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Thom Browne racconta a Vogue la sua collezione primavera estate 2020

Dopo essersi “trasferito” due anni fa per sfilare a Parigi, il designer Thom Browne ha organizzato una specie di rimpatriata nella sua città durante l’ultima settimana della moda di New York, nelle strade di Midtown. The Officepeople, un evento in stile flashmob, ha annunciato l'arrivo della linea di abbigliamento femminile di Browne nei grandi magazzini Bergdorf Goodman e ha visto modelli uomini e donne mettere in scena una pausa pranzo durante una normale giornata di lavoro, camminando in due file ordinate, come dei soldati, vestiti uguali, con gonne plissettate e giacche.

Browne vive a New York, ma è tornato a Parigi per la settimana della moda. Lo incontriamo mentre lavora nel suo atelier di avenue Montaigne, sistemando una creazione fantastica su una modella: i fianchi dell’abito sporgono quasi un metro a destra e a sinistra per creare una silhouette che rende omaggio ai modelli “pannier” - i vestiti 700eschi francesi con la tipica struttura a cerchio - punto di partenza della sua collezione primavera estate 2020.

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I capi di Browne, sebbene molto fantasiosi sono comunque pensati per essere indossati. Le gonne in tweed - sostenute dai “pannier” per la sfilata - si “sciolgono” in forme morbide e facili da indossare nello showroom. I boxer in organza trasparente e in taffetà si abbinano a corsetti in seersucker e a gonne. La classica T-shirt bianca Oxford è rinforzata con lacci e corsetti allacciati sul retro. E le giacche plissettate, ispirate agli abiti alla “polonaise” (realizzati con una sopravveste che veniva sollevata su entrambi i lati, ndr), rivelano pannelli semitrasparenti.

Jamie Stoker

Il designer ha raccontato a Vogue l’ispirazione dietro la sua ultima collezione, parlando anche del potere trasformativo delle sfilate di moda.

Qual è stato il suo punto di partenza per la primavera estate 2020?
«La collezione si basa sulla mia interpretazione dell'abito del 18° secolo, concentrandosi su abiti pannier e vestiti alla polonaise e giocando con loro in modo da mixarli con l’abbigliamento sportivo preppy americano. L’idea era prendere qualcosa di classico e trasformarlo in un capo forse più nuovo o comunque non immediatamente comprensibile”.

Jamie Stoker

Svolge sempre un lavoro artigianale sui tessuti che usa?
«Lavoro alla vecchia maniera dall’inizio alla fine, ogni capo viene progettato e sviluppato singolarmente. Le collezioni partono da idee molto classiche, questa volta nella scelta del tessuto: il seersucker (tessuto fine di cotone, solitamente a righe, usato per confezionare indumenti estivi, originariamente sviluppato in India). Penso che l'uso massiccio del seersucker rimandi subito all'abbigliamento sportivo americano. Ho mixato anche i tessuti in tweed con il seersucker. Adoro sfilacciarli, rendendoli meno preziosi. Il lavoro della sfilacciatura non è semplice: si tratta di un ricamo. Quindi è un tocco finale che sembra molto casuale, ma è invece completamente intenzionale».

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Dopo due anni che sfila a Parigi, si sente a casa?
«Per la donna, è la quarta stagione, mentre per l’uomo sono già dieci anni che sfilo qui, e mi piace. C'è più pressione e io sono molto competitivo. Quando si lavora a Parigi si vuole essere all’altezza di Parigi, quindi tutti ci sfidiamo. Voglio assicurarmi che la qualità sia ai massimi livelli e penso che Parigi lo apprezzi davvero. E poi Parigi apprezza anche l'idea che la sfilata racconti una storia basata su un pensiero, e non solo una presentazione di abiti commerciali. Voglio che il pubblico veda la fantasia e non solo la realtà, specialmente nelle 30 o 40 nuove idee che presento».

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La possibilità di presentare un capo capace di trasformarsi è sempre il suo punto di partenza?
«Mi concentro sulla sartoria, per trasformare capi banali in versioni inedite, mai viste prima, e renderli più interessanti stagione dopo stagione. Cerco sempre un dettaglio che spezzi la serietà della moda».

Lei ama dare spettacolo in passerella. Ma come si traducono i suoi pezzi nel mondo reale?
«Le sfilate dovrebbero far pensare le persone. Io voglio che il pubblico viva un'esperienza. E che capisca che quello che vede sulla passerella è molto più reale di quanto non pensi. Per questa collezione vorrei che le persone capissero che togliendo i “pannier,” i capi si trasformano e diventano facilmente portabili.

Jamie Stoker

Guarda tutta la collezione Thom Browne Primavera Estate 2020



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