzico di brio alla tradizione”.

Cosa rende uniche le tue creazioni e qual è il personaggio che sogni di vestire?

“Realizzo io stesso ogni cappello prendendo le decisioni che sento più giuste di volta in volta: è un processo molto istintivo. Piangerei [di gioia] se vedessi Gemma Collins o Katie Price con uno dei miei cappelli”.

Come riesci a mantenerti creativo ora come ora?

“La creatività stimola la mente e ti distrae dallo scoramento che viviamo ora. Sento il bisogno di creare per un futuro dai giorni migliori”.

2. Maryam Keyhani

“Amo immaginare che i grandi giochino a travestirsi con i miei cappelli proprio come farebbero i bambini”, dichiara Maryam Keyhani (39 anni), artista e milliner nata a Teheran ma con base a Berlino, a proposito delle sue creazioni immaginifiche. Ha una passione per le forme voluminose e le texture più affascinanti e i suoi copricapi si collocano a metà tra la scultura e la modisteria.

Cosa ami dei cappelli?

“Indossi un cappello e fa esattamente ciò di cui hai bisogno: ti protegge, attrae o evita l’attenzione, ci puoi giocare o usarlo per nasconderti”.

Cosa rende uniche le tue creazioni e su quale personaggio sei stata contenta di vederle?

“Non vengo dalla modisteria e trovo che questo sia stato un vantaggio. Le persone che adoro vestire maggiormente sono i bambini: indossano un cappello e vengono trasportati immediatamente in un mondo di fantasia”.

Cosa ti auguri per il futuro della moda del post-pandemia?

“Spero che sia meno incentrata sui trend e più sulla gioia, il piacere e il gioco”.

3. Ruslan Baginskiy

Da Bella Hadid e Kaia Gerber a Madonna: Ruslan Baginskiy (31 anni) è diventato il brand di riferimento tra le celeb in fatto di cappelli. Reinterpretando copricapi classici come il fedora e la paglietta in chiave moderna, il milliner ucraino mira a rendere il cappello un accessorio accessibile e nuovamente cool.

Courtesy of Ruslan Baginskiy

Come ti sei avvicinato alla modisteria e da chi sei stato ispirato?

“Ho iniziato il mio percorso come stylist e rendendomi conto che non riuscivo a trovare i cappelli giusti per i servizi ho deciso di iniziarli a creare io stesso. Le mie icone sono Philip Treacy e Stephen Jones.”

Cosa rende uniche le tue creazioni e su chi ami vederle indossate?

“L’intera produzione avviene a Kiev e viaggiamo in tutta l’Ucraina in cerca di forme per cappelli e tecniche locali. Amo molto vederli indossati dai miei amici e dalla mia famiglia”.

C’è un aspetto positivo emerso dalla pandemia?

“Ho un rapporto più stretto con il mio team: siamo più uniti che mai, abbiamo stabilito nuove priorità e ridefinito i nostri valori. Non appena questo attesissimo mondo del post-pandemia riaprirà, noi saremo pronti a entrare in azione”.

4. James Pink Studio

Il modista britannico James Pink (26 anni) abbina lo stile della tradizione allo streetwear contemporaneo per dare vita a creazioni genderless. Dal suo atelier di Leeds, nel nord dell’Inghilterra, l’ex alunno della Central Saint Martins utilizza un mix di tecniche tradizionali e tessuti moderni che sposano riferimenti chic e camp. Inoltre, le sue creazioni sono state indossate da Harry Styles.

James Pink Studio.jpg

Courtesy of James Pink Studio

Cosa ti ha attirato all’arte del cappello?

“Ho realizzato che c’era una mancanza di cappelli per la quotidianità che fossero accessibili ma avessero anche un qualcosa di speciale. Più mi immergevo nella storia della modisteria, più aumentava il potenziale in fatto di forme e design”.

Cosa rende uniche le tue creazioni e su quale personaggio ti è piaciuto vederle indossate?

“Reagisco ai materiali in maniera istintiva poi realizzo i cappelli a mano nel mio studio. Mi colpisce molto rendermi conto di quanto lontano abbiano viaggiato le mie creazioni. Vederle indossate dalle gente in Giappone, per esempio, mi dà una soddisfazione enorme”.

Come mai è importante che ci apriamo tutti alla creatività ora come ora?

“Il lusso di qualsiasi professione incentrata sul design è che puoi immaginare una realtà completamente diversa. Se riempiamo la nostra mente di ispirazione, riuscire poi a tradurla in un oggetto concreto offre una grande sensazione di sollievo”.

5. Creature Featur3

Olandese ma di base a Londra, Anne Fleur Bloemsma (22 anni) è artista e milliner. Le sue straordinarie creazioni sono vere e proprie dichiarazioni che celebrano la comunità queer e chi si unisce a questa. Ma anche l’individualità del singolo. Ha studiato alla Central Saint Martins e il suo stile fa da punto di raccordo tra il mondo sperimentale delle belle arti e il copricapo come accessorio accessibile. Il tutto intriso di un’estetica immaginifica e arguta.

Cosa ti ha attirat* all’arte del cappello?

“All’università realizzavo costumi e progettavo spettacoli incentrati su creature demoniache ispirandomi al mondo del BDSM (bondage, disciplina, sadismo e masochismo), il che mi ha portat* ad interessarmi al tema dell’identità e dei copricapi”.

Cosa rende uniche le tue creazioni e qual è il personaggio che sogni di vestire?

“Ogni creazione è realizzata su misura per l’individuo che la indosserà. I personaggi che sogno di vestire sono Rico Nasty e Yves Tumor.”

Cosa ti auguri per il futuro della moda del post-pandemia?

“È dura diventare self-made nella moda. Mi auguro che ci siano più piattaforme che supportano e celebrano i giovani artisti in modo che possiamo crescere e essere visti”.

6. Esenshel

“Ho sempre amato i cappelli e il loro potere trasformativo”, ha raccontato a Vogue il modista di New York e fondatore di Esenshel, Rodney Patterson (58 anni). Noto per le sue riletture moderne dei modelli classici, questo gran maestro dell’arte del cappello ha lavorato insieme a Billy Porter, Cynthia Erivo e Jennifer Lopez e è il punto di riferimento per chi è alla ricerca di design unici realizzati alla perfezione”.

Courtesy of Esenshel

Cosa ti ha attirato alla modisteria?

“La sicurezza di una persona e la sua postura cambiano quando questa è consapevole di indossare un ottimo cappello”.

Cosa rende uniche le tue creazioni e su quale personaggio ti è piaciuto vederle indossate?

“Faccio ricerche sugli stili tradizionali del passato e poi studio modi per reinterpretarli. Non ho in mente un personaggio specifico. Mi interessa di più che la gente indossi i miei cappelli perché ne riceve gioia”.

Cosa ti auguri per il futuro della moda post-pandemia?

“Che diventi più premurosa nei confronti del nostro pianeta”.

7. Poche

Il milliner Jiro Maestu (29 anni), di origine francese, giapponese e americana, vanta non solo un approccio artistico alla modisteria ma pone anche grande enfasi sulle pratiche sostenibili che scoraggiano la sovrapproduzione. Operando al di fuori della tradizionale struttura commerciale regolamentata dalla stagioni, questo designer con base a Los Angeles preferisce lanciare le sue creazioni camaleontiche seguendo un calendario suo.

I cappelli di Poche.jpg

Courtesy of Poche

Cosa ti ha attirato alla modisteria?

“C’è qualcosa nell’indossare un accessorio in testa che è in grado di tirare fuori la sicurezza dell’individuo come nessun altro capo del guardaroba”.

Cosa rende uniche le tue creazioni e su quale personaggio ti è piaciuto vederle indossate?

“Il nostro è un business di dimensioni ridotte e ogni cappello viene lavorato a mano nel mio studio. Una volta mia nonna ha indossato un copricapo Poche. È stato il mio momento preferito”.

Cosi ti auguri per il futuro della moda post-pandemia?

“Sono contento che il tradizionale sistema della moda sia stato interrotto e mi auguro che gli stravolgimenti continuino. Servono meno brand mondiali e più marchi di amici che realizzano cose l’uno per l’altro”.



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